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venerdì, Novembre 15, 2024

La tassonomia alla prova della guerra in Ucraina: come si applica e quali sono le tempistiche

Cosa succede dopo l'inserimento da parte della Commissione europea del gas e del nucleare come attività green? La tassonomia sarà operativa gradualmente a partire da quest'anno e solo per determinati soggetti economici. Intanto si lavora a un secondo Atto delegato

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Più che la tassonomia potè la guerra? A volte le coincidenze sono fondamentali. Per mesi l’Unione europea ha rinviato la decisione sulla tassonomia, vale a dire la classificazione delle attività da considerare sostenibili. Per mesi si è discusso di pressioni delle lobby, di interessi nazionali, di questa o quell’altra forma di energia da considerare green. Poi il 2 febbraio, dopo una lunga serie di rinvii, la Commissione europea ha reso pubblico ciò che in realtà era già trapelato da tempo: nell’Atto delegato complementare si definiscono “verdi” gli investimenti nel gas e nell’energia nucleare, a patto che rispettino determinate condizioni.

A tre settimane di distanza da quella scelta, il premier russo Vladimir Putin dava l’avvio alle operazioni militari contro l’Ucraina. Dando nuovo risalto, tra gli altri aspetti, alla dipendenza energetica del Vecchio Continente nei confronti dell’ex Urss. L’Europa importa infatti dalla Russia circa il 40% del gas che usa per i propri consumi. Dal 24 febbraio il timore degli Stati europei è che Putin possa tagliare i rifornimenti, gettando letteralmente nel buio milioni e milioni di persone. Pur se non risolutiva, una diversa e più rapida scelta sulla tassonomia avrebbe potuto favorire almeno la costruzione di una maggiore indipenza da parte dell’Europa? Per capirlo, serve analizzare innanzitutto cosa avverrà ora che la tassonomia è stata adottata.

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Dove e quando si applicherà la tassonomia

L’approvazione dell’Atto delegato complementare sulla tassonomia, che pure ha scatenato le proteste degli ambientalisti e degli stessi tecnici chiamati dalla Commissione europea a collaborare alla stesura del documento, non è l’ultimo passaggio normativo nella costruzione della tassonomia e, più in generale, l’impalcatura della finanza sostenibile.

È bene chiarire, innanzitutto, che la tassonomia sarà operativa gradualmente a partire dal 2022 e solo per determinati soggetti economici indicati dalla stessa Commissione europea (ad esempio attualmente vale solo per le grandi aziende). Mentre per quanto riguarda i Green Bond, se è vero che qualsiasi emittente desideri chiamare le proprie obbligazioni “green bond europei” sarà obbligato a stanziare i proventi per attività economiche che soddisfano i requisiti della tassonomia, per il momento si tratta di un’adesione su base volontaria.

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I prossimi interventi normativi dell’Ue: il secondo Atto delegato

La Commissione europea già dal 2022 lavorerà per approvare un secondo Atto delegato sulla tassonomia. Lo spiega ad Economia Circolare la professoressa Marzia Traverso, uno dei membri della piattaforma per la finanza sostenibile istituita da Bruxelles, relatore del gruppo di lavoro che sta sviluppando i criteri tecnici del prossimo documento.

“La finanza sostenibile – premette Traverso – mira a identificare quelle attività economiche che realizzano un contributo sostanziale al raggiungimento di almeno uno dei sei obiettivi del Green Deal, senza danneggiare significatamene gli altri cinque”. L’Atto delegato approvato a febbraio ha la funzione di introdurre le prime attività comprese nella tassonomia e i relativi criteri tecnici per considerarle in linea con i principi di eco-sostenibilità per quanto riguarda gli obiettivi sul clima: la riduzione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Restano, dunque, gli altri quattro obiettivi: protezione delle acque, transizione ad un’economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento, biodiversità. “Sarà il tema del secondo Atto delegato, previsto nel 2022, su cui sta già lavorando la Piattaforma Europea e che introdurrà le attività e i relativi criteri che permettono un sostanziale contributo a questi obiettivi”, anticipa Traverso.

