Per il varo c’è da attendere soltanto la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea ma ormai ci siamo: dopo l’approvazione del Consiglio europeo è attivo il nuovo regolamento sulle attività di rating ambientale, sociale e di governance (ESG). Le nuove norme mirano a rendere, nei 27 Stati membri dell’UE, le attività di rating più coerenti, trasparenti e comparabili al fine di rafforzare la fiducia degli investitori nei prodotti finanziari sostenibili.
Ormai è assodato che i rating ESG forniscono un parere sul profilo di sostenibilità di un’impresa o di uno strumento finanziario, valutandone l’impatto sulla società e sull’ambiente attraverso i criteri legati all’ambiente, agli impatti sociali e alla governance. Soprattutto, i rating ESG hanno da tempo acquisito un impatto sempre più importante sul funzionamento dei mercati di capitali e sulla fiducia degli investitori nei prodotti di investimento sostenibili.
Le nuove norme sono intese a rafforzare l’affidabilità e la comparabilità dei rating ESG a livello europeo, migliorando la trasparenza e l’integrità delle attività effettuate dai fornitori di rating ESG e prevenendo potenziali conflitti di interessi. In ogni caso il regolamento ESG entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta e si applicherà 18 mesi dopo la data di entrata in vigore. C’è dunque tutto il tempo per gli Stati membri e per le istituzioni europee per colmare i vuoti finora emersi, che hanno dato il fianco ad alcuni casi di greenwashing da una parte e dall’altra hanno finora inserito la finanza sostenibile in una nicchia da cui fa fatica a uscire.
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Le parole chiave sull’ESG? Coordinamento e trasparenza
E’ il 13 giugno 2023 quando la Commissione presenta una proposta di regolamento sulle attività di rating ESG. In tempi abbastanza rapidi, considerata pure la fase elettorale e i tempi lunghi dell’insediamento delle nuove istituzioni (ancora in corso), si è giunti a un testo di 141 pagine che punta soprattutto a garantire uniformità, trasparenza e coordinamento. I motivi sono elencati proprio nel testo del regolamento.
“Gli Stati membri non regolamentano le attività dei fornitori di rating ESG né le condizioni per la fornitura di rating ESG e non esercitano la vigilanza su di esse – si legge – Date le divergenze esistenti, la mancanza di trasparenza e l’assenza di norme comuni, è probabile che gli Stati membri adotterebbero misure e approcci divergenti che impedirebbero l’allineamento agli obiettivi di sviluppo sostenibile e a quelli del Green Deal europeo”.
Il rischio insomma è quello di avere 27 valutazioni differenti su ciò che è o non è sostenibile dal punto di vista finanziario: uno scenario francamente da evitare. “Simili misure e approcci divergenti avrebbero un impatto negativo diretto e creerebbero ostacoli in relazione al corretto funzionamento del mercato interno – si legge nel provvedimento – nonché nuocerebbero al mercato dei rating ESG. I fornitori di rating ESG che emettono rating ESG ad uso di istituti finanziari e imprese nell’Unione sarebbero soggetti a norme diverse nei diversi Stati membri. Con norme e pratiche di mercato divergenti risulterebbe difficile avere chiarezza sulla costruzione dei rating ESG e confrontarli, creando in tal modo condizioni di mercato disomogenee per gli utenti dei rating ESG. Ciò causerebbe ulteriori ostacoli nel mercato interno e rischierebbe di distorcere le decisioni di investimento”.
In particolare i fornitori di rating ESG stabiliti nell’Unione dovranno essere autorizzati dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), essere soggetti alla sua vigilanza e rispettare obblighi di trasparenza, in particolare per quanto riguarda la metodologia utilizzata e le fonti di informazione. I fornitori di rating ESG stabiliti al di fuori dell’Unione che desiderano operare nell’Unione dovranno ottenere l’avallo dei loro rating ESG da parte di un fornitore di rating ESG autorizzato nell’UE, un riconoscimento basato su un criterio quantitativo o essere inclusi nel registro UE dei fornitori di rating ESG sulla base di una decisione di equivalenza.
Il regolamento introduce infine il principio della separazione delle attività commerciali al fine di prevenire i conflitti di interesse. La speranza è che da qui al 2026 la finanza sostenibile a livello europeo possa finalmente ingranare e porre le basi per diventare, perché no, maggioritaria a medio e lungo termine.
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