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venerdì, Ottobre 4, 2024

Esserci dopo le sirene: intervista all’Osservatorio Bagnoli

La trasformazione urbana di Bagnoli, uno dei siti simbolo della contaminazione in Italia, può diventare un'occasione di rigenerazione? Secondo Dario solo se c'è un reale monitoraggio da parte delle popolazione. "Oggi il nostro impegno e la nostra azione sono volte al rispetto delle clausole sociali"

Sofia Zampicinini
Sofia Zampicinini
Arpista professionista laureata al conservatorio di Novara con una grande passione per le tematiche ambientali e di salvaguardia degli ecosistemi. Nel 2021 si è laureata in Scienze e politiche ambientali all’Università statale di Milano e nel 2024 in Politiche per la sicurezza globale: ambiente, energia e sicurezza internazionale presso l’Università di Roma Tre. Si interessa di agricoltura sostenibile, in particolare della protezione dell’agrobiodiversità

Essere sintetici quando si parla di Bagnoli è quasi impossibile. Dario lo sa. Per questo quando annuncia di essere breve in realtà si appresta a inaugurare un resoconto ampio e importante su questa storia. Dario Oropallo nel quartiere di Bagnoli è cresciuto e ci è rimasto, con tutti i compromessi che questa scelta comporta, soprattutto sul fronte lavorativo. Oggi è una delle figure trainanti dell’Osservatorio di Bagnoli, e da anni si batte per la riconquista e la riqualifica dell’ex sito industriale.

L’Osservatorio Popolare – il nome intero è “Osservatorio Popolare sul Risanamento Ambientale e Riqualificazione Urbanistica del Sito di Interesse nazionale di Bagnoli-Coroglio” – è il luogo dove i cittadini dell’area di Bagnoli, dell’area flegrea e della città di Napoli, oltre che le associazioni attive sul territorio, hanno la possibilità di partecipare e controllare in modo diretto il processo di trasformazione urbana attuato da Invitalia. L’obiettivo di questo strumento è quello di coinvolgere la comunità in un processo di partecipazione attiva, che garantisca un controllo sul  processo di riconversione urbana che vada  incontro alle necessità e al volere dei cittadini. Ma per capire davvero il ruolo dell’Osservatorio e il ruolo degli attivisti, Dario parte da una breve storia del sito.

“La città nella città”

“Il 1910 è infatti l’anno in cui lo stabilimento siderurgico prende vita e inizia la produzione, plasmando il nuovo volto del quartiere. La società fondatrice si chiamava ILVA e deve il suo nome al modo latino di indicare l’isola d’Elba; questo era luogo di origine del ferro che sarebbe stato fornito in esclusiva alla società che avrebbe fondato lo stabilimento siderurgico sulle coste napoletane. Il sito di Bagnoli viene scelto per l’ampiezza territoriale che permette di fondare uno degli stabilimenti siderurigici italiani più importanti del Novecento”. Il dopoguerra e il boom economico permettono al sito di espandersi e di arrivare a occupare circa 200 ettari. Dario definisce l’ILVA di Bagnoli “la città nella città”.

Il nuovo abitante del quartiere diventa luogo di lavoro e di vita che occupa tutto lo spazio necessario per portare le sue luci e le sue ombre tra le vie del quartiere e delle zone limitrofe. Il confine tra le due realtà è labile, quasi inesistente. “Il legame che si crea tra fabbrica, lavoratori e città rende Bagnoli un quartiere  sperimentale. La fabbrica dettava la vita del quartiere e il quartiere viveva di un legame profondo con i ritmi della fabbrica”, continua a raccontare Dario.

Le luci delle case si accendono dopo che le sirene sanciscono la fine della giornata di lavoro e i primi suoni dell’alba si sintonizzano con quelli dei  rumorosi macchinari. Il legame intenso tra il dentro e il fuori dei cancelli dell’Ilva diventa talmente forte che con la fine del boom economico e l’affermazione dei movimenti operai all’interno della fabbrica portano la società alla decisione di delocalizzare il suo sito produttivo e crearne uno nuovo agli inizi degli anni Ottanta.

Dario spiega come questo nuovo sviluppo verso sud, a Taranto, sia spinto da due dinamiche. “La prima è la necessità di un’espansione territoriale al fine di far crescere l’azienda e l’influenza di questa sul territorio italiano, con l’aiuto di fondi statali la seconda riguarda la necessità di creare un sito che non fosse limitrofo e strettamente legato alla città ma che rimanesse alieno alla vita della popolazione urbana: una città del ferro speculare alla città reale”, la definisce Dario.

Gli anni Novanta per Bagnoli vogliono dire la fine del sito siderurgico. Ma nel decennio successivo c’è chi parla di ripartenza, di una nuova vita per l’area dell’acciaieria. Cosa pensano in quegli anni i cittadini di Bagnoli? “Sono stati anni impregnati di speranza e fiducia, anche grazie all’abbattimento di una parte del polo industriale da parte della società Bagnoli S.p.a, intorno agli anni 2000. L’azienda smantella parte dell’area e lascia in piedi le strutture fantasma che dominano ancora oggi il lungomare. Dopo sei anni di lavori, però, solo il 30% delle bonifiche dell’area è completata, mentre si anima sempre di più il dibattito sulla bonifica”.

Quando chiude una fabbrica

Dario nasce a Bagnoli proprio negli anni della chiusura della fabbrica. “La speranza di mia madre – dice – era di potermi portare a sgambettare con gli altri bambini nei prati circostanti al sito, così da poter avere finalmente un ampio parco per giocare e correre. All’epoca si credeva in una riappropriazione dell’area da parte delle famiglie bagnolesi”.

