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lunedì, Dicembre 16, 2024

Gli impatti della crisi climatica e l’importanza dell’adattamento nel nuovo report Ipcc

"Le mezze misure non sono più una possibilità": così il presidente dell'Ipcc Hoesung Lee ha commentato il nuovo report, intitolato "Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability" : approvato da 195 governi, è composto da più di 3600 pagine e scritto da 270 autori. Ecco una sua sintesi

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Redazione EconomiaCircolare.com

Il riscaldamento globale è già una drammatica realtà in molte parti del mondo, tra cui il Mediterraneo, e serve imparare ad adattarsi ad esso nel più breve tempo possibile: lo accerta il report 2022 dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. È stata resa pubblica la seconda parte del Sesto Rapporto di Valutazione dell’Ipcc, intitolato Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability, che è stata approvata domenica 27 febbraio 2022 da 195 governi, attraverso una sessione virtuale che si è tenuta per due settimane a partire dal 14 febbraio. Il lavoro, che si può consultare online, costituisce la più aggiornata e completa valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi e sulla biodiversità, a livello globale e locale, e delle conseguenze per il benessere delle persone e per il pianeta.

Il mantra “non c’è più tempo”, ripetuto dalla galassia ambientalista già da alcuni anni, è ora la base su cui poggia il report. Che parte da un assunto: già con un riscaldamento globale di 1,5°C, nei prossimi due decenni il mondo affronterà molteplici rischi climatici inevitabili. Gli sforzi per ridurre i rischi, inseguendo la cosiddetta mitigazione, sono ancora troppo bassi. E, in ogni caso, serve già da ora concentrare le attenzioni sugli inevitabili impatti di una crisi climatica che andrà a colpire soprattutto le fasce più vulnerabili della società. Insomma: la stella polare, insieme alla mitigazione, deve essere l’adattamento.

“Questo rapporto è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione”, ha detto Hoesung Lee, presidente dell’IPCC. Inoltre il report  “riconosce l’interdipendenza tra clima, biodiversità e persone e integra le scienze naturali, sociali ed economiche in modo più forte rispetto alle precedenti valutazioni dell’IPCC Il rapporto sottolinea l’urgenza di un’azione immediata e più ambiziosa per affrontare i rischi climatici. Le mezze misure non sono più una possibilità“.

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I rischi per l’Europa nel report 2022 dell’Ipcc

L’aumento di ondate di calore, siccità e inondazioni sta già superando le soglie di tolleranza di piante e animali, causando mortalità di massa in alcune specie tra alberi e coralli. Questi eventi meteorologici estremi si stanno verificando simultaneamente, causando impatti a cascata che sono sempre più difficili da gestire. Gli eventi estremi hanno esposto milioni di persone a grave insicurezza alimentare e idrica, soprattutto in Africa, Asia, America centrale e meridionale, nelle piccole isole e nell’Artico”. In un passaggio del report del secondo gruppo di lavoro dell’Ipcc la connessione tra gli impatti della crisi climatica nell’ambiente e la vita per gli esseri viventi si fa concreta. Rispetto poi alle precedenti valutazioni, è stata dedicata una maggiore attenzione alle possibili soluzioni ai cambiamenti climatici nonché si trovano maggiori informazioni a livello regionale. “Il cambiamento climatico – si legge – è una sfida globale che richiede soluzioni locali”. Ecco perché nell’edizione inglese del report completo viene fornito un riassunto per i decisori politici.

Nell’edizione 2022, che segue quella pubblicata nel 2014, l’IPCC ha svolto un lavoro che:

  • analizza gli impatti dei cambiamenti climatici, sia a scala globale che regionale, su ecosistemi, società, infrastrutture, settori produttivi, culture, città e insediamenti;
  • valuta vulnerabilità e rischi futuri sulla base di differenti scenari (definiti anche “percorsi” – pathways) di sviluppo socioeconomico, i cosiddetti Shared Socioeconomic Pathways – SSP;
  • valuta le opzioni di adattamento in atto, quelle future e la loro efficacia, fattibilità e limitazioni;
  • mostra come il successo dell’adattamento sia strettamente legato al livello di mitigazione e alla misura in cui vengono raggiunti gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs – Sustainable Development Goals, sono i famosi obiettivi 2030 delle Nazioni Unite)

“In molte regioni la capacità di adattamento è già notevolmente limitata” scrive Piero Lionello, docente all’Università del Salento e membro del CMCC, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. “Se l’aumento della temperatura rispetto ai valori dell’epoca preindustriale supererà 1,5°C, questa capacità di adattamento risulterà ancora più limitata e avrà un’efficacia ancora più ridotta. Di conseguenza, adattamento e riduzione dei rischi sono strettamente collegati alla mitigazione del cambiamento climatico in atto, ossia alle soluzioni capaci di ridurre l’innalzamento della temperatura: maggiore sarà il riscaldamento del pianeta, più limitata e costosa sarà la capacità di adattamento”.

