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lunedì, Novembre 11, 2024

Pesticidi nelle acque, rapporto dell’Ispra rivela “un’ampia diffusione” in Italia

Nelle acque superficiali italiane sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei punti di monitoraggio; in quelle sotterranee nel 23,3%. I risultati dell’ultimo “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” di Ispra relativo al biennio 2019-2020, con uno sguardo a quello che succede negli altri Paesi europei

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Redazione EconomiaCircolare.com

La presenza di pesticidi nell’ambiente può rappresentare un rischio, non solo per gli ecosistemi, ma anche per la salute umana: alcune sostanze chimiche pericolose possono essere infatti assimilate attraverso gli alimenti e l’acqua, o tramite le vie respiratorie e la pelle. L’ultimo “Rapporto nazionale pesticidi nelle acque” dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) relativo al biennio 2019-2020 delinea un quadro difficile per le acque dolci italiane: come esplicitato nel report, si registra infatti “un’ampia diffusione della presenza di pesticidi” nelle acque superficiali e in quelle sotterranee del nostro Paese.

Le indagini dell’Ispra nel 2020 hanno riguardato 4.388 punti di campionamento e 13.644 campioni. Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2.551 punti. Sono state trovate inoltre 183 sostanze diverse, rappresentate per la maggior parte da erbicidi. Le concentrazioni misurate sono in genere frazioni di µg/L (parti per miliardo), ma come vedremo gli effetti nocivi delle sostanze si possono manifestare anche a concentrazioni molto basse. Facciamo un passo indietro.

Cosa sono i pesticidi?

Come si legge sul sito dell’European Food Safety Authority, il termine “pesticidi” è comunemente usato come sinonimo di prodotti fitosanitari: questi ultimi vengono utilizzati principalmente per mantenere in buona salute le colture e impedire loro di essere distrutte da malattie e infestazioni, e comprendono erbicidi, fungicidi, insetticidi, acaricidi, fitoregolatori e repellenti.

Il termine “pesticidi” è però un termine più ampio che comprende anche prodotti come i biocidi, che non sono destinati all’uso su piante, ma servono a debellare organismi nocivi e portatori di malattie come insetti, ratti e topi. Spesso i due tipi di prodotti, fitosanitari e biocidi, utilizzano gli stessi principi attivi.

Secondo i dati Istat relativi al 2020, in agricoltura in Italia si utilizzano circa 122.000 tonnellate all’anno di prodotti fitosanitari, che contengono circa 400 sostanze diverse. Per i biocidi invece non si hanno informazioni su quantità, scenari d’uso e distribuzione geografica.

Il monitoraggio da Nord a Sud

Il rapporto Ispra recentemente pubblicato presenta informazioni relative alla presenza di residui dei prodotti fitosanitari nelle acque superficiali e sotterranee del nostro Paese in termini di frequenza di ritrovamento, livelli di concentrazione, diffusione territoriale, contaminazione e analisi delle tendenze temporali.

Nel biennio 2019-2020 sono stati analizzati 31.275 campioni, e cercate 406 sostanze.

Se da una parte negli anni è migliorata l’efficacia del monitoraggio, resta però un divario tra le regioni del Nord e quelle del Centro-Sud, dove le indagini sarebbero da considerarsi “meno rappresentative”, sia in termini di rete che di sostanze controllate.

Dunque il dato che vede nel Nord Italia una presenza di pesticidi più elevata di quella media nazionale, arrivando a interessare il 67% dei punti delle acque superficiali e il 34% delle acque sotterranee va contestualizzato in questa disomogeneità dei monitoraggi: basti pensare che i risultati non includono i dati della regione Calabria e, solo per le acque sotterranee, i dati della Puglia, poiché non disponibili.

Non è quindi utile fare una comparazione tra le diverse regioni italiane: per altro, alcune delle sostanze rilevate con maggiore frequenza (come glifosate, AMPA) non vengono ancora ricercate in diverse aree del nostro Paese. Anche il numero delle sostanze cercate dalle regioni è variabile: si passa da poche decine a circa 250 e, inoltre, in alcune regioni le sostanze cercate non includono tutte quelle rappresentative delle coltivazioni agrarie (l’accesso alle mappe è possibile dal Portale pesticidi di Ispra).

