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lunedì, Dicembre 16, 2024

Plastica riciclata, l’impegno delle big del settore non basta. Lo studio di Oceana

Se le cinque multinazionali delle bevande rispettassero davvero gli impegni presi sulla plastica riciclata, l'attuale tasso globale di raccolta delle bottiglie dovrebbe aumentare del 43%. Ecco perché, nel report di Oceana, si avanzano dubbi sulle strategie basate unicamente sul riciclo

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Redazione EconomiaCircolare.com

Ultimamente si fa un gran parlare di plastica riciclata. L’avrete notato negli scaffali dei supermercati: sempre più marche di bevande recano questa dicitura, a sottolineare l’impegno ambientale. Ma è davvero questa la direzione da intraprendere per una sostenibilità che non sia solo annunciata ma concreta?

Un nuovo studio commissionato da Oceana, una delle ong più accreditate a livello internazionale nell’ambito dell’attenzione all’ambiente, ha messo in luce la debolezza di questi impegni sul contenuto di plastica riciclata. L’analisi, condotta da Eunomia Research & Consulting, ha rilevato che se le prime cinque aziende produttrici di bevande rispettassero i propri impegni – ed è tutt’altro che certo che lo faranno – ciò ridurrebbe solo del 7% l’inquinamento acquatico, il cosiddetto marine litter, dovuto alle bottiglie di plastica monouso.

Insomma, come ripetiamo spesso, il problema è l’usa e getta, non il materiale con cui sono realizzati gli oggetti. Per questo Oceana chiede alle principali aziende di bevande di adottare o espandere strategie che diano la priorità alle bottiglie riutilizzabili.

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L’impegno delle multinazionali sulla plastica riciclata non basta

Ma quali sono le multinazionali del settore? E perché i loro messaggi non risultano credibili? “The Coca-Cola Company, PepsiCo, Nestlé, Danone e Keurig Dr Pepper si sono impegnati ad aumentare il contenuto riciclato post-consumo nelle loro bottiglie di plastica in polietilene tereftalato (PET) – si legge nel report di Oceana –  con obiettivi che vanno principalmente dal 25 al 50% entro il 2025. Se i cinque marchi raggiungeranno i loro obiettivi di contenuto riciclato, e questo è tutto da verificare, Eunomia prevede che ci sarà solo una riduzione del 7% dell’inquinamento delle bottiglie di PET nei sistemi acquatici. Si stima che circa 33,4 miliardi di bottiglie in PET entreranno ancora in fiumi, laghi e oceani”.

Il problema, infatti, è la plastica riciclata consente comunque di lasciare intatto un modello di economia lineare basato sulla sovrapproduzione. “Per soddisfare la crescente domanda di plastica riciclata creata dagli impegni – si legge ancora nel report- ogni anno a livello globale sarà necessario raccogliere 2,57 milioni di tonnellate di bottiglie in PET aggiuntive. Un numero colossale.  Per raccogliere con successo queste bottiglie extra, l’attuale tasso globale di raccolta delle bottiglie deve aumentare del 43%, il che equivale alla raccolta di migliaia di bottiglie in più ogni secondo. A meno che non vengano apportati miglioramenti rapidi e significativi altamente improbabili ai sistemi di raccolta delle bottiglie a livello globale, i cinque marchi di bevande non saranno in grado di raggiungere i loro obiettivi di contenuto riciclato entro il 2025”.

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Come ridurre immediatamente la plastica riciclata?

Un mondo basato sull’eliminazione della plastica forse è difficile da immaginare ma non è impossibile da realizzare. Basti pensare che la produzione su larga scala del materiale più usato al mondo è stata avviata negli anni ‘50 del secolo scorso. Dunque il suo uso, seppur così diffuso, non è poi così antico. Tuttavia attualmente, come ricorda il report di Oceana citando i dati Ocse, solo il 9% della plastica in commercio viene riciclata. Che fare dunque?

Le soluzioni ci sono, e anche noi di EconomiaCircolare.com le abbiamo spesso ribadite: dal deposito su cauzione allo sfuso fino all’uso di contenitori riutilizzabili (ad esempio le bottiglie in vetro). Sono le stesse soluzioni che si trovano anche nel report di Oceana. Che però poi suggerisce anche soluzioni più immediate, soprattutto per i Paesi a basso e medio reddito che avrebbero più difficoltà ad adeguarsi a cambi radicali di produzione. Ciò ovviamente vale non per le singole persone ma per i governi, che fino a questo momento non hanno mostrato ad esempio particolare interesse nell’incentivare sistemi di deposito su cauzione (ecco perché in Italia da tempo c’è una campagna nazionale che spinge affinché il legislatore si doti di una legge ad hoc)

“Per ottenere una riduzione più significativa delle bottiglie in PET che entrano nei sistemi acquatici – si legge nel report – una strategia imminente che potrebbe essere preso in considerazione un aumento dell’uso di bottiglie in PET riutilizzabili. Nel 2020 Oceana ha pubblicato un rapporto che ha rilevato che l’aumento della quota di mercato delle bottiglie riutilizzabili solo del 10% in tutto i paesi costieri al posto delle bottiglie in PET monouso potrebbero ridurre la plastica marina delle bottiglie in PET del 22%, ovvero fino a 7,6 miliardi di bottiglie”.

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