È un errore escludere dalla Tassonomia europea l’incenerimento dei rifiuti anche quando questi sono indifferenziati e non riciclabili. Lo affermano i ricercatori dell’istituto REF ricerche in un paper appena pubblicato e dedicato appunto alla “Tassonomia europea delle attività eco-sostenibili: il caso della gestione dei rifiuti”. Perché, si legge nel documento, la termovalorizzazione “è parte del disegno complessivo di una gestione sostenibile dei rifiuti promosso dall’Unione Europea. Un approccio che ambisce a massimizzare la prevenzione e il riciclo, e che si fonda sulla consapevolezza che la frazione di rifiuto residuo non riciclabile non potrà essere azzerata”.
Inoltre, lo scoppio del conflitto russo-ucraino “con il forte aumento dei costi di approvvigionamento di gas naturale e petrolio e il desiderio di raggiungere una maggiore autonomia energetica nel nostro Paese, impongono una riflessione organica circa il ruolo che il recupero di energia e la produzione di bio-carburanti dai rifiuti potranno giocare nell’ambito della transizione energetica. Un ruolo ad oggi ancora non pienamente compreso e valorizzato”.
Il paper affronta a tutto tondo le implicazioni della Tassonomia sulla gestione dei rifiuti (“La gestione dei rifiuti ne sarà in ogni caso profondamente impattata”), ma qui ci occuperemo in particolar modo di termovalorizzazione.
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Tassonomia e rifiuti
Come sappiamo, la Tassonomia europea delle attività eco-sostenibili (cui EconomiaCircolare.com ha dedicato diversi articoli e uno speciale) prova a tracciare il perimetro delle attività che agevolano la transizione ecologica (o almeno non la ostacolano). Il principio guida della sostenibilità è il famoso DNSH: Do No Significant Harm, non arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali comunitari, macro-requisito per poter definire eco-sostenibile un’attività. Questo vale anche per rifiuti. Per il quali la cornice della sostenibilità è quella tracciata dalla direttiva quadro e dalla gerarchia europea. Vengono quindi considerate sostenibili, leggiamo nel documento REF, “la raccolta e il trasporto dei rifiuti separati alla fonte, la digestione anaerobica e il compostaggio di rifiuti organici, il recupero di materia dai rifiuti e la cattura di gas di discarica”. In linea, quindi, con la gerarchia europea, “una volta attuate tutte le attività necessarie per promuovere un’adeguata prevenzione alla produzione di rifiuti, e esperite tutte le opzioni possibili per sostenere il riutilizzo e/o il riciclaggio, l’ultima opzione attuabile è quella di promuove il recupero di altro tipo, come ultima ratio e alternativa allo smaltimento”. Come sappiamo la Tassonomia esclude l’incenerimento. Eppure, secondo REF, siamo di fronte ad un errore. Vediamo perché.
Tassonomia e incenerimento
“Tra i principali punti di discussione emersi nella consultazione pubblica che ha preceduto la pubblicazione del primo atto delegato (della Tassonomia, ndr) è, il caso della mancata inclusione della termovalorizzazione nella Tassonomia UE è stato certamente uno dei più rilevanti, visto il ruolo che tale tecnologia riveste nella transizione verso l’economia circolare”, scrivono i ricercatori. Il tema è ancora caldo non solo alla luce della prossima pubblicazione dei restanti atti delegati, ma anche perché questa esclusione “rischia di porre un freno nel percorso verso l’obiettivo di massimo conferimento in discarica del 10% dei rifiuti urbani al 2035”.
Vediamo quali sono i motivi, secondo REF. Qualora la Tassonomia UE si limitasse a prendere in considerazione “solo i gradini più ‘alti’ della gerarchia dei rifiuti senza fornire indicazioni anche per una gestione sostenibile dei rifiuti non riciclabili, creerebbe un vulnus che rischierebbe di favorire ceteris paribus forme di gestione tecnologicamente meno costose e al contempo più impattanti, come lo smaltimento in discarica”. Un fatto, leggiamo ancora, “vero in particolar modo nei Paesi che sono ancora lontani dagli obiettivi di riduzione dello smaltimento in discarica, come è per il caso dell’Italia”.
