Un ottobre particolarmente produttivo, quello che si sta per chiudere, per l’Unione europea. Nelle ultime due settimane del mese sono tanti i provvedimenti e le proposte ambientali che si sono succedute da parte delle istituzione europee. Provvedimenti da esaminare anche alla luce del fatto che, dopo le elezioni previste per il 2024, potrebbero essere gli ultimi, in un certo senso, con una dichiarata sensibilità per principi circolari come la responsabilità estesa del produttore.
Secondo l’UE, infatti, chi produce un determinato impatto ambientale dovrà contribuire a sue spese alla rimozione dei microinquinanti dalle acque di scarico urbane. Chi inquina, sarà finalmente costretto a risponderne anche economicamente assumendosi la responsabilità della produzione e della dispersione nelle acque. La direzione di questi interventi sembra chiara, ma resta auspicabile la decisione sui tempi di applicazione di queste norme, soprattutto in relazione all’immissione di elementi inquinanti che ormai da anni invadono e vengono dispersi in maniera incontrollata.
A sostegno – quantomeno nelle intenzioni – delle nuove politiche europee per la riduzione di inquinanti che vengono dispersi nell’ambiente, è la decisione sul divieto di vendita di glitter utilizzati in moltissimi campi, compresa la cosmesi: dallo scorso 15 ottobre non dovrebbe più essere possibile commercializzarli.
Leggi anche: Microplastiche, l’Ue introduce restrizioni su detergenti e cosmetici
La proposta della Commissione sui pellet
Va in questo senso anche la nuova proposta della Commissione europea per ridurre l’inquinamento da microplastiche, dopo quella di cui abbiamo accennato in precedenza. La Commissione propone un ordine di azioni prioritarie per i produttori e coloro che utilizzano i pellet in plastica: prevenzione delle perdite, contenimento per assicurarsi che il pellet usato non finisca nell’ambiente, e, come estrema opzione, ripulire dopo le perdite. Viene poi introdotto l’obbligo di rispettare le migliori pratiche sulla manipolazione dei pellet in plastica e di ottenere certificati emessi da parti indipendenti, per le imprese medie e grandi (più di 1.000 tonnellate di pellet di plastica all’anno).
Secondo lo studio a corredo della proposta, si “stima che ogni anno vengano perse tra le 52 e le 184mila tonnellate di pellet (dati 2019). Una volta nell’ambiente, i pellet sono quasi impossibili da catturare, sono estremamente mobili e noti per essere mangiati da una serie di organismi e animali, causando danni alla biodiversità e agli ecosistemi e potenzialmente alla salute umana. I pellet possono disintegrarsi in particelle più piccole, il che potrebbe causare danni ancora maggiori a causa del loro numero più elevato e delle dimensioni più piccole. Le perdite di pellet si verificano in ogni fase della catena di approvvigionamento (produttori, convertitori, riciclatori, fornitori di trasporto e stoccaggio, stazioni di pulizia dei serbatoi) principalmente a causa di cattive pratiche di gestione del pellet e sono quindi in gran parte evitabili”.
Le norme sui pesticidi
Sempre nell’ambito delle proposte, dunque non ancora provvedimenti adottati, le deputate e i deputati della Commissione Ambiente del Parlamento europeo hanno chiesto una riduzione drastica sull’uso di pesticidi chimici. Più precisamente hanno stabilito che entro il 2030 l’UE dovrà ridurre l’uso e il rischio dei prodotti fitosanitari chimici almeno del 50% e l’uso dei cosiddetti “prodotti più pericolosi” entro il 2030.
È stato poi chiesto che ogni Stato membro adotti obiettivi e strategie nazionali, basati sulle sostanze vendute ogni anno, sul livello di pericolo e sulla dimensione della propria area agricola. Dovrà essere poi la Commissione a verificare se gli obiettivi nazionali debbano essere più ambiziosi per raggiungere gli obiettivi UE 2030. Al fine di massimizzare l’impatto delle strategie nazionali, gli Stati membri dovrano anche disporre di norme specifiche per almeno quelle cinque colture in cui una riduzione dell’uso di pesticidi chimici avrebbe l’impatto maggiore.
Le deputate e i deputati vogliono inoltre vietare l’uso di pesticidi chimici (ad eccezione di quelli autorizzati per l’agricoltura biologica e il controllo biologico) nelle aree sensibili e all’interno di una zona cuscinetto di cinque metri, come tutti gli spazi verdi urbani compresi parchi, campi da gioco, aree ricreative, percorsi pubblici, nonché le aree Natura 2000.
Infine entro dicembre 2025 la Commissione dovrà esaminare le differenze nell’uso dei pesticidi sui prodotti agricoli e agroalimentari importati rispetto ai prodotti dell’UE e, se necessario, proporre misure per garantire che le importazioni soddisfino gli standard equivalenti dell’UE o, in alternativa, vietare l’esportazione di pesticidi non approvati nell’UE.
Leggi anche: Pesticidi nelle acque, rapporto dell’Ispra rivela “un’ampia diffusione” in Italia
Gli obbligi ondivaghi sulla raccolta delle acque di scarico
Per quel che riguarda invece gli obblighi di raccolta sulle acque di scarico Consiglio, Europarlamento e Commissione, se pur d’accordo sul principio del “chi inquina paga”, differenziano i tempi di applicazione della norma e delle sanzioni. Secondo il Consiglio la norma deve essere applicata entro il 2035, ma gli Stati fanno piccole barricate e prendono più tempo arrivando fino al 2045. Anche se non ci sono informazioni dirette, è assolutamente prevedibile una levata di scudi, a tutela delle proprie attività e in ragione dei minori costi, delle aziende coinvolte.
Alcune differenze sono riportate nel testo adottato dal Consiglio. L’obbligo di raccolta delle acque di scarico urbane a partire dal 2035, è previsto per centri abitati con almeno 1.250 abitanti. Dalla stessa data va inoltre imposto anche il trattamento secondario: quello che concerne rifiuti organici. La situazione attuale prevede standard comuni, sia di scarico che di depurazione e si applicano a nuclei urbani da 2.000 abitanti.
La Commissione propone invece che le nuove regole si applichino ai centri da 1.000 abitanti dal 2031 e l’Europarlamento ad agglomerati da 750 abitanti dal 2032. Dal 2045 – e solo per grandi centri urbani che superano le 150mila persone – è invece imposto il trattamento di terzo livello per tutelare le acque dall’eutrofizzazione, il processo degenerativo indotto da eccessivi apporti di sostanze ad effetto fertilizzante. Parliamo della rimozione di fosforo e azoto che, oltre ai centri molto grandi, dovrebbe essere allargata anche a quelli più piccoli dove già è presente un uso eccessivo di questo genere di fertilizzanti.
Ultimo step, che diventa vincolante dal 2045 per i centri urbani con oltre 250mila abitanti, è il trattamento delle acque di quarto livello: quello dedicato ai microinquinanti. Il risarcimento del danno in questo caso è proporzionato al numero di persone coinvolte e quindi maggiormente oneroso per le industrie coinvolte. E anche se la questione appare di prioritaria importanza, il termine è stato comunque portato al 2045 assieme all’obbligatorietà nell’utilizzo di energie rinnovabili per gli impianti di depurazione.
© Riproduzione riservata