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martedì, Dicembre 24, 2024

E se il nostro smartphone durasse 10 anni? Le richieste di Right to Repair e il modello Fairphone4

La produzione incessante di nuovi modelli crea notevoli problemi di emissioni climalteranti e di rifornimento di materie prime. Ecco perché in Europa aumentano le pressioni affinché venga garantito il diritto alla riparazione. L'esempio di un'azienda olandese dimostra che cambiare si può

Antonio Carnevale
Antonio Carnevale
Nato a Roma, giornalista pubblicista dal 2012, autore radiofonico ed esperto di comunicazione e new media. Appassionato di sport, in particolare tennis e calcio, ama la musica, il cinema e le nuove tecnologie. Da qui nasce il suo impegno su StartupItalia! e Wired Italia, dove negli anni - spaziando tra startup, web, social network, piattaforme di intrattenimento digitale, robotica, nuove forme di mobilità, fintech ed economia circolare - si è occupato di analizzare i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando nella nostra società e nella vita di tutti i giorni.

Tutti noi lo sappiamo benissimo: la vita media dei nostri smartphone si aggira intorno ai due anni. Il rilascio di nuovi dispositivi è sempre più frequente e questo comporta una serie di problemi: uno su tutti, gli aggiornamenti software, che a lungo andare pregiudicano le prestazioni dei dispositivi più datati, inducendo gli utenti ad acquistare apparecchi nuovi.

In passato alcuni produttori, tra cui Samsung e Apple, sono stati anche sanzionati proprio per aver causato l’obsolescenza programmata dei loro dispositivi. Inoltre, per proteggere i propri segreti commerciali e la privacy dei consumatori, molti grandi produttori mettono in commercio dispositivi “bloccati”, che possono essere riparati solo nei negozi autorizzati. Le ricerche ci dicono che solo l’11% circa delle persone ripara i propri telefoni quando si rompono. Spesso la sostituzione dello smartphone è la soluzione più semplice e meno costosa per i consumatori.

Ma tutto questo cosa comporta? Ogni anno nell’Unione europea vengono venduti 210 milioni di smartphone, quasi sette al secondo. E i vecchi finiscono nel cestino. Nel 2019 sono stati oltre 50 milioni le tonnellate di rifiuti elettronici ed elettrici (RAEE). Solo il 17% è stato adeguatamente riciclato.

E la situazione è destinata a peggiorare. Secondo uno studio di Yale del 2020 pubblicato sul Journal of Industrial Ecology, infatti, benché la massa totale dei rifiuti elettronici stia diminuendo man mano che i dispositivi diventano più piccoli, l’imminente rivoluzione portata dall’Internet delle cose rischia di far aumentare in maniera esponenziale la quantità dei rifiuti elettronici.

Solo in Italia, nel 2020 sono state raccolte oltre 365mila tonnellate di RAEE, segnando una crescita del 6,4% rispetto all’anno precedente. L’unico modo per invertire la tendenza è porre urgentemente fine alla obsolescenza prematura di questi prodotti. Alla vigilia dell’International E-Waste Day, la quarta edizione della Giornata dedicata alla sensibilizzazione sulla riduzione e sul riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) vediamo cosa si muove nel mondo sul fronte della possibilità di allungare la vita ai nostri smartphone.

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Quanto inquina il nostro smartphone?

“Lo smartphone più ecologico è quello che già possiedi”, ha spiegato Cole Stratton, professore associato dell’Indiana University Bloomington, alla CNN. “Gli smartphone sembrano così piccoli e insignificanti – continua Stratton –  quindi a meno che tu non abbia studiato le catene di approvvigionamento e conosca tutto ciò che serve per crearli, non hai davvero idea di quanto siano devastanti per l’ambiente”.

Uno dei principali problemi connessi alla produzione di questi dispositivi elettronici è l’esaurimento di metalli preziosi. Riciclare questi elementi consentirebbe un minore sfruttamento intensivo di risorse naturali ed eviterebbe l’invio dei dispositivi in discarica.

Ogni volta che uno di questi telefoni viene realizzato, crea tra i 40 e gli 80 kg di CO2. Apple, ad esempio, ha reso pubblici i dati relativi al suo ultimo iPhone: l’81% dei 64 chilogrammi di emissioni di carbonio generati da un singolo dispositivo proviene dal solo processo produttivo.