Nel report vengono poi identificate quattro categorie di rischi-chiave per l’Europa, come scrive ancora Lionello:

  • rischi delle ondate di calore su popolazioni e ecosistemi; è atteso che il numero di decessi e persone a rischio di stress da calore raddoppierà o triplicherà per un innalzamento della temperatura pari a 3°C, rispetto a 1,5°C. Il riscaldamento ridurrà gli habitat adatti agli attuali ecosistemi terrestri e marini e cambierà irreversibilmente la loro composizione, con effetti la cui gravità aumenta al di sopra del livello di riscaldamento globale di 2°C. Le misure di adattamento allo stress termico della popolazione e il contenimento dei rischi da ondate di calore necessitano di molteplici interventi su edifici e spazi urbani. Queste misure devono essere anticipate nell’Europa meridionale, dove il rischio è maggiore rispetto alle aree più a nord.
  • rischi per la produzione agricola; a causa di una combinazione di caldo e siccità, si prevedono nel XXI secolo perdite sostanziali in termini di produzione agricola per la maggior parte delle aree europee, che non saranno compensate dai guadagni attesi per l’Europa settentrionale.
  • rischi di scarsità di risorse idriche; nell’Europa meridionale il rischio è già elevato per un livello di riscaldamento globale di 1,5°C e diventa molto alto nel caso di un innalzamento di 3°C. In queste regioni, la domanda di risorse idriche eccede già oggi le disponibilità. Questo divario sta aumentando a causa dei cambiamenti climatici e degli sviluppi socio-economici. Nel caso di un innalzamento di temperatura di 3°C il rischio di scarsità di risorse idriche diventa alto anche nell’Europa centro-occidentale.
  • rischi prodotti da maggiore frequenza e intensità di inondazioni; a causa dei cambiamenti nelle precipitazioni e dell’innalzamento del livello del mare, i rischi per le persone e le infrastrutture derivanti dalle inondazioni costiere, fluviali e pluviali aumenteranno in molte regioni d’Europa.

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Il focus sul Mediterraneo del report 2022 dell’Ipcc

All’interno delle 3675 pagine del report, composto da 270 autori provenienti  da 67 Paesi differenti,  c’è spazio anche per un approfondimento sul Mar Mediterraneo. “La regione mediterranea – scrive Lionello nella sintesi italiana – si è riscaldata e continuerà a riscaldarsi maggiormente della media globale, particolarmente in estate. Questo vale sia per l’ambiente terrestre che per quello marino, sia per le temperature medie che per le ondate di calore. La regione diventerà più arida per effetto combinato della diminuzione della precipitazione e dell’aumento dell’evapotraspirazione. Allo stesso tempo in alcune aree le precipitazioni estreme aumenteranno”. Sull’altro versante “il livello del mare nel Mediterraneo è aumentato di 1,4 millimetri l’anno nel corso del 20esimo secolo. L’incremento è accelerato alla fine del secolo e ci si attende continui a crescere in futuro a un tasso simile alla media globale, raggiungendo valori potenzialmente prossimi al metro nel 2100 in caso di un alto livello di emissioni”. Di più: ci si attende in ogni caso che il livello delle acque continuerà comunque a salire, anche se dovessimo riuscire a ottenere la neutralità climatica o, ancor meglio, l’azzeramento delle emissioni. Nonostante ciò, scrive ancora Lionello, “in molti paesi del Mediterraneo la pianificazione non risulta prendere in considerazione la possibilità di marcati aumenti del livello del mare”.

L’altro annoso problema delle zone dell’Europa meridionale è la siccità. Basti pensare che “nelle prospettive di un aumento della temperatura globale di 1,5°C e 2°C la scarsità idrica riguarda, rispettivamente, il 18% e il 54% della popolazione”: e queste, vale la pena ribadirlo, sono le cifre più ottimistiche. Ecco perché ancora Lionello suggerisce che “in presenza di elevati livelli di riscaldamento, misure di risparmio idrico e di efficienza potrebbero non essere sufficienti per contrastare la ridotta disponibilità della risorsa”.

Come ricorda infine il Wwf, quest’anno la Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite sarà ospitata in Egitto, il Paese africano che affaccia proprio sul Mediterraneo e che sta all’interno del Continente che forse più di tutti risente già profondamente degli effetti di un mondo che si sta riscaldando a velocità mai viste prima. C’è da sperare che l’attenzione al mare Mediterraneo, così vitale per l’Italia, sia centrale nell’agenda della Cop27.

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Il commento di A Sud sul report dell’Ipcc

Tra le analisi italiane del report dell’Ipcc una delle più ampie e precise è quella dell’associazione A Sud. Secondo Laura Greco, presidente di A Sud, “le evidenze contenute nel report confermano che gli impatti sono già drammatici e che le misure in campo sono insufficienti. Per vincere la sfida contro l’emergenza climatica occorre cambiare passo. La retorica non basta. Il report – aggiunge – arriva in un momento davvero difficile. È doveroso ascoltare gli appelli della scienza. I decisori politici a tutti i livelli devono prendere atto delle evidenze scientifiche contenute nel report, ancor più ora che, con i venti di guerra che spirano da est, si sta promuovendo un massiccio e irrazionale ritorno a carbone e il rilancio delle frontiere estrattive di oil&gas“.

La pubblicazione del documento, ricorda l’associazione, giunge proprio mentre i paesi europei, Italia in primis, discutono dell’uscita (fossile) dalla crisi energetica dovuta al conflitto in Ucraina. L’Ipcc ha avvertito che per evitare l’esacerbarsi degli impatti della crisi climatica, nonché “ulteriori perdite di vite umane, di biodiversità e di infrastrutture, sono urgentemente necessarie ambiziose misure di adattamento al cambiamento climatico, mentre si ottengono rapide e forti riduzioni delle emissioni di gas serra”.

Eppure, nonostante la vastità delle evidenze presentate e delle raccomandazioni formulate, “l’appello – scrive A Sud – rischia di cadere nel vuoto, inascoltato nel clamore dei tamburi di guerra che arrivano dall’Ucraina e nella corsa all’approvvigionamento energetico da fonti fossili che sta muovendo i paesi europei”.

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