Livello contaminazione acque superficiali, Italia, 2020 – Fonte: Portale Pesticidi, Ispra

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Prodotti fitosanitari: quanti ne vendiamo in Italia?

In Italia le vendite di prodotti fitosanitari nel 2020 sono state pari a 121.550 tonnellate (56.557 tonnellate i principi attivi), un lieve incremento rispetto all’anno precedente.

Secondo quanto riportato dal report, dal 2011 al 2020 si è verificata comunque una sensibile diminuzione delle quantità messe in commercio: “indice – secondo l’Ispra – di un più cauto impiego delle sostanze chimiche in agricoltura, dell’adozione di tecniche di difesa fitosanitaria a minore impatto e dell’aumento dell’agricoltura biologica”. I prodotti fitosanitari sono passati da 142.425 a 121.550 tonnellate, con un decremento del 15% e i principi attivi hanno subito un calo da 70.690 a 56.557 tonnellate, con un decremento del 20%.

Buone notizie anche per quel che riguarda la vendita di prodotti più pericolosi, per cui si registra una diminuzione: nel 2020 i prodotti “molto tossici e tossici” rappresentano il 3% del totale, i “nocivi” il 25% e i “non classificabili” il restante 72%.

In generale, nel periodo 2011-2020 diminuisce sensibilmente la quantità di prodotti “molto tossici” e “tossici” fino a raggiungere il 45,6% del suo valore iniziale. Si assiste ad una diminuzione, anche se meno significativa, della quantità dei “prodotti nocivi” e di quelli “non classificabili” (rispettivamente l’84,2% e l’89% delle quantità relativa al 2011).

“Questo andamento – scrivono sul report – è favorito dagli orientamenti della politica agricola comunitaria e nazionale e dagli incentivi economici concessi in ambito comunitario ai fini dell’adozione di tecniche agricole a basso impatto e della valorizzazione delle produzioni agricole e di qualità”. Nel report non si fa però menzione degli effetti che la pandemia ha potuto avere sugli esiti di vendita di questi prodotti, almeno per quel che riguarda il 2020.

Il monitoraggio

Il numero di sostanze monitorate a livello nazionale è di 406 e comprende sia quelle attualmente in commercio che quelle non più utilizzate ma che possono purtroppo permanere nell’ambiente. “Il monitoraggio – spiega l’Ispra – ancora non copre l’intero spettro di sostanze potenzialmente presenti nelle acque”.

Vi sono poi diverse sostanze classificate come “pericolose” per l’uomo e per l’ambiente, secondo il regolamento CLP – entrato in vigore nel 2009, ha sostituito progressivamente la Direttiva sulla classificazione ed etichettatura delle sostanze pericolose e la Direttiva sui preparati pericolosi – che attualmente non sono cercate ma che andrebbero invece incluse, secondo l’Ispra, nei piani di monitoraggio: tra queste ci sono anche sostanze commercializzate in elevati volumi (maggiori cioè di 1000 tonnellate per anno), come mancozeb, metam-sodio, ossicloruri di rame e zolfo.

La frequenza di pesticidi nei punti di monitoraggio e nei campioni ha visto un aumento complessivo nel periodo che val dal 2011 al 2020, aumento che va di pari passo con l’estensione della rete e con il numero di sostanze cercate. L’incremento è più evidente nelle acque superficiali dove, nel 2020, la frequenza di ritrovamenti nei campioni raggiunge il valore massimo del 57,2%.