Non è molto: a quanto si legge, l’equivalente di un viaggio in auto da Los Angeles a San Diego (130 miglia). Ma moltiplicato per le centinaia di milioni di iPhone venduti ogni anno, le cifre crescono vertiginosamente. Se a questi poi sommiamo gli innumerevoli altri dispositivi personali che usiamo ogni giorno, ci rendiamo conto degli enormi danni che questo può provocare all’ambiente.

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Allungare la vita dei nostri cellulari

Una delle soluzioni messe in campo negli ultimi anni è stata quella dei telefoni rigenerati, ricondizionati o refurbished: prodotti che tornano a nuova vita per essere rivenduti dopo essere stati ispezionati e riparati, entrando nel circuito dell’economia circolare. Risultato? Meno rifiuti, meno emissioni di CO2 e un vantaggio notevole per i consumatori, che acquistano i cellulari con sconti che possono arrivare fino al 60%. Dal 2016 Apple ha lanciato un programma di vendita globale di iPhone rinnovati e anche Amazon ha aperto una sezione e-commerce dedicata ai dispositivi ricondizionati.

Si rafforzano anche le catene dell’usato: servizi come Secondhand Mobile propongono smartphone, pc, tablet e smartwatch usati con garanzia gratuita di un anno e una settimana di tempo per provare il telefono acquistato ed eventualmente sostituirlo con un altro modello a scelta. Inoltre, offrono ritiro dell’usato, polizza Kasko e assistenza continua anche via app.

Negli ultimi anni poi, i sostenitori del diritto alla riparazione – tra cui spicca il nome del co-fondatore di Apple, Steve Wozniak – hanno iniziato a chiedere leggi che impongano ai produttori di dispositivi di realizzare telefoni facili da smontare e di rilasciare strumenti e informazioni per la riparazione, oltre a software a lungo termine e aggiornamenti di sicurezza.

Questa attività di lobbying ha portato la Commissione Europea, nel marzo 2020, ad approvare un nuovo “diritto alla riparazione”, che obbliga i produttori di apparecchi elettronici a rispettare determinati criteri di progettazione e realizzazione, ma anche rendere disponibili pezzi di ricambio e fornire istruzioni per la riparazione dei prodotti.

Se i consumatori potessero riparare più facilmente i loro dispositivi, infatti, non dovrebbero sostituirli con la stessa frequenza, riducendo così l’impatto ambientale e i rifiuti elettronici.

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Uno smartphone può durare dieci anni

C’è chi pensa, però, che questo non sia ancora sufficiente. Anche perché, al momento, le nuove norme si applicano soltanto a lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e schermi, inclusi i televisori, ma non ad altre tipologie di dispositivi più soggette all’obsolescenza programmata, come appunto gli smartphone. Inoltre, non affrontano le questioni centrali del costo della riparazione e degli aggiornamenti software.

Eppure, estendere la vita degli smartphone europei a dieci anni farebbe risparmiare 6,2 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. È come togliere 3 milioni di auto dall’autostrada. Questo è l’obiettivo che si è dato il movimento Right to Repair Europe con il suo progetto 10Year Phone.

Si tratta di un telefono progettato per essere completamente smontato e riparato. Un device costruito in maniera etica e sostenibile, con 10 anni di garanzia sui pezzi di ricambio e 10 anni di supporto software.

Right to Repair Europe ha lanciato una campagna di crowdfunding per sostenerne la produzione. Peccato che, al momento, questo progetto non esista. Quando si clicca sul pulsante per contribuire alla campagna e prenotare lo smartphone, appare questo messaggio:

Scusate ragazzi. A causa dell’intensa attività di lobbying da parte delle Big Tech e della mancanza di ambizione da parte dei politici, prodotti come il 10Year Phone rimangono un sogno. Ma possiamo cambiare questa situazione. L’UE sta per presentare misure per rendere i prodotti più riparabili e più durevoli. Se vuoi questo telefono garantito per 10 anni, aiutaci. Firma la nostra lettera alla Commissione Europea. Fai un po’ di pressione”.

Sostenendo la campagna di Right to Repair Europe dunque, non si spenderanno soldi per garantire la produzione e non si potrà prenotare alcuno smartphone. Ma si potrà far parte del gruppo di pressione che chiede all’Europa telefoni effettivamente riparabili, facili da smontare, con parti che possono essere rimosse (batterie in primis) e nessun blocco software.