Ma oggi l’area non è ancora accessibile: si presenta recintata da cancelli, grate e reti come se ci vivessero i fantasmi di una Bagnoli antica e produttiva, quasi intoccabile. Le sensazioni che raggiungono l’osservatore, dietro i cancelli arrugginiti che la delimitano, è di impotenza e di ingiustizia. Il centro siderurgico, ora dismesso, toglie alla popolazione la possibilità di poter avere un luogo di incontro che si affacci sul mare e sul nuovo futuro: una valorizzazione che potrebbe aiutare la ripresa e la riappropriazione di un pezzo di costa incastonato in un paesaggio accogliente.

Ci si avvicina con un atteggiamento di timore perché l’abbandono di innumerevoli ettari di terra fa respirare una intensa desolazione. Le strutture fantasma della fabbrica aumentano il senso di angoscia e impotenza. Ma nasce anche un desiderio di rivalsa. Questa sensazione arriva anche dalla passione emersa dal racconto di Dario, che condivide i suoi pensieri e le sue speranze, raccontando delle lotte e della disillusione che oggi contraddistingue il sentire popolare di quest’area, almeno di quella più anziana. L’Osservatorio e l’impegno per il miglioramento delle condizioni sociali, politiche ed economiche del quartiere è trainato da giovani, tra i 20 e i 30 anni, che hanno a cuore il destino di Bagnoli e di chi lo ha scelto per costruirci la propria vita.

Tuttavia, la motivazione dei ragazzi e dei cittadini si mischia a momenti di sconforto dovuti all’iter travagliato che Bagnoli ha vissuto negli ultimi trent’anni. Dario ci racconta: “La società Bagnoli Futura che dal 2002 al 2014, anno del suo fallimento, ha gestito il progetto di riconversione e bonifica dell’area. Questo prevedeva la realizzazione di un parco dello sport, di una spiaggia e di strutture ricettive turistiche. I primi problemi emergono fin da subito, con ritardi, ricorsi e blocchi dei fondi, fino al 2011, quando partirono i primi sequestri per mancata bonifica.” Nel 2013 la procura di Napoli indaga su più di venti soggetti tra enti locali e  dirigenti di Bagnoli Futura, da cui emerge il mancato rispetto degli accordi e dei risultati.

“La società fallisce, bruciando di fatto 300 milioni di euro. Nel  2020 la Corte dei Conti ha riportato che sono stati spesi 900 milioni di euro in 30 anni  per preparare la riqualificazione dell’area senza di fatto essere mai stata attuata”.Da qui il ruolo chiave dell’Osservatorio impegnato quotidianamente a monitorare i nuovi investimenti su Bagnoli, ma soprattutto con il compito di amplificare le voci dei cittadini durante i tavoli politici.

Un monitoraggio che è “presenza e azione”

“La mission dell’Osservatorio è il monitoraggio popolare, che non è controllo ma partecipazione costante e definizione di tutela del territorio, anche nell’attività di monitoraggio delle decisioni politiche. L’osservatorio rappresenta quindi quel fiato sul collo delle istituzioni, attraverso un monitoraggio che è presenza e azione. Oggi l’azione e l’impegno dell’Osservatorio sono volte al rispetto delle cosiddette clausole sociali, che prevedano un riconoscimento del danno economico e sociale apportato al quartiere e un conseguente  e risarcimento sotto forma di nuovi impieghi” ci spiega Dario.

“L’idea prevede la creazione di posti di lavoro già dalle prime fasi della nuova bonifica, per poi accompagnare anche l’iter successivo. Queste clausole rappresentano la condizione sine qua non dell’attuale sentire popolare bagnolese. È tra le battaglie più difficili che l’osservatorio sta affrontando” racconta Dario con un tono di preoccupazione, perché  la condizione di svantaggio di alcuni territori non è riconosciuta né a livello costituzionale, né a livello comunitario, quindi si allontanano le possibilità di un risarcimento per il mancato benessere e sviluppo territoriale.

“Oggi le incognite principali sulla riqualificazione dell’area sono le bonifiche a terra, bonifiche a mare, la gestione futura dell’area e una serie di questioni legate alle bonifiche stesse come il destino del lido, il modo di collegare questa nuova area al resto della città e come gestirla. Senza una chiara visione politica, con un programma e una traccia che rimangano nel tempo, si rischia di non arrivare agli obiettivi prefissati.”

In un senso più ampio l’osservatorio vuole fare in modo che la nuova città nella città, promessa dai numerosi progetti di sviluppo e bonifica, sia ben collegata e fruibile dai cittadini. Un nuovo luogo di socialità e centralità che diventi un centro di convivialità cittadina e non una cattedrale nel deserto, lontana e distante.

In questo impegno continuo l’Osservatorio è riconosciuto come interlocutore consultivo e obbligatorio dalle figure del commissariamento in un continuo lavoro di collaborazione. Società territoriale, ripristino della balneabilità lungo la costa e una migliore qualità della vita. Così si compone la visione di chi come Dario immagina Bagnoli tra cinque, dieci anni. E insieme alla salute, questo gruppo lavora per esercitare il diritto di immaginare un futuro per Bagnoli.

Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del workshop conclusivo del “Corso di giornalismo d’inchiesta ambientale” organizzato da A Sud, CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali ed EconomiaCircolare.com, in collaborazione con IRPI MEDIA, Fandango e Centro di Giornalismo Permanente

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