giovedì, Novembre 6, 2025

Come il consumo di suolo amplifica l’emergenza climatica

Se le piogge intense legate alla crisi climatica sono all'origine di esondazioni e alluvioni, uno dei fattori cruciali che ne amplificano le conseguenze è il consumo di suolo che in Italia avanza a ritmi elevati

Giorgia Ravera
Giorgia Ravera
Classe 1995, è parte della redazione di GoodMorning Genova in cui si occupa di tematiche sociali, di ambiente, femminismi ed LGBTQIA+

Nel 2024, in Italia, si sono verificati 351 eventi meteo estremi (+485% rispetto al 2015). Di questi, 134 sono allagamenti causati da piogge intense, 46 esondazioni fluviali e 19 frane generate da piogge intense. Nonostante il 97% della comunità scientifica sia d’accordo sul fatto che la crisi climatica sia fortemente influenzata dall’attività umana, nel sentire comune è diffuso il negazionismo climatico. “Ha sempre piovuto così tanto, le alluvioni ci sono sempre state”, un’affermazione che spesso viene utilizzata da chi vuole negare il cambiamento climatico, paragonando gli eventi di pioggia intensa tra i diversi decenni, citando alluvioni che nel passato hanno prodotto gravi danni ai territori e talvolta provocato la morte di persone. Ma c’è una differenza sostanziale: l’intensità e la frequenza dei fenomeni meteo estremi sono drasticamente aumentate.

Piogge record

In Italia ci sono zone in cui si sono verificati “record” di quantità di pioggia caduta in pochissime ore: in Emilia Romagna, tra il 18 e il 19 settembre 2024 sono caduti 350 millimetri (mm) di pioggia in 48 ore – l’equivalente di un quarto della quantità che si registra in un anno intero – che hanno causato l’esodanzione di 4 quattro fiumi, l’allagamento di numerosi Comuni e centinaia di persone sfollate. Sempre in Emilia, colpita tra il 2023 e il 2024 da quattro eventi meteo estremi da piogge intense.

La comunità scientifica definisce gli eventi meteo estremi “incidenti spesso di breve durata che includono ondate di calore, gelate, forti acquazzoni, tornado, cicloni tropicali e inondazioni”. Tra il 19 e il 20 ottobre scorso, in sole 6 ore, nell’area metropolitana bolognese, sono caduti circa due terzi delle piogge che mediamente cadono nell’intero mese di ottobre. Nelle stesse giornate, il Comune di Torino ha registrato un quantitativo di pioggia di quasi 200 mm in poche ore che hanno causato l’esondazione – seppur leggera – del fiume Po nel capoluogo piemontese.

rete solidale alluvione

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Consumo di suolo e disastri “naturali”

Se le piogge intense legate alla crisi climatica sono all’origine di esondazioni e alluvioni, uno dei fattori cruciali che ne amplificano le conseguenze è il consumo di suolo che in Italia avanza a ritmi elevati: il rapporto pubblicato da ISPRA sul consumo di suolo dimostra che, nel 2023, l’Italia ha consumato – quindi ha perso risorse ambientali fondamentali a causa dell’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale – 72,5 km², una superficie che equivale a quella ricoperta da tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze messi insieme, pari a circa 20 ettari al giorno e ne ha cementificati più di 21.500 km² l’88% su suolo utile (parte di territorio teoricamente disponibile e idonea ai diversi usi). Quando si parla di cementificazione si intende l’azione di rendere edificabili delle zone agricole, boschive o semplicemente paesaggistiche, per consentire la costruzione di edifici residenziali, aziendali, pubblici o fabbricati industriali

