L’analisi delle rendicontazioni pubbliche presentate dall’Italia alla Commissione Europea tra il 2014 e il 2024 evidenzia parecchie criticità nell’utilizzo dei proventi generati dalle aste dell’EU Emissions Trading System (EU ETS). Confermando in sostanza che l’attuale retromarcia ambientale dell’Unione Europea viene da lontano. A dirlo è il nuovo report elaborato da ECCO, il think tank italiano per il clima, da cui emergono significative carenze nella pianificazione della spesa a breve e medio termine e nella tracciabilità dei fondi utilizzati.
Dall’EU ETS, cioè il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione di gas serra, le istituzioni europee si attendono grandi cose. Ne va della credibilità climatica, in primis, dato che il sistema elaborato dall’UE con la direttiva 2003/87/CE costituisce uno strumento fondamentale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, facendo leva in particolare sui costi. In questi anni il campo di applicazione della direttiva ETS del 2003 è stato integrato con l’inclusione graduale di nuovi settori – ad esempio dal 2025 è prevista l’estensione del campo di applicazione alle emissioni di gas ad effetto serra degli edifici, del trasporto stradale e degli ulteriori settori industriali non contemplati dall’allegato I della direttiva 2003/87/CE. Comprenderne i meccanismi di funzionamento non è facile ma resta vitale, soprattutto per Paesi come l’Italia.
“L’ETS garantisce entrante importanti per le casse dello Stato – osserva Matteo Leonardi, direttore e co-fondatore di ECCO – Nei prossimi cinque anni si stima che l’ETS1 possa generare proventi tra i 27 e i 33 miliardi di euro. Questi fondi non possono andare dispersi in misure emergenziali, come accaduto durante la crisi gas del 2021-22. Tali ricavi possono offrire un contributo significativo nel finanziamento delle politiche della transizione. Permetterebbero a famiglie e imprese di investire in tecnologie alternative a quelle alimentate dalle fonti fossili, con conseguenti vantaggi in termini di competitività e sicurezza nei mercati, al riparo dalla volatilità di un mercato del gas che si è dimostrato profondamente instabile e volatile”.
Con l’introduzione dell’EU ETS2 nel 2027, si stima un ulteriore afflusso di circa 40 miliardi di euro, di cui 7 miliardi destinati al Fondo Sociale per il Clima per proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione dalla cosiddetta povertà energetica.
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A cosa serve, o dovrebbe servire, l’EU ETS
Come già accennato, l’EU ETS è il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione di gas serra, attivo dal 2005. Inizialmente applicato al settore elettrico e all’industria energivora, oggi coinvolge oltre 10.000 installazioni fisse in Europa (più di 1.000 in Italia). Con l’ultima revisione normativa del 2023, il sistema si estende al settore aereo civile e navale (EU ETS1), e dal 2027, con un sistema parallelo, sarà esteso anche ai fornitori di carburanti e combustibili fossili per trasporti, edifici e imprese medio-piccole (EU ETS2).
L’EU ETS dà un prezzo alle emissioni di CO₂, mediante l’attribuzione di ‘permessi’ ad emettere che diminuiscono nel tempo. L’equilibrio tra la domanda e l’offerta di questi permessi determina il prezzo della CO₂. L’obiettivo è ridurre le emissioni e, con i proventi derivanti dalla vendita dei permessi, finanziare e accompagnare la transizione energetica dei settori sottoposti alla norma e del Paese, con misure come lo sviluppo delle energie rinnovabili e la promozione dell’efficienza energetica.

L’analisi di ECCO è firmata da Francesca Bellisai e Costanza Scano, e si propone, come annunciato nel titolo, di monitorare la trasparenza e la tracciabilità dei ricavi delle aste, vale a dire il meccanismo con il quale vengono assegnate le quote di emissione valide per adempiere agli obblighi dello European Union Emissions Trading Scheme (EU ETS). Questi i numeri più salienti dell’analisi di ECCO:
- “Tra il 2012 e il 2024 le aste dell’EU ETS hanno generato proventi per 15,6 miliardi di euro.
- Dall’analisi delle rendicontazioni, l’Italia appare aver speso solo il 9% di questi 15,6 miliardi di euro per spese legate alla lotta ai cambiamenti climatici; ben al di sotto delle previsioni di spesa attualmente previste ex legem del 50% dei proventi;
- Solo il 42% dei proventi delle aste del biennio 2012-2013 è stato speso a distanza di oltre un decennio;
- Rimangono dubbi sull’efficacia della destinazione dei 3,6 miliardi di euro utilizzati tra il 2021 e il 2022 per ridurre i costi delle bollette”.
