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venerdì, Novembre 15, 2024

E se per ridurre l’iper-produzione superassimo il concetto di proprietà? L’esempio di Tulu

Quante cose possediamo che usiamo raramente? Basta guardare i luoghi in cui abitiamo. La start-up Tulu prova a rovesciare il paradigma: che sia un condominio, una serie di uffici o hotel, Tulu mette a disposizioni gli oggetti di uso quotidiano. Con un modello su larga scala, che si applica a 70mila famiglie

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Redazione EconomiaCircolare.com

Forniamo accesso on-demand alle cose di uso quotidiano di cui i residenti hanno bisogno”: un messaggio chiaro e diretto che la start-up Tulu riporta a caratteri cubitali nella home page del suo sito. A chi si rivolge? Sostanzialmente a chiunque viva in una piccola comunità: che sia un condominio, una serie di uffici o hotel, Tulu mette a disposizioni dalle aspirapolveri alle stampanti, fino a sedie pieghevoli e detergenti.

Il motivo è un utilizzo più razionale e responsabile delle risorse, che risponda ad esigenze precise: quante volte ci è capitato di aver acquistato un prodotto usandolo poi pochissimo e magari averlo dovuto conservare soltanto per evitare di buttarlo?

Lanciata nel 2018 dall’architetto Yishai Lehavi e dall’imprenditrice ambientale Yael Shemer, Tulu opera in 26 città negli Stati Uniti, in Europa e nel Regno Unito. Fornisce unità di noleggio modulari per edifici, offrendo articoli per la casa e per l’azienda. L’obiettivo è indurre a ripensare le abitudini di consumo soprattutto nelle città dove i vincoli di spazio rendono molti acquisti inutili e dispendiosi. Partita dalle università Columbia ed Emory, gli edifici residenziali sono il riferimento e i soggetti a cui Tulu si rivolge: una soluzione adatta ovunque.

L’idea non è originale, ma originale e vincente ne è l’applicazione in larga scala. Case degli studenti, dormitori, residence con appartamenti separati ma uniti in condominio e quindi con una reception offrono spesso questo genere di servizi, e parliamo di oggetti che vanno da quelli per la pulizia di interni o spazi comuni, fino a giochi da tavolo e persino utensili, tutti oggetti e materiali da usare e restituire.

Tulu porta questo modello su larga scala, fornendo accesso a 70mila famiglie in quasi 200 edifici e facilitando 130mila transazioni al mese. Fornisce anche flotte di scooter e biciclette a noleggio. Yael Shemer racconta che l’utilizzo di qualunque oggetto può essere parte di questo sistema “da robot lavapavimenti e detergenti per tappezzeria, fino a visori per realtà virtuale e PlayStation”.

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Un sistema virtuoso grazie a riutilizzo, riparazione ed ecodesign

Il modello di business di Tulu abbraccia l’obiettivo fondamentale della circolarità per mantenere i materiali in uso il più a lungo possibile. Il principio è la non necessaria proprietà di molte delle cose che usiamo solo all’occorrenza, e dato che ogni oggetto verrà utilizzato diverse volte da più persone, la riparazione è parte integrante della cultura di Tulu. “Siamo diventati bravi a sostituire solo le parti rotte, i tubi flessibili e simili per gli aspirapolvere o i detergenti per tappezzeria, invece di sostituire l’intero dispositivo”, ha affermato Shemer.

Il programma è vincente anche dal punto di vista delle aziende produttrici che possono avere, grazie a una apposita app, i report degli utenti che Tulu mette a disposizione ogni mese. Sono informazioni sul reale utilizzo, sulla durata dei vari elementi di cui gli oggetti sono composti, e su cosa migliorare nel prodotto stesso. “Questi dati forniscono ai marchi un feedback tempestivo e imparziale degli utenti per migliorare i loro prodotti” affermano dalla start up.

Avere un canale diretto con molte aziende ha dato modo a Tulu di investire in una politica atta a incentivare nuovi modelli di design in grado di garantire una vita più lunga al prodotto, ma soprattutto la sua riparabilità grazie a una semplice separazione dei pezzi che compongono il prodotto stesso.

Una politica che ovviamente non premia la sovraproduzione e quindi eventuali plusvalenze a scapito dell’ambiente e dell’economia, ma una visione che garantisce alle aziende una continuità di produzione senza sprechi e quindi con minori perdite e minore necessità di gestione dei prodotti in eccedenza. Un vantaggio, quindi, anche da un punto di vista economico. Questo canale diretto ha consentito ad alcuni dei partner di Tulu “di rivalutare il design dei loro prodotti, migliorare la durabilità e abbracciare la riparabilità, allineandosi con l’etica generale della sostenibilità e della longevità”, ha aggiunto Shemer.

Dalla proprietà alla piattaforma di servizi

Incentivare anche economicamente i marchi che sposano la logica della produzione di prodotti riparabili, è il modo con cui Tulu sta approcciando il mercato e i suoi fornitori di riferimento. Le informazioni degli utenti vengono messe a disposizione e quindi diventano un punto di riferimento e condivisione di elementi utili a migliorare i prodotti e il sistema produttivo. Un sistema che diventa Platform-as-a-Service (PaaS), cioè un servizio di cloud computing in cui la piattaforma software applicativa viene fornita da terze parti (quindi fornitori PaaS).

Il potenziale di una logica simile apre scenari che potrebbero dare, intanto, una risposta concreta e alternativa a tutte le aziende vincolate all’idea di una sovraproduzione come unica strada per aumentare i profitti. E allo stesso tempo essere la risposta ad alcune abitudini (cattive abitudini) sui consumi delle famiglie: non è necessario acquistare e possedere, ma avere a disposizione – a un costo ragionevole – un oggetto o un prodotto solo quando serve realmente.

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