Se è vero che la criminalità è sempre al passo coi tempi ciò è ancor più vero in campo ambientale. Di fronte alle violazioni del codice penale che vanno aggiornandosi, lo stesso deve fare anche la disciplina delle sanzioni che punisce questi reati.
A ciò si adegua anche l’Unione europea, attraverso la revisione della direttiva, ferma al 2008, che disciplinava la protezione dell’ambiente nell’Ue attraverso il diritto penale, con l’obiettivo di contrastare il numero crescente di reati ambientali. Dopo la recente approvazione del testo da parte del Parlamento europeo, a breve il testo sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue. Gli Stati membri avranno poi due anni per recepire le norme nel diritto nazionale.
A seguito della votazione in plenaria, il relatore per il Parlamento europeo Antonius Manders (PPE, NL) ha dichiarato che “è giunto il momento che la lotta alla criminalità transfrontaliera assuma una dimensione europea, con sanzioni armonizzate e dissuasive che impediscano nuovi reati ambientali. Con questo accordo, chi inquina paga. Ma non solo: è anche un enorme passo avanti nella giusta direzione. Qualsiasi dirigente d’impresa responsabile di provocare inquinamento, infatti, potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell’impresa. Con l’introduzione del dovere di diligenza, poi, non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi”.
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La pericolosità della criminalità ambientale
Come ricorda il Parlamento europeo, “la criminalità ambientale è la quarta attività criminale al mondo e una delle principali fonti di reddito per la criminalità organizzata insieme al traffico di droga e armi e alla tratta di esseri umani”. A tal proposito è utile consultare il testo della revisione della direttiva n°99 del 2008, proposta dalla Commissione europea nel dicembre 2021.
“Sebbene non esista una definizione universalmente accettata di crimine ambientale – si legge nel testo – il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) e l’Interpol convengono che essa”comprende le attività illecite dannose per l’ambiente e volte a trarre vantaggio da individui, gruppi o imprese dallo sfruttamento, dal danneggiamento, dal commercio o dal furto di risorse naturali, compresi i reati gravi e la criminalità organizzata transnazionale. Europol e EnviCrimeNet suggeriscono che qualsiasi azione illegale con un impatto negativo e dannoso sull’ambiente può essere definita un crimine ambientale, compresi eventuali reati che coinvolgono specie in via di estinzione”. Dal documento della Commissione si apprende che i primi sforzi europei per proteggere la natura e la fauna selvatica risalgono agli anni ‘60, mentre i primi programmi comunitari di azione per l’ambiente fanno la propria comparsa agli inizi degli anni Duemila.
La proposta della Commissione europea è poi “accompagnata da una valutazione d’impatto dettagliata (IA) che ha individuato e valutato le opzioni politiche per i seguenti elementi chiave: l’ambito di applicazione della direttiva; definizioni di reato ambientale; livelli di sanzioni; cooperazione transfrontaliera; la consapevolezza dei politici e degli operatori sulla natura e la portata della criminalità ambientale; e inefficacia della catena di applicazione. Per quanto riguarda i costi delle misure politiche prescelte, la proposta afferma che le implicazioni di bilancio della proposta sono trascurabili sia per gli Stati membri che per la Commissione. Le misure politiche proposte porterebbero alla cooperazione giudiziaria tra le autorità competenti e migliorerebbero l’efficacia delle indagini, dei procedimenti penali e delle sanzioni. Ciò si traduce di fatto in una riduzione della criminalità ambientale, con un impatto positivo sulla salute, sull’economia e sulla biodiversità, nonché sui diritti fondamentali, attraverso il miglioramento della tutela dell’ambiente, della dignità, della salute e del benessere”.
Con l’approvazione della direttiva, infine, le deputate e i deputati del Parlamento europeo hanno accolto in parte le proposte avanzate dalle cittadine e dai cittadini nelle conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa.
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I nuovi reati e le nuove sanzioni
Tra i nuovi reati figurano il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche, le gravi violazioni della legislazione dell’UE in materia di sostanze chimiche e l’inquinamento provocato dalle navi. Le deputati e i deputati hanno voluto inserire nel testo anche i cosiddetti “reati qualificati”, vale a dire quelli che portano alla distruzione di un ecosistema e sono quindi paragonabili all’ecocidio (ad esempio gli incendi boschivi su vasta scala o l’inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo).
I reati ambientali commessi da persone fisiche e rappresentanti d’impresa saranno punibili con la reclusione, a seconda della durata, della gravità o della reversibilità del danno. Per i cosiddetti reati qualificati, il massimo è di 8 anni di reclusione, per quelli che causano la morte di una persona 10 anni e per tutti gli altri 5 anni.
Tutti i trasgressori saranno tenuti a risarcire il danno causato e ripristinare l’ambiente danneggiato, oltre a possibili sanzioni pecuniarie. Per le imprese l’importo dipenderà dalla natura del reato: potrà essere pari al 3 o 5% del fatturato annuo mondiale o, in alternativa, a 24 o 40 milioni di euro. Gli Stati membri potranno decidere se perseguire i reati commessi al di fuori del loro territorio.
Le deputate e i deputati del Parlamento hanno insistito con successo durante i negoziati sull’introduzione di sostegno e assistenza nel contesto dei procedimenti penali per gli informatori (whitleblower) che denunciano reati ambientali. Inoltre hanno introdotto l’obbligo per gli Stati membri di organizzare corsi di formazione specializzati per forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri, redigere strategie nazionali e organizzare campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale. I dati sui reati ambientali raccolti dai governi dell’UE dovrebbero inoltre consentire di affrontare meglio la questione e aiutare la Commissione ad aggiornarne regolarmente l’elenco.
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