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Chi inquina paga o viene pagato?
Con questa domanda si apre il lungo e piccato commento di WWF, Greenpeace e Legambiente al report reso noto da ECCO, il think tank sul clima, che denuncia che dei soldi ricavati dalla vendita delle quote di CO₂ solo il 9% risulta speso per misure che aiutano la lotta al cambiamento climatico. “L’Italia non può permettersi di sprecare i soldi per la transizione e l’autonomia energetica, due obiettivi importantissimi per il Paese e per le famiglie italiane. Una metà dei proventi delle aste di CO₂ copre il debito pubblico, mentre ben 3 miliardi e 600 milioni sono già stati usati per misure emergenziali sul caro bolletta tra il 2021 e 2022, andando anche a rimpinguare i lauti extraprofitti delle compagnie oil & gas, quindi” si legge.
WWF, Greenpeace e Legambiente fanno inoltre notare che mentre nel dibattito sul caro-bolletta si sente spesso evocare la proposta di usare i fondi ETS questi soldi vengono invece sprecati o usati per finalità opposte. Non solo. “Nel 2023 – denunciano ancora le tre associazioni ambientaliste – le industrie pesanti, come quelle dell’acciaio e del cemento, nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS) ricevevano ancora la maggior parte dei permessi di inquinamento gratuitamente. Ebbene un nuovo report di Carbon Market Watch e WWF uscito oggi a Bruxelles ha stabilito che spesso queste aziende, le stesse che in Europa costantemente si lamentano per i prezzi dell’energia, oltre alle mille facilitazioni, in alcuni casi hanno ricevuto più quote gratuite di quelle di cui avevano effettivamente bisogno, di fatto guadagnandoci”.

“L’industria pesante europea – continua la nota – ha ricevuto l’incredibile cifra di 40 miliardi di euro per inquinare nel 2023. Inoltre quasi il 40% delle entrate dell’ETS nel Fondo per l’innovazione è andato alla cattura e allo stoccaggio/utilizzo del carbonio, mettendo potenzialmente da parte le vere soluzioni per la crisi climatica e per quella energetica, le energie rinnovabili e l’efficienza e il risparmio nell’uso dell’energia”. Per le associazioni ambientaliste, oggi occorre andare verso misure strutturali che, accelerando il passaggio all’energia pulita, permetta di liberarsi dal giogo del gas e, contemporaneamente, affronti la crisi climatica.
“Nell’anno in cui si devono definitivamente spegnere le centrali a carbone in Italia, come da impegni bipartisan assunti nella strategia energetica nazionale del 2016 e nei successivi Piani Energia Clima – scrivono ancora – appare un insulto che qualcuno riproponga invece la loro accensione, quando i soldi per le energie che davvero assicurano autonomia energetica sono stati spesi per pagare gli inquinatori”.
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I consigli di ECCO sul mercato EU ETS
In vista dell’entrata in vigore dell’EU ETS2 e delle modifiche all’EU ETS1, l’analisi di ECCO propone alcune raccomandazioni:
- migliore pianificazione della spesa, allineando le strategie di sviluppo socioeconomico del Paese con gli obiettivi clima nella cornice del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC);
- migliore trasparenza e tracciabilità attraverso l’introduzione di un sistema pubblico di monitoraggio della spesa e rendicontazione dettagliata dell’impiego dei fondi;
- snellimento delle procedure amministrative per accelerare l’attribuzione e l’utilizzo dei proventi, garantendo maggiore tempestività ed efficienza nella spesa pubblica;
- integrazione dell’ETS 2 nelle strutture fiscali e parafiscali delle tariffe, al fine di raggiungere una coerenza dei prezzi finali dei diversi vettori energetici (elettricità, gas, diesel e benzina) rispetto agli obiettivi di sostenibilità economica per imprese e famiglie, prevedibilità del gettito e obiettivi di transizione.
Chiara Di Mambro, direttrice strategia Italia e Europa di ECCO, fa notare che “per un Paese come l’Italia, caratterizzato da un limitato spazio fiscale, l’uso efficiente ed efficace dei proventi delle aste EU ETS rappresenta un’opportunità per finanziare la transizione energetica, ridurre la dipendenza dalle fonti fossili e garantire la competitività delle imprese.”
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