L’industria del tessile e della moda deve aprirsi alla sostenibilità, le esigenze ambientali si coniugano spesso con quelle del mercato e possono rappresentare un volano per la nostra economia. Un forte segnale arriva dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy (Mimit): insieme al Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono infatti state definite, tramite il Decreto interministeriale dell’8 agosto 2024, le modalità di attuazione di un intervento che mira a sostenere la realizzazione di investimenti per la transizione ecologica e digitale delle imprese del settore tessile, della moda e degli accessori in Italia.
La misura, cui sono stati destinati 15 milioni di euro, sarà gestita da Invitalia che, per conto del ministero, svolgerà l’istruttoria per l’ammissione alle agevolazioni.
A chi si rivolge il contributo?
In particolare le imprese beneficiare devono:
- operare nel settore del tessile, della moda e degli accessori
- risultare qualificabili come PMI
- essere regolarmente costituite, iscritte al Registro delle imprese della Camera di commercio territorialmente competente e risultare “attive” nel medesimo Registro
- essere in contabilità ordinaria e hanno approvato almeno due bilanci di esercizio;
Le agevolazioni alle imprese beneficiarie, fanno sapere dal Ministero, saranno concesse sotto forma di contributo a fondo perduto, nella misura massima del 50% delle spese ammissibili e nel limite massimo di 60mila euro, per l’acquisizione di prestazioni specialistiche, con riferimento in particolare a:
- attività di formazione del personale dipendente dell’impresa;
- implementazione di una o più tecnologie abilitanti finalizzate a favorire lo sviluppo dei processi aziendali o i prodotti innovativi (cloud computing, big data e analytics, intelligenza artificiale, blockchain, robotica avanzata e collaborativa, manifattura additiva e stampa 3D, Internet of Things, realtà aumentata, soluzioni di manifattura avanzata, piattaforme digitali per condivisione di competenze, sistemi di tracciabilità digitale della filiera produttiva)
- ottenimento di certificazioni di sostenibilità ambientale, tra certificazioni di prodotto e di processo
- servizi di analisi di Life Cycle Assessment (LCA).
Le domande di agevolazione devono essere presentate esclusivamente per via elettronica utilizzando la piattaforma informatica messa a disposizione nell’apposita sezione del sito di Invitalia. I termini per la presentazione delle domande ed ulteriori informazioni saranno individuate con un successivo provvedimento del Mimit.
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La moda in Italia, e le nuove strade percorribili
La misura si inserisce all’interno di un momento complesso per il settore in Italia. Se infatti da una parte a livello globale il mercato della moda è in espansione, con il mercato del fashion che vale oggi 1,94 trilioni di dollari, come evidenziato da Statista Consumer Market Outlook. Dall’altra, secondo i Fashion economic trends diffusi dalla Camera nazionale della moda italiana (Cnmi) e riportati dal Sole 24 Ore, la moda italiana, allargata ai settori collegati come occhialeria e beauty, chiuderà il 2024 a 97,7 miliardi di euro di ricavi, in frenata del 3,5% rispetto al 2023, tornando sotto i 100 miliardi di euro di ricavi in valore.
Il contesto richiede quindi una grande capacità di adattamento da parte delle aziende, e in questo senso la sostenibilità ambientale potrebbe rappresentare l’asso nella manica del sistema.
In un’intervista realizzata da The European House – Ambrosetti, Andrea Crespi, vice presidente di Sistema Moda Italia ha affermato: “Gli interventi più urgenti che la filiera deve mettere in atto al fine di affrontare il tema della sostenibilità è dotarsi di tutti quelli che sono gli strumenti interni e/o esterni per portare avanti il concetto di misurazione: misurare l’impatto, essere in grado di avere tutta una serie di dati così da essere domani pronti e cogenti, non solo a dare un prodotto di qualità, ma anche a fornire quelli che sono i parametri che ci verranno poi richiesti dalle normative europee in tema di digital passport”.
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L(in)sostenibilità della filiera tessile in Italia e in Europa
La misurazione degli impatti di un’azienda è dunque un passo fondamentale, ma anche da parte di consumatori e consumatrici può essere utile prendere le misure a partire da quella che in un sistema economico lineare è il fine vita del prodotto. Secondo i dati diffusi dal Parlamento europeo, i cittadini europei consumano ogni anno quasi 26 kg di prodotti tessili e ne smaltiscono circa 11 kg. Gli indumenti usati possono essere esportati al di fuori dell’UE, ma per lo più vengono inceneriti o portati in discarica (87%).
E in Italia non va meglio: secondo i dati Ispra relativi al 2022, sono 160mila le tonnellate di rifiuti tessili prodotti in Italia (circa 500 milioni di vestiti): 80mila al Nord, 33.500 al Centro e 46.700 al Sud. Per una media di circa 2,7 kg ad abitante.
Risalendo poi il ciclo di vita del prodotto osserviamo come anche l’uso comporti un impatto notevole: un unico carico di bucato di abbigliamento in poliestere può comportare il rilascio di 700.000 fibre di microplastica che possono finire nella catena alimentare. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, gli acquisti di prodotti tessili nell’UE nel 2020 hanno inoltre generato circa 270 kg di emissioni di CO2 per persona.
La produzione tessile ha poi bisogno di utilizzare molta acqua. Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce: nel 2020, il settore tessile è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’uso del suolo.
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