A cura di: Andrea Ballabio, Donato Berardi, Nicolò Valle e Barbara Zecchin
Il 2024 ha segnato un momento critico per la gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) in Italia. A luglio, la Commissione Europea ha avviato due procedure di infrazione contro il nostro Paese, evidenziando il fallimento di un sistema che, pur operativo da vent’anni, continua a mostrare lacune profonde.
I numeri parlano chiaro: il tasso di intercettazione dei RAEE è sceso al 29,64% nel 2024, rispetto al 34,56% del 2021, quando l’obiettivo europeo è del 65% dell’immesso sul mercato.
Un sistema che non funziona: le radici del problema
Per comprendere l’entità della crisi, è necessario guardare ai meccanismi che avrebbero dovuto garantire il corretto smaltimento dei RAEE.
Il sistema italiano prevede due modalità principali di conferimento per i cittadini: il ritiro “uno contro uno”, che permette di consegnare gratuitamente un vecchio elettrodomestico quando se ne acquista uno nuovo, e il ritiro “uno contro zero”, che consente di portare piccoli apparecchi nei negozi di grandi dimensioni senza obbligo di acquisto.
Le indagini condotte negli ultimi anni restituiscono però un quadro non roseo. Secondo i dati Erion WEEE, il 61% dei cittadini conserva in casa apparecchi non funzionanti, solo la metà sa cosa siano effettivamente i RAEE e un terzo chiede più iniziative informative. Ancora più preoccupante è il fatto che il 20% ignora completamente i rischi ambientali del conferimento errato, percentuale che tra i giovani sale addirittura al 32%.
Ma la poca conoscenza dei cittadini è solo la punta dell’iceberg. Il vero problema è sistemico e riguarda la mancata implementazione delle infrastrutture di raccolta, la scarsa collaborazione da parte dei rivenditori e dei centri assistenza, e soprattutto l’assenza di un sistema di tracciabilità efficace. Nel 2023, ISPRA ha registrato circa 274mila tonnellate di RAEE domestici raccolti, mentre il CdC RAEE (Centro di Coordinamento RAEE) ne ha censite 348mila: un divario di oltre 70mila tonnellate.
La dispersione dei rifiuti: un’emergenza nell’emergenza
Ancora più impattante è scoprire dove finiscono i RAEE che sfuggono al controllo ufficiale. Un’indagine condotta nel 2023 da Erion WEEE e Altroconsumo ha utilizzato dispositivi GPS per tracciare il percorso di 260 apparecchi dismessi: solo il 66% è arrivato in impianti accreditati, l’11% in siti non accreditati e ben il 23% è finito in destinazioni non autorizzate.
In Italia, esistono quasi 1.100 impianti di trattamento rifiuti, ma solo 48 risultano accreditati dal CdC RAEE. Questi gestiscono il 96% dei RAEE domestici censiti, mentre i 1.045 impianti non accreditati hanno trattato il restante 4%, il che suggerisce che i dati dei rifiuti transitati presso questi ultimi siano soltanto parziali. Erion WEEE stima che circa 400mila tonnellate di RAEE all’anno – equivalenti a quasi 3 milioni di grandi elettrodomestici e a oltre 400 milioni di piccoli apparecchi – si disperdano lungo la filiera.
Questa dispersione ha cause multiple, a partire dall’attribuzione – presso i Centri di Raccolta (CdR) comunali – di un codice differente rispetto a quello specifico dei RAEE, che troppo spesso sono classificati come ingombranti, e la presenza di flussi di rifiuti che dai distributori non passano poi per i CdR.
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Le procedure d’infrazione, un campanello d’allarme che suona da tempo
Le due procedure avviate dalla Commissione Europea nel luglio 2024 non sono arrivate inaspettate.
La prima riguarda il non corretto recepimento della Direttiva Quadro 2008/98/CE sui rifiuti, modificata dalla Direttiva (UE) 2018/851. Le carenze italiane riguardano proprio l’applicazione del principio di responsabilità estesa del produttore (EPR), la qualità del riciclaggio, la raccolta dei rifiuti pericolosi e la mancanza di un sistema elettronico di tracciabilità completo.
La seconda procedura, estesa a tutti i 27 Stati membri dell’Unione, si concentra specificamente sui RAEE e sul mancato raggiungimento dei target fissati dalla Direttiva 2012/19/UE. L’Italia non è sola in questa situazione critica: la media europea di raccolta era solo del 40% nel 2022, in calo rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, il nostro Paese presenta alcune delle performance peggiori, con dati particolarmente negativi per il Raggruppamento R3 (TV e monitor, -10,9%) e R5 (sorgenti luminose, -0,3%), laddove si registra un deciso miglioramento per R4 (IT, Consumer electronics, apparecchi di illuminazione privati delle sorgenti luminose, PED e altro, +7,5%). Il problema non è solo di quantità, ma anche di tendenza: nonostante un leggero aumento dei quantitativi trattati nel 2024 (540.854 tonnellate, circa 30.000 in più rispetto al 2023), il tasso di intercettazione continua a calare, a riprova delle difficoltà nel sistema di raccolta.
