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domenica, Ottobre 6, 2024

End of waste tessili, Confindustria Toscana Nord: bene che il Ministero lavori, ma aspettiamo l’Ue

Confindustria Toscana Nord, CNA Toscana Centro e Confartigianato Imprese Prato hanno scritto al ministero dell’Ambiente per presentare rilievi: “Il passaggio da rifiuto a materia prima secondaria è troppo avanzato”

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Alla fine dello scorso anno, il Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ha pubblicato lo “Schema di Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuti tessili”, il cosiddetto end of waste (EoW), avviando le consultazioni sul testo.  Lo schema è composto da 8 articoli e 3 allegati, e stabilisce:–       i flussi di rifiuti interessati;–       i criteri di conformità ai fini della cessazione della qualifica di rifiuto;–       gli scopi specifici di utilizzabilità;–       gli obblighi documentali.La consultazione, durata un mese e conclusa da poco, oltre agli aspetti positivi ha fatto emergere anche alcune criticità.Ne parliamo con Francesco Marini, delegato per la sostenibilità della sezione Sistema moda di Confindustria Toscana Nord, una delle aree più direttamente interessate dal provvedimento vista la presenza del distretto tessile pratese, da sempre vocato al riciclo.

Eow EPR tessili Francesco MariniMarini, questo regolamento end of waste era necessario? Perché? 

Va premesso che la dimensione fondamentale per questa materia è quella europea. Lo stesso codice ambientale prevede sì la possibilità di definire a livello nazionale criteri end of waste puntuali per specifiche tipologie di rifiuti, ma solo in assenza di indicazioni comunitarie, che sono attualmente in via di definizione. L’iniziativa del Ministero è comunque vista di per sé con favore dalle nostre associazioni pratesi, soprattutto come stimolo a definire su questo tema una linea politica nazionale che costituisca la base della posizione italiana in sede europea.

Detto questo, secondo voi ha senso andare avanti da soli con l’end of waste sui tessili, senza attendere l’Europa? 

Anche il nostro Paese concorre, ovviamente, a formare le politiche europee ed è fondamentale che in quelle sedi l’Italia porti una posizione funzionale agli interessi dell’industria nazionale. Uscire adesso con norme italiane col rischio di essere sconfessati a breve dall’Europa sarebbe intempestivo, ma, ripeto, è essenziale che se ne parli e che lo si faccia coinvolgendo i soggetti più direttamente interessati e cioè le imprese. Come Confindustria Toscana Nord abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare sull’argomento, portando il nostro contributo ai tavoli nazionali del settore, rappresentati da SMI-Sistema Moda Italia.

Confindustria Toscana Nord, CNA Toscana Centro e Confartigianato Imprese Prato hanno scritto al ministero dell’Ambiente per presentare dei rilievi. In particolare il momento del ciclo in cui si realizzerebbe il passaggio da rifiuto a materia prima secondaria è troppo avanzato, praticamente quando il materiale è già stato riportato allo stato di fibra. Una regola, questa, che se si concretizzasse potrebbe avere conseguenze gravi sulla filiera, scoraggiandone l’attività e incidendo negativamente sulla sua tenuta e sulla relativa occupazione.

La qualifica di un materiale come rifiuto o viceversa come materia prima secondaria comporta infatti degli effetti molto significativi su vari piani: in primo luogo, le imprese che trattano rifiuti devono essere abilitate a svolgere quella specifica attività, con tutte le conseguenze anche burocratiche facilmente intuibili.

Il caso più eclatante è quello delle sfilacciature: con questa impostazione – dato che ciò che queste aziende trattano è materiale non ancora allo stato di fibra, stato che è determinato proprio da quella tipologia di lavorazione – dovrebbero essere classificate come aziende che trattano rifiuti, senza alcun beneficio ambientale diretto e con una evidente distorsione di una realtà industriale molto ben consolidata. Lo stesso vale per altre fasi produttive molto specifiche e specialistiche a monte della filiera; ma anche i vari passaggi di commercializzazione di questi materiali si configurerebbero come compravendita di rifiuti. Oggi invece, col quadro normativo esistente e le prassi consolidate, di fatto le sfilacciature e le altre imprese a monte del riciclo sono imprese manifatturiere come le altre e tali devono rimanere. È evidente che il fatto stesso di classificare invece come rifiuti materiali già individuati come adeguati a essere reimmessi nei cicli produttivi costituisce una forte improprietà e non contribuisce certo a quella valorizzazione del riciclo che noi auspichiamo.

