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venerdì, Dicembre 20, 2024

Alle auto più inquinanti l’UE concede 42 miliardi di sussidi fiscali

In testa alla classifica degli Stati che sovvenziona di più le auto a benzina e diesel c’è l’Italia, seguita da Germania, Francia e Polonia: ad accertarlo è un report dell’ong Transport & Environment. “I maggiori fondi vanno a SUV costosi e inquinanti”. Intanto la Cina ricorre al WTO sui dazi alle auto elettriche

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Redazione EconomiaCircolare.com

Solo nei cinque maggiori Paesi dell’Unione Europea i sussidi per le auto a benzina e diesel costano ai contribuenti 42 miliardi di euro ogni anno, secondo un nuovo studio diffuso da Transport & Environment, una delle più note e apprezzate organizzazioni non governative che si occupa di mobilità sostenibile.

Un report che sottolinea la fase involutiva delle istituzioni europee, prese a provare a salvaguardare il settore dell’automotive da una posizione di retroguardia – col sostegno alle case automobilistiche europee sempre meno competitive – piuttosto che favorirne il rilancio e l’innovazione.

In questo senso la denuncia dell’ong Transport & Environment va letta insieme ai recenti dazi sulle auto elettriche cinesi, attivi dal 31 ottobre, con una mossa destinata a mettere a dura prova le relazioni commerciali tra Unione Europea e Cina, come sta già emergendo dalle ultime notizie di cronaca.

A tale quadro preoccupante per il contesto europeo va aggiunta l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, con il tycoon statunitense che punta esplicitamente a una politica protezionista che potrebbe creare ulteriori problemi all’export automobilistico europeo. In una crisi del settore che si preannuncia lunga. In questo senso puntare sull’economia circolare anche nell’automotive – migliorando il trattamento di fine vita dei veicoli e rafforzando la sostenibilità dell’industria attraverso il riciclaggio, il recupero e l’ecodesign – potrebbe essere non solo un’opportunità ambientale ma anche sociale ed economica. Un’occasione da non perdere e da perseguire al più presto.

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I maggiori sussidi per le auto più inquinanti? In Italia

Lo studio di T&E calcola l’entità e gli effetti dei maggiori benefici fiscali concessi dagli Stati membri dell’Unione Europea per favorire l’acquisto di auto col motore a combustione – cioè benzina, diesel, gpl e metano. Sono quelle auto per cui in teoria è previsto il divieto di nuove produzioni a partire dal 2035: un limite fissato dalla scorsa Commissione Europea, all’insegna del Green Deal e della transizione ecologica, e che però sempre più spesso viene osteggiato da un ampio fronte che vede insieme case automobilistiche, industrie fossili e governi.

auto grafico T&E

Secondo i calcoli di Transport & Environment è l’Italia che più sostiene le auto più inquinanti, con ben 16,7 miliardi di euro all’anno di sovvenzioni fiscali, seguita da Germania, Francia e Polonia. Non sorprende dunque che sia proprio l’Italia lo Stato che più di tutti si oppone allo stop del 2035. Come abbiamo già raccontato, infatti, il governo Meloni sta provando a tessere una serie di alleanze per arrivare, quando la Commissione sarà attiva (presumibilmente a gennaio 2025), a una maggioranza in grado di far passare la propria proposta.

Nel suo studio, inoltre, T&E fa notare che i vantaggi fiscali per le auto inquinanti nel Regno Unito e in Spagna sono molto più bassi. In effetti, il Regno Unito impone una forte penalità per i veicoli a benzina e diesel, mentre chi acquista auto elettriche viene incentivato attraverso tasse più basse: ciò ha contribuito a rafforzare l’adozione di auto elettriche che ora in Gran Bretagna è al 21,5%. In Spagna, invece, sono minimi gli incentivi per acquistare auto elettriche, e ciò spiegherebbe il basso assorbimento dei veicoli elettrici aziendali (al 3,7%).

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A tutto SUV

Dallo studio di  Transport & Environment emerge inoltre che dei 42 miliardi di euro totali di sovvenzioni fiscali ben 15 miliardi vanno ai SUV. Diventati popolari oltre 20 anni fa e letteralmente esplosi in poco tempo, i SUV sono i protagonisti indiscussi del mercato automobilistico di tutto il mondo. Oggi i SUV vantano centinaia di modelli tra piccoli, medi e grandi. L’acronimo sta per Sport Utility Vehicle, ovvero un’auto che unisce uno stile da fuoristrada con la guidabilità e l’usabilità di un’autovettura tradizionale, offrendo in più alcune caratteristiche come una posizione di guida alta e dominante e un maggiore spazio. Ciò, inevitabilmente, finisce per peggiorarne l’impatto ambientale.