Le concentrazioni misurate nell’indagine sono confrontate con i limiti stabiliti a livello europeo e nazionale: gli Standard di Qualità Ambientale (SQA) per le acque superficiali e le norme di qualità ambientale per la protezione delle acque sotterranee. Nelle acque superficiali, la frequenza del superamento degli SQA ha visto un aumento regolare, raggiungendo il valore massimo nel 2020, con il 30,5%.

pesticidi acque SQA
Frequenze di superamento degli SQA nei punti di monitoraggio – Grafica e dati Ispra

Risultati delle indagini: presenza di pesticidi nelle acque

I dati relativi al 2020 rilevano nelle acque superficiali presenza di pesticidi in 1.012 punti di monitoraggio (55,1% del totale) e in 4.171 campioni (44,0% del totale). Nelle acque sotterranee i pesticidi sono presenti in 595 punti di monitoraggio (23,3% del totale) e 810 campioni (19,4% del totale)

Rispetto al 2019 si osserva un incremento dei ritrovamenti. Le sostanze cercate complessivamente sono 406: 398 nelle acque superficiali, 380 in quelle sotterranee. Le sostanze trovate sono in totale 183, di cui 162 nelle acque superficiali e 102 in quelle sotterranee. Diminuisce sia la ricerca sia il numero delle sostanze trovate, rispetto all’anno precedente.

Erbicidi

Gli erbicidi – categoria che comprende diserbanti e fitoregolatori – sono la categoria di sostanze maggiormente riscontrata. Insieme ai loro metaboliti costituiscono il 43% delle misure positive nelle acque superficiali e il 50% nelle sotterranee.

La forte presenza di erbicidi – spiegano nel report –  è legata alle quantità utilizzate e all’impiego diretto sul suolo, spesso concomitante con le precipitazioni meteoriche più intense di inizio primavera, che ne determinano un trasporto più rapido nei corpi idrici superficiali e sotterranei”.

Vi è poi una buona presenza di fungicidi e, a seguire, di insetticidi – che comprende insetticidi, acaricidi, molluschicidi e nematocidi – , le cui percentuali sono cresciute negli anni principalmente, spiegano nel report, per via del maggior numero di sostanze cercate, oltre che per una maggiore efficacia del monitoraggio.

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Rischi per la saluta umana e per l’ambiente

La presenza di una contaminazione ambientale, lo dicevamo, può costituire una sorgente di esposizione indiretta per la popolazione. Il rischio delle sostanze pericolose viene valutato attraverso un confronto tra la concentrazione a cui vengono esposti essere umani e ambiente e a quella che può effettivamente generare un pericolo. I rischi per la salute dell’uomo possono quindi manifestarsi sia con l’esposizione diretta ai pesticidi, come per gli operatori agricoli ma anche in conseguenza ai trattamenti effettuati a ridosso di aree frequentate dalla popolazione, e sia, in maniera indiretta, attraverso la contaminazione ambientale.

La Direttiva Quadro Acque (DQA) indentifica come “sostanze prioritarie”, quelle che presentano un rischio significativo per l’ambiente acquatico e per l’uomo attraverso il consumo di acqua. Le “sostanze pericolose prioritarie” sono un sottoinsieme delle prime identificate come sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze con un livello di preoccupazione equivalente. La Direttiva prevede l’attuazione di misure necessarie per ridurre progressivamente l’inquinamento causato dalle sostanze prioritarie ed eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite di quelle pericolose prioritarie.

Il fatto significativo però è che alcune di queste sostanze sono fuori commercio da lungo tempo, come il DDT che lo è fin dagli anni Settanta, ma ancora oggi è possibile trovare traccia di questo insetticida nelle acque.

Evoluzione della contaminazione

Anche in basse concentrazioni, alcune sostanze chimiche possono portare ad un rischio significativo: questo perché possono interagire e interferire tra loro, influenzando la tossicità finale di una miscela.

Inoltre, quando parliamo di acque sotterranee dobbiamo considerare che in Italia il 15% di queste acque è per uso potabile, il 65% viene utilizzato in agricoltura e il restante nell’industria. Ma quali sono i fattori che influiscono sull’inquinamento? Secondo il rapporto possono includere “l’assetto geologico, geomorfologico e idrogeologico del territorio, dalle precipitazioni, dai processi di degradazione che subiscono le sostanze”. Dipende poi dal percorso delle acque sotterrane e dalle interazioni dei vari acquiferi tra loro, la conseguenza è che la contaminazione può verificarsi anche in zone molto distanti da quelle in cui le sostanze sono state utilizzate, e anche a distanza di anni dall’uso.

