“I trasporti europei sono ancora fortemente dipendenti dai combustibili fossili, ma i veicoli elettrici sono in crescita mentre le politiche verdi dell’UE iniziano a farsi sentire. Alimentare il nostro trasporto con elettricità prodotta in casa significa meno denaro speso per l’importazione di petrolio”. Basterebbe questa breve sintesi per sintetizzare lo “Stato dei trasporti europei” per il 2025, l’annuale report di Transport & Environment (T&E), una delle più apprezzate ong europee che si occupa di mobilità sostenibile.
In realtà nella nuova analisi “State of European Transport”, ricca di grafici e dati, c’è molto di più. T&E fa innanzitutto notare che le emissioni dei trasporti europei “stanno finalmente iniziando a calare”. Una notizia non di poco conto se si considera che dal 1990 per 30 anni i trasporti erano stati invece l’unico settore industriale che aveva continuato ad accrescere il suo impatto climatico. Più precisamente nel 2024 le emissioni dei trasporti europei hanno registrato un calo del 5% rispetto ai livelli del 2019, passando da 1,1 miliardi di tonnellate di CO2 a 1,05 miliardi. Una parte di questa riduzione, secondo Transport & Environment, è dovuta alla crescita del mercato dei veicoli elettrici.

In questi tempi di arretramento ambientale si tratta certamente di una buona notizia. Che però va contestualizzata.
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Le normative UE sui trasporti? Funzionano ma …
Da soli i trasporti sono responsabili di circa il 25% delle emissioni dell’intera Unione Europea. Di questa quota al 2024, secondo i dati di T&E, “auto, camion, furgoni e autobus rappresentano quasi i tre quarti delle emissioni”, mentre “gli aerei e le navi sono responsabili di un quarto”. Ecco perché la decarbonizzazione dell’automotive, e il suo passaggio verso l’elettrico, deve avvenire su strada, soprattutto nell’ambito degli spostamenti privati e della logistica.
Ed è in questo ambito che “l’UE dipende fortemente dalle importazioni di combustibili fossili, che sono ancora le principali fonti di energia per i trasporti”. L’ong che si occupa di mobilità sostenibile assicura che entro la fine del 2025 in Europa “circoleranno 9 milioni di auto elettriche”, con una riduzione di emissioni pari a 20 milioni di tonnellate.

E il merito di questo risultato, scrive ancora T&E, va ai provvedimenti della scorsa Commissione europea: “il Green Deal e le altre normative stanno stimolando l’adozione di tecnologie di trasporto pulite, come i veicoli a zero emissioni. Per ora l’effetto si avverte principalmente delle emissioni del trasporto su strada”. Tuttavia la strada da percorrere resta ancora tanta. All’interno del noto pacchetto di misure Fit for 55 (che punta a ridurre del 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990), è stato ad esempio previsto uno specifico regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi. Come scrive il Consiglio europeo (qui), “obiettivo del regolamento è far sì che auto, camion, navi e aerei dispongano di un’infrastruttura sufficiente per la ricarica o il rifornimento con combustibili alternativi (per esempio idrogeno, metano liquefatto) che copra adeguatamente tutta l’Unione per scongiurare la cosiddetta ansia da autonomia”.
Se è vero che le parole sono importanti, cosa vuol dire combustibili alternativi? Delle criticità sui biocarburanti su EconomiaCircolare.com abbiamo ampiamente parlato. Restano però forti dubbi anche sul fatto che i veicoli alimentati ad idrogeno o a metano liquefatto siano alternativi ai combustibili fossili: nel primo caso perché l’idrogeno attuale è prodotto in gran parte da combustibili fossili, nel secondo caso perché banalmente il metano liquefatto è, al di là della sua origine, comunque un combustibile fossile, specie nei suoi effetti.
Transport & Environment preferisce parlare dell’elettrico come unica vera riconversione green dell’automotive, perlomeno per il trasporto su strada. E ricorda che “l’investimento annuale necessario per raggiungere gli obiettivi del 2030 per quel che riguarda i trasporti” è di 310 miliardi di euro. Una cifra enorme che in tempi di corsa al riarmo appaiono pura utopia.
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Quel che serve ai trasporti per passare all’elettrico
“Il 2025 sarà un anno cruciale per la decarbonizzazione delle auto in Europa”: si apre con questa fase netta il capitolo del rapporto sullo “stato dei trasporti europei”, realizzato dalla ong Transport & Environment. A fine anno, come abbiamo già visto, gli esperti e le esperte di T&E prevedono che saranno quasi 9 milioni i veicoli elettrici in circolazione nei 27 Stati membri dell’UE. “Ciò significa che una nuova auto su cinque venduta nell’UE avrà emissioni zero allo scarico” fa notare l’ong, con un risparmio di emissioni “pari a quanto emettono — in media a livello europeo — sette centrali elettriche alimentate a carbone in un anno”.
E chissà quanto influisce sulla previsione di T&E (cioè il raggiungimento dei 9 milioni di veicoli elettrici) il lancio di Seagull, la prima utilitaria elettrica che è costruita dal colosso cinese Byd (ne abbiamo parlato qui). “L’adozione delle auto elettriche – scrive T&E – è in gran parte dovuta agli standard dell’UE in materia di CO2 sulle autovetture che hanno fornito garanzie per le case automobilistiche in vista dell’obiettivo 2025. I produttori hanno fatto investimenti per ruotare le linee di produzione verso i veicoli elettrici, mentre le batterie diventano sempre più economiche, il che significa che il 2025 vedrà modelli di mercato più convenienti e di massa”.

