Anche sul contrasto alla fast fashion la Francia mostra una marca in più, così come sulla promoziona degli imballaggi riutilizzabili o sul divieto delle pubblicità dei prodotti con grande impatto climatico. Nel giugno scorso il Senato ha approvato – con 337 voti favorevoli, 1 contrario e 3 astensioni – una versione rivista della legge che mira a limitare l’ultra fast fashion.
Vediamo di cosa si tratta.
Cosa prevede la bozza
Posto che parliamo di un testo che deve ancora essere approvato (per l’iter leggere più avanti), la proposta francese risponde alle crescenti preoccupazioni sull’impatto ecologico e sociale della fast fashion e dell’ultra fast fashion. Il testo distingue tra fast fashion classica ed “ultra”, introducendo criteri discriminanti quali l’elevato numero di referenze giornaliere e il rapido ricambio delle collezioni. E applicando restrizioni più severe ai marchi extraeuropei come Shein e Temu ma riservando trattamenti meno draconiani ai player europei come Zara e H&M, suscitando per questo le critiche ambientaliste.
Tra gli obiettivi principali della proposta di legge c‘è il divieto di qualunque forma di pubblicità, inclusi influencer e campagne sui social, per la “mode ultra-express”. Saranno introdotte “éco‑contributions” di almeno 5 € per capo già dall’approvazione, salendo a 10 € entro il 2030, fino al 50 % del prezzo fuori IVA. L’obiettivo è internalizzare i costi ambientali di produzione, incentivando la sostenibilità. E sono previste multe per i marchi che non rispettano determinati requisiti ambientali:
Le misure includono non solo tasse e divieti, ma anche incentivi alla riparazione, con il supporto a startup che offrono questo tipo di servizio
Si rafforza inoltre l’informazione per il consumatore, con obblighi di sensibilizzazione al riuso, alla riparazione e all’impatto ambientale prima dell’acquisto. Le piattaforme online dovranno fornire trasparenza sui modelli commerciali e includere messaggi di sostenibilità.
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Le critiche
La distinzione tra “ultra” fast fashion e fast fashion classica, con restrizioni più severe sui giganti extraeuropei e regole meno stringenti per marchi europei come Zara e Kiabi, ha provocato la reazione negativa dei gruppi ambientalisti: la norma di non è sufficientemente ambiziosa, è la critica. E servirebbe a favorire brand francesi come Jennyfer (in liquidazione) e NafNaf (in amministrazione controllata) che soffrono la concorrenza di prodotti ultra economici.
La strada ancora da percorre
Prima che il progetto di legge venga approvato restano due passaggi fondamentali: l’istituzione, prevista per l’autunno, di una commissione mista Senato-Assemblea per conciliare le versioni divergenti del testo. La Francia dovrà poi notificare la norma alla Commissione Europea che ne verificherà la conformità con la legislazione dell’Unione.
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