“I contribuenti pagano ogni anno miliardi e miliardi in benefici fiscali in modo che i conducenti di auto possano guidare auto inquinanti. Molti dei quali sono SUV costosi, di fascia alta e inquinanti – ha dichiarato Stef Cornelis, direttore del programma delle flotte elettriche di T & E – Questa è una cattiva politica climatica ed è anche socialmente ingiusta. I governi del Regno Unito e del Belgio hanno introdotto misure fiscali green e stanno eliminando gradualmente i benefici per i veicoli inquinanti. Ma i governi dei più grandi mercati automobilistici europei non riescono ad affrontare questa assurdità. Ecco perché la Commissione europea deve agire”.

auto cina

D’altra parte, come fa notare ancora la stessa ong, nella prima metà del 2024 le immatricolazioni di nuove auto elettriche hanno costituito il 13,8%: un dato in crescita seppur ancora basso. L’auspicio è che misure come la rimozione dei sussidi per le auto a combustione possano invertire questa tendenza. Anche perché i capi di Stato dell’UE, la candidata vicepresidente alla Commissione Eutropea Teresa Ribera e il candidato commissario per il clima Wopke Hoekstra hanno chiesto in passato l’eliminazione graduale dei sussidi per i combustibili fossili. Dove vorrà andare l’Unione Europea? Verso la conservazione o verso l’innovazione? Verso la tutela degli interessi fossili, cioè i principali responsabili del collasso climatico in atto, o verso una riduzione dell’impatto ambientale?

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Il ricorso della Cina ai dazi sulle auto elettriche

Se da una parte l’Unione Europea continua a fornire sussidi fiscali alle auto a benzina e diesel dall’altra si oppone a chi, in sostanza, attua le stesse modalità sulle auto elettriche. È il caso dei dazi imposti dall’UE nei confronti delle e-cars made in China, scattati dal 31 ottobre scorso.Dopo un iter durato quasi un anno, chi vuole acquistare un’auto elettrica cinese vedrà il prezzo di listino lievitare a causa di una “barriera” economica all’ingresso. La Commissione ha confermato in via definitiva la decisione presa il 4 luglio scorso, a chiusura dell’indagine per “concorrenza sleale”.

Come spiega Vaielettrico, l’accusa rivolta a Pechino è quella di aver concesso prestiti di favore e benefici fiscali per consentire alle sue case automobilistiche di offrire prezzi più bassi ai consumatori. E conquistare quote di mercato. Nel dettaglio, il gruppo Byd sarà soggetto a dazi aggiuntivi per il 17%; Geely per il 18,8% e Saic per il 35,3%. La differenza si spiega con il diverso livello di collaborazione alle indagini dei funzionari Ue. Coinvolti anche i modelli Tesla, se prodotti in Cina. La casa statunitense ha chiesto e ottenuto un confronto separato con i tecnici della Commissione Ue. E gli è stato assegnato un dazio del 7,8%. Tutte le altre società non collaboranti saranno soggette a un dazio del 35,3%”.

La scelta dell’UE, come abbiamo già raccontato, è stata sofferta, presa con una maggioranza risicata, e con i forti dubbi della Germania, che teme ritorsioni sul proprio export. Timori confermati dalle immediati reazioni della Cina. Il colosso asiatico ha infatti presentato un ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) contro i dazi europei che, secondo una nota del ministero del Commercio, costituirebbero un caso di “protezionismo commerciale”. Come spiega Il Sole 24 Ore, “le crescenti tensioni commerciali tra Pechino e Bruxelles non si limitano ai veicoli elettrici, con l’UE che sta indagando anche sui sussidi cinesi nei settori dei pannelli solari e delle turbine eoliche. L’Unione europea non è l’unica ad aver imposto tariffe elevate sulle e-car del Dragone. Negli ultimi mesi, Canada e Usa hanno varato misure molto più elevate, pari al 100%, per stroncare i possibili effetti distorsivi sulle industrie nazionali”.

Leggi anche: Cosa c’è da sapere sui dazi europei alle auto elettriche cinesi

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