Soltanto nel 2024 l’Unione Europea ha speso 250 miliardi di euro per le importazioni di petrolio, destinate in buona parte proprio per le auto a benzina. Si tratta di una mole enorme di denaro per l’UE che, come ricorda T&E, “esce dalla sua economia e spesso verso regimi autocratici”. Eppure, segnala ancora l’ong, “ci sono segnali che le emissioni dei trasporti e il consumo di petrolio sono in declino strutturale”. Ad esempio “le vendite di auto a combustibili fossili hanno raggiunto il picco sei anni fa”. Un dato che però non viene tenuto adeguatamente in considerazione dalle case automobilistiche e da molti governi europei, più interessati a una pervicace difesa dell’esistente piuttosto che a una riconversione di un settore in crisi da anni.
Transport & Environment vede tuttavia il bicchiero mezzo pieno, e sostiene che quest’anno “potrebbe essere l’anno che segna il punto di svolta verso l’adozione di veicoli elettrici su larga scala”. Specie per quello che già oggi è un dato di fatto, che è destinato tra l’altro a migliorare: “le auto elettriche a batteria sono già tre volte più pulite delle auto a benzina e miglioreranno solo man mano che l’elettricità che le alimenta diventa più verde”.
Anche in questo caso, comunque, la transizione dal motore a combustione (benzina, diesel, metano e gpl) all’elettrico sarà possibile solo se, insieme alla tecnologia e alle performance diverse, si accompagnerà anche il passaggio da un’economia lineare all’economia circolare. Se è vero che il petrolio e il gas per le auto termiche sono in buona parte d’importazione è altrettanto innegabile che l’Unione Europea deve procurarsi dall’estero molti dei materiali critici necessari per le auto elettriche, dal litio al cobalto all’acciaio.
T&E fa notare comunque che per le auto elettriche i miglioramenti sono ancora esponenziali e “possono essere apportati in fase di produzione, sia per le batterie che per il resto del veicolo“. Ed è vero che “le batterie dei veicoli elettrici richiedono molte meno materie prime – soprattutto dopo il riciclaggio – rispetto alla benzina e al diesel bruciati nei motori a combustione”. Inoltre già al 2030 “la batteria di un veicolo elettrico consumerà, durante il suo intero ciclo, mediamente solo 20 litri di materiali critici, contro gli oltre 12.400 litri di carburante di un’auto con motore a combustione”. Pure l’acciaio necessario può essere ottenuto attraverso il riciclo, come ricorda la stessa ong: “sebbene l’offerta di rottami di rottami in Europa superi costantemente la domanda di acciaio riciclato, il settore automobilistico utilizza solo il 6% dell’importo complessivo, quindi c’è spazio per aumentarlo”.

Infine, come spesso avviene, la transizione – che sia energetica, ecologica, digitale – ha bisogno di sfatare luoghi comuni, pigrizie mentali e stereotipi consolidati. Che magari partono da un dato di fatto, o meglio da verità che erano tali anni fa, e che però nel frattempo sono cambiate. Anche il cambiamento è una questione di percezione. Ne è prova il timore diffusissimo, specie in Italia, della mancanza di una copertura adeguata delle colonnine di ricarica per le auto elettriche. “La mancanza di infrastrutture di ricarica disponibili è ancora percepita come un grave ostacolo all’adozione di auto elettriche – conferma T&E – Quello che alcuni conducenti potrebbero non sapere è che l’infrastruttura di ricarica è aumentata a passo di blocco con il numero di BEV sulla strada. Lungo le autostrade 11 Paesi hanno raggiunto gli obiettivi dell’UE di ricaricare ogni 60 km. A livello europeo, il 70% della rete autostradale principale è conforme”. Restano, aggiungiamo noi, le difficoltà maggiori per chi vive in un’area interna italiana. Ma questa è un’altra storia.
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