Secondo noi e le altre associazioni pratesi l’end of waste deve avvenire nell’immediata prossimità della prima selezione svolta da impianti specializzati sui rifiuti tessili, sia pre-consumo (i ritagli di confezione e residui delle lavorazioni tessili) sia post-consumo (gli abiti usati). È in quella fase infatti che si verificano i documenti che accompagnano i rifiuti – passaggio necessario per evitare traffici illeciti -, si eliminano eventuali materiali estranei, si esegue se necessario l’igienizzazione, si separano i materiali idonei al riuso (gli abiti usati che entreranno nel mercato dell’abbigliamento di seconda mano), quelli da indirizzare a successivi processi produttivi (che già a questo punto, diciamo noi associazioni pratesi, vanno considerati materie prime secondarie) e i materiali da destinare invece allo smaltimento (gli unici che devono conservare lo status di rifiuti e seguire il ciclo relativo).

Quando si parla di rifiuto tessile, in particolare se ci riferiamo agli abiti usati, dobbiamo tener conto dell’eterogeneità dei materiali che sono stati prodotti in epoche e luoghi differenti l’uno dall’altro. A Prato siamo impegnati in una forte campagna di analisi per capire quali siano i parametri e i valori soglia raggiungibili in un arco temporale ragionevole. Tante sostanze chimiche usate in passato ad esempio già le troviamo con molta meno frequenza e in quantità limitata, ma la transizione richiede un lasso di tempo minimo indispensabile. Siamo convinti che le caratteristiche qualitative e tecniche delle materie prime seconde tessili debbano essere definite, ma lo si deve fare su una base scientifica solida, verificabile e soprattutto realistica. Le proposte contenute in quel testo non sono adeguate. Si tratta però solo di una prima proposta, per cui siamo fiduciosi si possa intervenire per migliorarla.

Le norme in fase di definizione per la sostenibilità dei prodotti tessili, dall’end of waste alla responsabilità estesa del produttore, passando dal passaporto digitale per arrivare all’ecodesign, non sono solo importanti norme ambientali: sono anche i binari sui quali correranno gli scenari produttivi dei prossimi trent’anni dell’intera filiera del tessile/moda, una delle più rilevanti per il sistema Paese. Le misure su queste materie hanno la valenza di atti di Politica industriale con la “P” maiuscola: ci pare fondamentale che il Governo fissi degli obiettivi e delle strategie in accordo col proprio sistema produttivo per ottenere norme europee che garantiscano una crescita sostenibile della propria economia. Vista la particolare tradizione produttiva del distretto tessile pratese, che ha nel riciclo un suo punto di forza, e la sua importanza a livello internazionale, avremmo preferito un confronto preventivo più costante e non il solo ricorso ordinario al pur importante strumento della consultazione. Noi siamo sempre a disposizione, ed anzi saremmo ben contenti, se da parte di personalità di Governo e della tecnostruttura ministeriale ci fosse la volontà di approfondire questi temi anche toccando con mano la realtà del ciclo produttivo del riutilizzo dei materiali tessili. Sappiamo per esperienza che vedere con i propri occhi questi processi è illuminante.

Tra le norme che, come sottolinea, influiranno sul futuro del settore c’è anche la responsabilità estesa del produttore (Extended producer responsibility – EPR). L’iter del decreto italiano è di fatto in pausa, viste le nuove norme pubblicate dalla Commissione che devono ancora essere approvate da Parlamento e Consiglio. Secondo voi il ministero deve proseguire nel suo lavoro o deve attendere il consolidamento delle nuove norme?

Confermo per l’EPR quanto detto sopra per l’end of waste: a nostro avviso il Ministero (e l’intero governo) dovrebbero confrontarsi col sistema produttivo per definire obiettivi e priorità da portare ai tavoli europei e in quella sede sostenerli con fermezza. L’Italia, a differenza di altri paesi UE, ha in ambito tessile/moda una manifattura importante caratterizzata da imprese di forte specializzazione e dimensioni medio/piccole: è da qui, da questa specificità italiana, che bisogna partire. Il rischio più grande, che se si concretizzasse sarebbe micidiale, è che la filiera produttiva rimanga fuori dai giochi dell’EPR.

Che giudizio si è fatta Confindustria Toscana Nord delle ultime bozze del decreto sull’EPR per i rifiuti tessili che il ministero ha messo in consultazione?

L’unica consultazione ufficiale aperta dal Ministero risale a un anno fa, il che può avere senso dato che nel frattempo anche a livello europeo è stato avviato l’iter per normare la materia. Le bozze in circolazione non soddisfano affatto il manifatturiero tessile nazionale, che non si riconosce in un quadro normativo pensato per realtà strutturalmente diverse. Auspichiamo quindi, e ci siamo già mossi in tal senso, un urgente confronto coi ministeri coinvolti proprio perché si definiscano strategie e priorità, a cominciare dalla tutela della filiera, da affermare in sede europea.

Leggi anche lo speciale EPR per i rifiuti tessili

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