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I paletti di REF per un incenerimento sostenibile
Se l’obiettivo della Tassonomia è promuovere gli investimenti sostenibili, “il recupero energetico dei rifiuti indifferenziati non dovrebbe essere escluso, ma piuttosto promosso laddove consente di minimizzare lo smaltimento in discarica a valle dell’implementazione di tutte le azioni possibili che ambiscono a massimizzare la prevenzione e il riciclo dei rifiuti”.
Incenerimento sì, dunque, ma quale? REF fissa dei paletti: gli investimenti nel recupero energetico dei rifiuti indifferenziati dovrebbero essere etichettati come sostenibili se:
- l’impianto tratta solo rifiuti non riciclabili, quali rifiuti misti raccolti separatamente all’interno di un sistema di raccolta differenziata pianificato dagli Stati membri, o scarti provenienti dagli impianti di selezione e di trattamento dei rifiuti;
- i Piani nazionali di gestione dei rifiuti degli Stati membri sono realizzati in modo da assicurare la raccolta differenziata di tutte le frazioni che devono essere intercettate separatamente come obbligo di legge;
- gli obiettivi di prevenzione, riuso e riciclaggio sono stati raggiunti o sono prossimi ad essere centrati.
Secondo REF, dunque, a legittimare l’incenerimento è la piena espletazione delle prime fasi della gerarchia: prevenzione, preparazione per il riutilizzo e riciclaggio. Quando tutto questo è fatto al meglio, l’incenerimento ha un valore: “Gli investimenti nella termovalorizzazione, laddove rispondono alle condizioni sopra descritte, contribuiscono a prevenire forme di gestione più inquinanti. Al contempo, le emissioni evitate del metano prodotto dalle discariche e il recupero delle ceneri consentono di fornire un contributo all’obiettivo di mitigazione del cambiamento climatico”.
Le parole del Commissario Sinkevičius
A sostengo della tesi, REF ricorda che il ruolo della termovalorizzazione come “tecnologia di transizione per accompagnare il comparto verso l’economia circolare” è stato riconosciuto anche dal Commissario europeo all’Ambiente Virginijus Sinkevičius. Rispondendo ad una interrogazione (Risposta del 24.03.2020 all’interrogazione P-000568/2020) del 30.01.2020 “ha ribadito la centralità dell’incenerimento con recupero di energia nel raggiungimento degli obiettivi di riciclo e di riduzione del conferimento in discarica, specificando che in linea teorica la quota di incenerimento potrà coprire fino al 35% del totale della gestione dei rifiuti, coerentemente con il principio della gerarchia dei rifiuti”.
Secondo REF, dunque, la termovalorizzazione dei rifiuti non riciclabili “è parte del disegno complessivo di una gestione sostenibile dei rifiuti promosso dall’Unione Europea”. Un approccio, che ambisce a massimizzare la prevenzione e il riciclo, e che “si fonda sulla consapevolezza che la frazione di rifiuto residuo non riciclabile non potrà essere azzerata”.
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Emissions Trading System
Mentre il Parlamento europeo decide sull’ampliamento del perimetro del meccanismo ETS (Emissions Trading System), e, tra l’altro, sceglierà se includere o meno l’incenerimento dei rifiuti urbani, secondo REF questa inclusione sarebbe “un ostacolo” per il ruolo che la termovalorizzazione può giocare nella transizione verso l’economia circolare: “Qualora tale scenario dovesse realmente concretizzarsi, gli impianti di recupero energetico dei rifiuti non riciclabili verrebbero gravati dagli oneri derivanti dal meccanismo”. Il rischio dell’aggravio di costi della termovalorizzazione sarebbe “riorientare nuovamente alcuni flussi verso lo smaltimento in discarica, al momento esentato dall’EU-ETS: ciò, nonostante, le discariche costituiscano la principale fonte di emissione nel settore dei rifiuti”.
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