Inoltre, le dinamiche idrologiche, soprattutto quelle relative alle acque sotterranee, fanno notare nel report, sono lente e necessiterebbero di una programmazione a lungo termine per avere un reale impatto. Tuttavia al momento in Italia non c’è ancora un quadro nazionale completo della presenza di pesticidi nelle acque a causa delle disomogeneità del monitoraggio di cui abbiamo parlato e dell’assenza dai protocolli regionali delle sostanze immesse sul mercato negli ultimi anni.

“Siamo ancora – fanno sapere dal report – in una fase transitoria in cui l’entità e la diffusione dell’inquinamento non sono sufficientemente noti, tenendo conto, ovviamente, che il fenomeno è sempre in evoluzione per l’immissione sul mercato di nuove sostanze”.

“Un fattore finora non sufficientemente considerato – concludono – è, inoltre, la reale persistenza di certe sostanze, che insieme alle dinamiche idrologiche molto lente dà origine ad un effetto di accumulo delle sostanze chimiche, rendendo l’inquinamento ambientale difficilmente reversibile”.

Cosa succede in Europa?

Nonostante, a causa della disomogeneità della quantità di dati e di molteplici altri fattori, sia complesso fare una comparazione tra diverse aree, è interessante osservare quello che succede in Europa.

Lo scorso dicembre un nuovo indicatore dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), finalizzato a monitorare i progressi dell’Europa nella riduzione dei pesticidi nelle acque, ha infatti mostrato che alti livelli di pesticidi sono stati registrati in una parte considerevole delle acque dolci europee, quindi fiumi, laghi e acque sotterranee. I dati, raccolti dai Paesi membri dell’AEA in tutta Europa, mostrano che nel 2019 i livelli di pesticidi superiori alle soglie sono stati misurati in un quarto di tutti i punti di monitoraggio segnalati nelle acque superficiali europee. Dal 2013 al 2019, questa percentuale è variata tra il 13% e il 30%: i superamenti sono stati causati principalmente dagli insetticidi imidacloprid e malathion nelle acque superficiali e dagli erbicidi MCPA, metolaclor e metazachlor.

La percentuale di acque sotterranee con superamenti è stata invece notevolmente inferiore, tra il 3% e il 7%, principalmente a causa di atrazina e dai suoi metaboliti.

pesticidi acque Eu
Percentuale di punti di monitoraggio segnalati con pesticidi che superano le soglie nelle acque superficiali, nei fiumi di diverse dimensioni, nei laghi e nelle acque sotterranee nei paesi europei, 2013 – 2019. Dati e grafica AEA

I punti di monitoraggio che, dal 2013 al 2019, hanno segnalato la presenza sono stati in totale 9.319 per le acque superficiali e 13.544 per le acque sotterranee. Il numero di punti di monitoraggio che riportano dati per le acque superficiali varia dia meno di 10 siti di Ungheria, Islanda, Lussemburgo e Svizzera ai più di 1.000 di Francia, Italia, Polonia e Spagna.

In questo senso, vi è un grande divario anche per le acque sotterranee e qui l’Italia si posiziona bene con 3mila punti di monitoraggio, sopra ai 1000 di in Austria, Francia, Germania e Spagna e, ad esempio, ai 39 della Lituania.

Il numero di pesticidi segnalati nelle acque superficiali varia da meno di 10 sostanze (Danimarca, Ungheria, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Svizzera) a più di 100 sostanze (Cechia, Francia, Germania, Italia). Per quanto riguarda le acque sotterranee, il numero più basso di pesticidi è stato riportato dall’Austria e il più alto dalla Francia.

Percentuali di superamento superiori al 30% sono stati riportati in 13 Paesi su 29 per le acque superficiali e in un Paese su 22 per le acque sotterranee. Per le acque superficiali, i punti di monitoraggio che hanno registrato più criticità sono fiumi di piccole e medie dimensioni.

Leggi anche: Acque sotterranee, nel rapporto delle Nazioni Unite l’allarme per la tutela della risorsa invisibile

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