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Perché la tassonomia è importante nella finanza sostenibile

L’Unione europea, attraverso la finanza sostenibile, intende orientare i flussi di denaro dei mercati finanziari verso attività economiche definite sostenibili in accordo con la tassonomia, in modo che anche i capitali privati possano contribuire a rendere l’ambiente in cui viviamo più pulito, più sano e raggiungere così gli obiettivi del Green Deal.

Bruxelles avrebbe potuto imporre direttamente delle regole per le banche e i fondi di investimento, ad esempio tassando o chiedendo extra capital requirement nel caso di prestiti ai settori più inquinanti, oppure stabilire una quota standard di investimenti obbligatori in attività eco-compatibili.

Ha scelto, invece, la strada dell’adesione volontaria dei partecipanti ai mercati. L’unico obbligo che l’Unione europea impone è, perciò, la trasparenza: la disclosure, cioè la pubblicazione da parte di aziende, banche e fondi di investimento di dati sensibili, in modo che i mercati e gli investitori abbiano informazioni chiare e comparabili sulla sostenibilità, evitando il prodursi di un “ecologismo di facciata” (il cosiddetto greenwashing) da parte degli attori economici.

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Come la tassonomia si integra alle norme Ue sulla trasparenza

L’articolo 8 del regolamento europeo 852/2020 sulla tassonomia, quindi, impone alle società finanziarie e non finanziarie di fornire agli investitori le informazioni sulle prestazioni ambientali dei loro attivi e delle loro attività economiche. Per quanto riguarda le imprese di grandi dimensioni, con più di 500 dipendenti, le informative di carattere non finanziario che sono tenute a pubblicare sono specificate nella direttiva 2014/95/EU “NFRD”.

La tassonomia, quindi, è complementare alla direttiva NFRD. I criteri tecnici contenuti nell’Atto delegato sono quelli necessari perché le imprese possano stabilire il grado di allineamento alla tassonomia in base alle informazioni che dovranno obbligatoriamente comunicare ai sensi della stessa direttiva NFRD, utilizzando alcuni indicatori come fatturato, spesa in conto capitale e spesa operativa.

Per quanto riguarda, invece, gli istituti finanziari come fondi di investimento, banche, assicurazioni e fondi pensione, la norma di riferimento è il regolamento Ue 2019/2088 “SFRD”, già applicativo e impostato per essere introdotto in diverse fasi tra il 2021 e il 2022 e integrato con il “Regulatory Technical Standards”, in cui saranno specificati i criteri di allineamento alla tassonomia per i prodotti finanziari.

Per prima cosa, le società finanziarie dovranno indicare la quota delle attività economiche ecosostenibili nel totale delle attività che finanziano o in cui investono. Requisiti di disclosure specifici sono previsti per i prodotti che promuovono caratteristiche ambientali o sociali.

Inoltre, gli attori economici soggetti alla SFRD sono obbligati a dichiarare se i rischi di sostenibilità sono inclusi nelle scelte di investimento e spiegare ai propri clienti come un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance, se si verificasse, potrebbe impattare sul valore dell’investimento.

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Cosa cambia per le società e gli istituti finanziari e le tempistiche dell’Ue

La tabella di marcia nell’applicazione della tassonomia per le società finanziarie e non finanziarie e per chi propone investimenti sostenibili e responsabili (SRI) è strettamente legata al momento in cui saranno disponibili i dati da comunicare. Queste sono le tappe:

1 gennaio 2022: le società non finanziarie dovranno comunicare solo le informazioni qualitative contenute nel primo Atto delegato sul clima, ovvero la proporzione di attività comprese (eligible) nella tassonomia sull’insieme delle attività complessive. Questo vale per le impese con più di 500 dipendenti. Anche gli operatori finanziari sono tenuti a calcolare la percentuale di esposizione alle attività comprese (eligible) nella tassonomia.