L’impermeabilizzazione del suolo aumenta il rischio di inondazioni

L’impermeabilizzazione, come la cementificazione, rappresenta una forma di consumo di suolo e consiste in azioni di copertura di un’area di terreno e del suolo con materiali impermeabili artificiali, come asfalto e cemento. Un suolo permeabile può trattenere circa 400 mm di precipitazione per ettaro. Al contrario, la capacità di assorbimento di pioggia di un suolo impermeabilizzato si riduce drasticamente. Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale ambientale al Politecnico di Milano, ha scritto un libro intitolato “Dalla parte del suolo” in cui spiega che in una giornata di pioggia moderata “di 100 millimetri d’acqua, la metà circa penetra nel suolo. Un quarto vi rimane (quindi il 25% della pioggia) […] L’altro 25% entra, ma continua la sua corsa verticale per via della forza di gravità che lo porta nelle falde sotterranee al di sotto del suolo. Il restante 40% evapotraspira e il 10% rimane sulla superficie”. Mentre, in un suolo urbanizzato, caratteristico della maggior parte delle grandi città italiane, “solo il 10-15% della pioggia si infiltra nel poco terreno rimasto libero e con permeabilità profonda. Di questo 15%, solo un terzo rimane nel suolo a patto che non sia compattato, inquinato, degradato. Quindi alla fine il 5% massimo dell’acqua piovana rimane nello spessore dei suoli urbani”. In Italia, buona parte del consumo di suolo, soprattutto negli ultimi decenni, è avvenuto in aree a rischio idrogeologico e ad alta pericolosità da frana: i dati ISPRA relativi all’anno 2023 mostrano che il suolo consumato in aree a pericolosità idraulica – aree nelle quali la probabilità che piogge molto forti o abbondanti, combinandosi con le particolari condizioni che caratterizzano un territorio, possano contribuire a provocare una frana o un’alluvione – è pari al 33,4 % (1.685.808 ettari). Di questo 33,4 %, il suolo consumato in aree a pericolosità elevata è pari al 6,4%; in aree a pericolosità da frana è pari al 27,6% (2.157.764 ettari) e in aree di fragilità ambientale – territori esposti a rischi di origine naturale e antropica e a condizioni di criticità connesse con le principali caratteristiche demo-sociali della popolazione e del sistema economico-produttivo – è stato consumato il 79,4% di suolo.

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Foto: Canva

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Emilia Romagna, quattro forti alluvioni in un anno

Tra il maggio 2023 e l’ottobre 2024 l’Emilia Romagna è stata colpita da quattro forti alluvioni che hanno devastato numerosi Comuni, causato la morte di 17 persone e migliaia di sfollati. Stiamo parlando di una Regione che è particolarmente soggetta a inondazioni poiché si trova in una piana alluvionale che è attraversata da numerosi corsi d’acqua e ha una conformazione stretta tra l’appennino e la costa adriatica.

Unito a questi due fattori vi è l’altissima percentuale di suolo cementificato – dal 2006 al 2022 11.000 ettari, un’area paragonabile all’intero Comune di Firenze – che diventa impermeabile aumentando il rischio di allagamenti. Nonostante sia stata, nel 2017, la prima Regione a dotarsi di una legge per limitare il consumo di suolo, i territori dell’Emilia Romagna continuano a posizionarsi in cima alle classifiche che contano la superficie di territorio impermeabilizzato: Ravenna – la provincia più flagellata dall’alluvione di settembre 2024 – ha detenuto il record regionale di cementificazione con 89 ettari di terreno consumato nel 2023. Ad oggi risulta che l’8,9% della superficie regionale è impermeabile, contro una media nazionale pari al 7,1%, mentre circa il 60% del territorio è a rischio frane o allagamenti. 

Il suolo è una risorsa fondamentale che va tutelata, poiché fornisce le materie prime essenziali per la vita sulla terra ma anche per lo sviluppo economico e sociale. Purtroppo però, non è rinnovabile: una volta impermeabilizzato attraverso la costruzione di edifici, strade e altre infrastrutture, tutte le sue funzionalità vengono meno e rimuovere la copertura non è sufficiente a ripristinarle in tempi brevi.

È dunque necessario diminuire quanto prima il consumo di suolo, riducendone prima di tutto l’impermeabilizzazione e attuando processi di rigenerazione urbana creando aree verdi nelle aree ad alta cementificazione.

© Riproduzione riservata 

 

Questo articolo è uno degli elaborati pratici conclusivi della nona edizione del corso online di giornalismo d’inchiesta ambientale organizzato da A SudCDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali ed EconomiaCircolare.com in collaborazione con il Goethe Institut di Roma, il Centro di Giornalismo Permanente e il Constructive Network

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