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lunedì, Luglio 8, 2024

Rifiuti da costruzione e demolizione, firmato il decreto end of waste, ma restano perplessità

Soddisfatto il viceministro all’Ambiente Gava, le imprese sperano invece nei 24 mesi di monitoraggio per ottenere qualche limatura

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

End of waste nuovo di zecca (manca solo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale) per i rifiuti da costruzione e demolizione e gli aggregati riciclati che se ne ricavano, dopo il pasticcio del decreto 152 del 27 settembre 2022 che aveva portato anche ad un ricorso al Tar. Importanti le novità: dai limiti tabellari non più assoluti ma relativi agli impieghi fino all’ampliamento delle categorie di rifiuti incluse.

Soddisfatto il viceministro all’Ambiente e sicurezza energetica, Vannia Gava: “In un Paese povero di materie prime, recuperiamo strategicamente materia prima seconda centrando diversi obiettivi: meno discarica e, quindi, più economia circolare, più tutela ambientale, ma anche ascolto e supporto alle imprese con un impatto positivo per molte filiere tra cui quella estrattiva, delle costruzioni e delle demolizioni, della  produzione di aggregati riciclati, bitumi, calcestruzzi e cementi, che hanno un peso importante in Italia”.

Ottimiste ma meno del viceministro le imprese: “Siamo moderatamente soddisfatti”, ci dice Paolo Barberi, presidente ANPAR, Associazione nazionale produttori aggregati riciclati: “All’indomani della pubblicazione del decreto 152 del 2022 ANPAR stimava che solo il 20% dei prodotti delle nostre imprese poteva soddisfare i requisiti del regolamento end of waste (EoW). Con la pubblicazione del nuovo decreto in Gazzetta saremo grosso modo al 60-70%. Sarò pienamente soddisfatto quando ci avvicineremo al 100%”.

I limiti del decreto 152 del 2022 e le novità del nuovo testo

Prima di tutto va ricordato che non stiamo parlando di un flusso marginale, bensì della più rilevante frazione dei rifiuti speciali prodotti in Italia (il 47% del totale, dati ISRA relativi al 2021).

Fino a quando il nuovo decreto EoW non verrà pubblicato in Gazzetta ufficiale, resta vigente il testo del decreto 152 del 2022 che aveva imposto per tutti gli utilizzi e per tutti gli aggregati dei limiti strettissimi sulle analisi ambientali. Limiti che secondo le imprese “avrebbero di fatto paralizzato il settore”, ci spiega Barberi. Con il nuovo regolamento end of waste, invece, questo problema viene superato grazie alla previsione di due scale di valori diverse a seconda dell’utilizzo dell’aggregato e della destinazione d’uso dell’area nella quale verrà utilizzato (civile o commerciale e industriale).

Viene allargato poi il perimetro dei rifiuti che possono giovare nell’end of waste: includendo più codici EER (Elenco Europeo dei Rifiuti).

E poi vengono previste nuove possibilità di utilizzo dei prodotti EoW, come la produzione di cemento: parte degli inerti naturali usati per produrre la polvere di cemento (non il calcestruzzo) possono essere sostituiti con inerti riciclati.

Foto: Canva

Leggi anche: Rifiuti da costruzione e demolizione: obiettivi di riciclo raggiunti, ma metà del materiale resta inutilizzato

I limiti del nuovo testo secondo le imprese

Barberi ci elenca le perplessità delle imprese.

Rifiuti interrati. I rifiuti interrati sono esclusi dal nuovo decreto End of waste dei rifiuti di costruzione e demolizione. “Ci sono città, distrutte durante le guerre mondiali, dove quando si scava si trovano solo rifiuti interrati, come Milano o in tanti altri luoghi in Italia. E poi ci sono i terremoti: oggi le macerie vengono raccolte, ma negli anni non è sempre stato così”, ci spiega il presidente ANPAR. “Nel momento in cui in quelle aree si dovessero fare scavi per realizzare una costruzione o un’infrastruttura, quei rifiuti non avrebbero il diritto di essere inclusi nell’end waste”. Barberi fa sapere che ANPAR, per fugare i dubbi del ministero, ha proposto anche di introdurre delle analisi supplementari per questa tipologia di rifiuti;

Terreni di bonifica. “I terreni provenienti da siti soggetti a bonifica sono esclusi dall’EoW ma sono inclusi nelle norme che regolano i sottoprodotti (DPR 120/2017): la norma sui sottoprodotti dice infatti che una terra proveniente da bonifica, una volta analizzata, una volta verificate le caratteristiche tecniche e ambientali, può essere un sottoprodotto. Le stesse materie, dunque, se utilizzate come end of waste hanno delle limitazioni, se utilizzate come sottoprodotti no”.

Riempimenti e ripristini ambientali. Il nuovo End of waste stabilisce che gli aggregati riciclati impiegati per riempimenti o ripristini ambientali su aree a destinazione industriale o commerciale debbano rispettare i limiti più restrittivi. “Una sperequazione rispetto ad altri decreti e norme ambientali, ad esempio la legislazione sulle terre e rocce da scavo. Sarebbe invece opportuno utilizzare per i ripristini ambientali un aggregato recuperato con caratteristiche ambientali meno restrittive, se la destinazione è commerciale o industriale e quindi non residenziale o di verde pubblico”, afferma Barberi;

Norme di utilizzo. Il decreto indica per gli aggregati riciclati norme di conformità (quelle che permettono di ottenere la marcatura CE) e norme di utilizzo (conformità alla norma UNI 11531). “Al ministero abbiamo chiesto di inserire un’appendice che facesse riferimento ai capitolato speciali d’appalto, visto che RFI, Anas o Autostrade per l’Italia a volte usano capitolati fatti da loro, che possono non essere esattamente coerenti o sovrapponibili alla norma tecnica. Ma se la stazione appaltante chiede una certa resistenza all’abrasione, o una certa curva granulometrica diversa da quella indicata dall’UNI, il mio prodotto, richiesto ad esempio da ANAS o RFI, non potrà rientrare nell’EoW nonostante corrisponda alle necessità del cantiere”.

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Foto: Canva

Due anni di monitoraggio

Il nuovo regolamento end of waste prevede 24 mesi per il monitoraggio degli effetti sul mercato derivati dall’applicazione della norma stessa. “Questo mi fa ben sperare in una predisposizione del ministero dell’Ambiente a voler verificare seriamente quali saranno gli effetti ed eventualmente a modificare dove è necessario il decreto”, commenta il presidente ANPAR.

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