Il “Decreto Salva Infrazioni”
Di fronte a questa emergenza, il Governo italiano ha risposto con il D.L. n. 131/2024, noto come “Decreto Salva Infrazioni”, successivamente convertito nella Legge n. 166/2024. Il provvedimento affronta diverse infrazioni pendenti contro il Paese, dedicando ampio spazio proprio alla gestione dei RAEE.
Le misure introdotte puntano su tre direttrici principali: semplificazione degli obblighi per gli operatori, rafforzamento della tracciabilità e aumento della consapevolezza dei cittadini. Il Decreto porta una ventata di semplificazione: rivenditori, distributori e installatori non devono più iscriversi all’Albo Gestori Ambientali (la famosa categoria 3bis è stata abolita), possono trasportare i RAEE con un semplice documento di trasporto e sono esentati da registri di carico/scarico e MUD. Aumentano anche i limiti di stoccaggio: non più 3.500 kg complessivi, un quantitativo massimo equivalente per ciascun raggruppamento, permettendo una gestione più flessibile. Le novità più interessanti riguardano però settori finora trascurati. Per la prima volta, viene previsto il ritiro gratuito “uno contro uno” anche per i RAEE professionali (su base volontaria per i rivenditori). Ma soprattutto viene regolamentato l’e-commerce, che rappresenta ormai una fetta importante del mercato elettronico. Per tutti i produttori che vendono online, anche tramite marketplace come Amazon, vengono delineate le modalità di adempimento degli obblighi di EPR.
La vera rivoluzione è però culturale: per la prima volta i Consorzi sono obbligati per legge a investire almeno il 3% dei loro ricavi in campagne di comunicazione per spiegare ai cittadini come e dove conferire correttamente i rifiuti elettronici. Chi non lo fa rischia multe dall’1% al 3% dei ricavi. È un cambio di passo fondamentale, perché senza informazione diffusa sarà impossibile raggiungere l’obiettivo europeo del 65% di raccolta.
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I primi segnali positivi
Le prime applicazioni della riforma sembrano mostrare segnali incoraggianti. Dal punto di vista operativo, l’obbligo di registrazione al portale del CdC RAEE per tutti i punti in cui vengono raggruppati i rifiuti ha favorito un significativo aumento dei punti di raccolta. Nel primo trimestre del 2025 risultano oltre 9.000 siti registrati, mentre i punti vendita iscritti al portale hanno raggiunto quota 14.252. L’espansione della rete di Luoghi di Raggruppamento (LdR) e di altri servizi di ritiro alternativi ai CdR comunali dovrebbe favorire un incremento dei RAEE intercettati. Nel 2024, su circa 358.000 tonnellate di RAEE raccolte, solo 80.000 provenivano da LdR e dagli altri punti di ritiro alternativi.
L’entrata in vigore della nuova normativa sembra già aver invertito la tendenza al calo degli anni precedenti, segnalando un cambio di passo potenzialmente positivo per il sistema.
Il nuovo Accordo di Programma 2025 ANCI–CdC RAEE introduce inoltre l’obbligo per Comuni e aziende di raccolta di comunicare al CdC tutti i dati sui RAEE avviati direttamente a trattamento, migliorando la tracciabilità dei flussi.
Le sfide ancora aperte
La riforma introdotta dal “Decreto Salva Infrazioni” rappresenta un passo necessario per superare le procedure d’infrazione europee e modernizzare un sistema che da troppo tempo non funziona. L’approccio scelto – semplificazione per gli operatori, rafforzamento della tracciabilità, investimento nella comunicazione – appare equilibrato e promettente. Tuttavia, l’immagine che emerge è quella di un Paese che interviene solo dopo i richiami europei, con misure che avrebbero dovuto essere adottate anni fa. Il ritardo accumulato è enorme: colmare il gap dal 29,6% attuale al 65% richiesto dall’UE richiederà uno sforzo coordinato di tutti gli attori della filiera.
Il successo dipenderà da tre fattori chiave: l’efficacia delle campagne di comunicazione nel modificare i comportamenti dei cittadini, la capacità di controllo delle autorità per garantire che la semplificazione non si traduca in un “liberi tutti” e la volontà degli operatori economici – dai produttori ai rivenditori, dai gestori delle piattaforme online agli impianti di trattamento – di assumere pienamente le proprie responsabilità. Solo il tempo dirà se queste misure saranno sufficienti a costruire un sistema virtuoso di economia circolare che valorizzi le risorse contenute nei nostri rifiuti elettronici, invece di disperderle nell’ambiente o nei circuiti illegali.
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Per approfondire:
Gestione dei RAEE: cosa cambia?
Position Paper n° 303, Laboratorio REF – ottobre 2025
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