A questo proposito, nella lettera viene sottolineato che il software dovrebbe durare almeno 10 anni, i pezzi di ricambio e le informazioni sulle riparazioni dovrebbero essere accessibili a tutti. Infine, tutti dovrebbero essere in grado di prendere decisioni di acquisto informate sulla riparabilità dei telefoni che stanno acquistando. Ecco perché Right to Repair Europe chiede un “indice di riparazione europeo”, che mostri ai consumatori quali sono i telefoni riparabili in modo più facile ed economico.

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L’esperienza Fairphone

Da qualche tempo, anche i grandi colossi tecnologici come Apple e Samsung stanno lavorando per rendere più sostenibili i loro processi produttivi e la distribuzione dei loro prodotti, dalle materie prime agli imballaggi.

In questi anni la casa coreana ha continuato ad ampliare l’uso di materiali sostenibili, riuscendo a ridurre le emissioni di gas serra di 1544 tonnellate nel 2019 ed entro il 2030 punta a risparmiare 7,5 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. La Mela però sembra essere ancora più avanti dal punto di vista dell’attenzione ambientale. Non a caso già nel 2017, secondo la guida per un’elettronica più verde pubblicata da Greenpeace, la casa di Cupertino si trovava ai primi posti della classifica. Entro il 2030, Apple prevede di raggiungere lo status di azienda “carbon neutral”, dall’approvvigionamento dei materiali all’utilizzo fino ai trasporti e al recupero dei materiali alla fine del ciclo di vita.

Soltanto un’azienda in questi anni ha ottenuto risultati migliori dal punto di vista dell’impatto ambientale. Si tratta di Fairphone, un’impresa sociale olandese che ha iniziato a produrre smartphone nel 2013. Tutto è partito da una campagna di crowdfunding, ma oggi Fairphone è un’azienda indipendente che conta più di 70 dipendenti in 20 paesi diversi. La sua mission è creare lo smartphone più “fair” (“giusto”) al mondo, ossia un telefono che risponda a principi di equità e accessibilità e metta al primo posto i diritti umani, la tutela dell’ambiente e il benessere dei lavoratori.

I prodotti Fairphone sono creati per durare a lungo. Sono dotati di un design modulare e riparabile e realizzati con materiali riciclati. Cercando soluzioni sostenibili delle componenti elettroniche, si riduce la creazione di rifiuti, incoraggiando il riuso e la riparazione. Fairphone sottolinea infine come i minerali utilizzati non provengano da zone di conflitto e vengano sempre garantiti ai lavoratori stipendi e condizioni adeguate.

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La lotta all’obsolescenza programmata non si ferma

Proprio mentre scriviamo, sta per essere distribuito in Europa il nuovo arrivato in casa Fairphone, il Fairphone 4 5G. Già disponibile per il preordine, dovrebbe essere spedito a partire dal 25 ottobre. Uno smartphone davvero ecologico ma anche al passo con i tempi, che mira a colmare il gap tecnologico con i grandi nomi del settore, che aveva condizionato il successo dei modelli precedenti.

Per sfidare l’obsolescenza programmata, Fairphone 4 offre una garanzia di 5 anni, facilità di smontaggio, riparazione e sostituzione dei pezzi. Oltre che riciclabilità e acquisto dei materiali da paesi privi di conflitti.

Per quanto riguarda la sua modularità, Fairphone fornirà otto moduli di riparazione per il telefono, in modo che tutti possano riuscire ad aggiustare il proprio smartphone. Ai clienti saranno inviati display di ricambio, batterie, cover posteriori, porte USB-C, altoparlanti, auricolari, fotocamere posteriori e fotocamere selfie.

Non a caso, i precedenti due telefoni di Fairphone sono gli unici dispositivi ad aver ricevuto punteggi di riparabilità perfetti sul sito di riferimento iFixit.

“Facciamo un ulteriore passo avanti per conservare i materiali preziosi utilizzati nella produzione di prodotti elettronici”, si legge sul sito ufficiale di Fairphone. E ancora: “Quando acquisti un Fairphone 4, ricicliamo responsabilmente o diamo una seconda vita a un vecchio telefono. Ciò significa una compensazione del 100% per il materiale che immettiamo sul mercato”

Sembra essere proprio questa, ad oggi, la soluzione più green sul mercato. Anche se, in attesa della sua distribuzione, una cosa è certa: nonostante i progressi nei materiali sostenibili, non realizzare un nuovo dispositivo sembra essere ancora l’opzione più rispettosa dell’ambiente. Lo smartphone più ecologico resta quello che già possiedi.

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