1 gennaio 2023: il secondo Atto delegato relativo agli aspetti ambientali sarà applicativo per tutte le attività non finanziarie. Per quanto riguarda, invece, le attività identificate nel primo Atto delegato, saranno a disposizione i dati relativi al 2022 e sarà quindi possibile stabilire la percentuale di allineamento (aligned) delle società alla tassonomia. I criteri della tassonomia relativi agli aspetti climatici (e del futuro Atto delegato relativo agli aspetti ambientali) andranno tradotti dalle imprese in indicatori quantitativi di prestazione economica (KPI) che saranno resi pubblici (ad esempio la percentuale di attività economiche ecosostenibili nell’ambito del fatturato di un’impresa o delle spese in conto capitale).

1 gennaio 2024: L’Atto delegato sul clima sarà applicativo per tutti gli operatori finanziari, in modo da calcolare, in base alle informazioni qualitative da loro comunicate, la percentuale di esposizione alle attività conformi (aligned) alla tassonomia e, dunque, il grado di allineamento alla stessa (il calcolo sarà fatto sui dati relativi al 2023).

1 gennaio 2026: l’Atto delegato sul clima sarà applicativo per gli indicatori quantitativi di prestazione economica (KPI) degli istituti finanziari e di credito per quanto riguarda i trading book (la lista dei prezzi in acquisto e in vendita di un determinato strumento finanziario quotato) e per i servizi non bancari. Anche in questo caso, dovranno esprimere la percentuale di allineamento alla tassonomia degli asset in gestione, calcolato sui dati relativi al 2025.

Per quanto riguarda, invece, le società non finanziarie, l’obiettivo è allargare entro il 2026 la platea anche alle Pmi. Inoltre, spiega Traverso, “negli anni successivi sarà necessario coprire altre attività economiche che non sono state ancora considerate sia per gli obiettivi relativi al cambiamento climatico sia negli altri quattro”.

I prossimi interventi normativi dell’Ue: la direttiva CSRD

L’Unione europea ha, infatti, intenzione di ampliare il campo di applicazione dell’articolo 8 della tassonomia anche alle piccole e medie imprese con più di 250 dipendenti, per venire incontro alle richieste e alle esigenze degli investitori. C’è una proposta di direttiva, la “CSRD” che, si stima, allargherebbe la comunicazione societaria sulla sostenibilità a quasi 50mila imprese, rispetto alle attuali 12mila. Per le piccole imprese l’adesione, invece, resterebbe su base volontaria.

La CSRD sta proseguendo l’iter legislativo tra Parlamento e Consiglio europeo e si pensa di arrivare all’approvazione definitiva nel 2022 e alla piena operatività nel 2024. Ci sono una serie di ostacoli, tuttavia, su cui Bruxelles dovrà lavorare. Gli attori economici lamentano incertezza su alcune regole, e questo naturalmente potrebbe rappresentare un limite nella raccolta dei dati previsti dalle norme sulla disclosure.

In base a quanto è emerso da un’analisi del Conference Board sulle società Ue, solo 10 aziende delle 12mila coinvolte hanno dimostrato di essere pronte al recepimento delle nuove richieste di reporting, mentre la maggior parte delle società non è consapevole del fatto che il regolamento interessi non solo il mondo finanziario, ma anche quello aziendale. Inoltre, le autorità Ue devono ancora confermare alcuni indicatori che gli asset manager sono tenuti a fornire nella loro rendicontazione di sostenibilità.

Infine, solo una percentuale ridotta del patrimonio dei fondi domiciliati nell’Ue è investita in aziende che sono soggette alla rendicontazione di sostenibilità, mentre il 61% del patrimonio è investito in aziende non europee, quindi al di fuori della direttiva CSRD. Un altro limite non da poco vista l’interconnessione dei mercati finanziari, sebbene gli esperti e i legislatori europei siano convinti nell’adesione volontaria alle norme Ue perché avere informazioni “trasparenti” renderà più semplice per gli attori economici raccogliere capitali.

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