“Porteremo alla Cop30 un approccio pragmatico e concreto all’insegna delle neutralità tecnologica”: con queste parole il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha illustrato ieri alla Sala Regina della Camera dei Deputati, organizzato dal think tank italiano per il clima ECCO, i propositi del governo Meloni alla prossima Conferenza per il clima, che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre.
A dieci giorni di distanza dall’avvio di un appuntamento che si annuncia cruciale ci si sarebbe aspettati qualche slogan in meno e qualche dettaglio in più. E invece il ministro ha parlato genericamente di “passare dalla pianificazione all’attuazione degli investimenti” per quel che riguarda la finanza climatica, con la “consapevolezza che la digitalizzazione è in grado di ridurre i consumi”, per perseguire una “vera transizione che sfugga ai dogmi” e “performare la cooperazione in sviluppo”.
Come abbiamo ribadito più volte, la Cop30 sarà l’occasione per trarre un bilancio del multilateralismo climatico, a 10 anni di distanza dagli storici Accordi di Parigi, con un pianeta che per la prima volta ha superato la soglia dell’aumento di 1 grado e mezzo rispetto ai livelli pre-industriali. Mentre il mondo sembra aggrovigliato in continue crisi – il direttore di EconomiaCircolare.com Raffaele Lupoli parla efficacemente di “un’era delle policrisi” -, la crisi climatica sembra essere passata in secondo piano. E in questo senso, purtroppo, l’Italia sembra confermare tale prospettiva.
In ogni caso la presenza dell’Italia alla Cop30 sarà evidente grazie a due padiglioni e alla partecipazione ad alcuni tavoli di confronto. Per quanto riguarda la parte dei temi, la priorità sarà data all’adattamento, in modo da far diventare i piani di adattamento dei singoli Paesi a piani di investimento. Un lavoro che è realizzato in tandem col Brasile, Paese organizzatore della Cop30. Sempre col Brasile lo scorso 15 ottobre l’Italia ha presentato un’iniziativa congiunta che punta a quadruplicare la produzione globale di biocarburanti entro il 2035, con l’obiettivo di far adottare la proposta dai capi di stato e di governo nella riunione che aprirà la Cop30. Oltre la cortina fumogena degli slogan, dunque, l’Italia continua a giocare un ruolo marginale nelle conferenze sul clima, accontentandosi di portare i temi cari al governo Meloni: neutralità tecnologica (un espediente per non affrontare il tema del graduale addio ai combustibili fossili, così come sancito dalla Cop28), i biocarburanti (idem) e focalizzando l’attenzione sull’adattamento, senza parlare più di mitigazione.
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“Una transizione economicamente sostenibile”: così l’Italia alla Cop30
Se è vero che dalle figure politiche c’è da attendersi poco alla Cop, dove invece prevalgono le negoziazioni e le questioni più tecniche, vale la pena allora considerare un altro incontro di ECCO in preparazione dell’appuntamento brasiliano, vale a dire il briefing rivolto alla stampa nella mattinata di ieri, alla presenza, tra le altre figure, di Federica Fricano, dirigente della Direzione Generale attività europea e internazionale e, soprattutto, capo-delegazione italiana alla Cop30. Una figura, quella di Fricano, molto esperta (tantissime le Cop alle quali ha partecipato) e molto apprezzata in ambito internazionale, tanto che quest’anno farà da facilitatrice per l’Unione Europea sul tema cruciale della “just transition”, o “giusta transizione”.

Prima di riportare le parole e le considerazioni di Fricano, tuttavia, è necessario un passo indietro. Come ha ricordato Luca Bergamaschi, direttore e co-fondatore di ECCO, “sicuramente oggi la Cop è non solo uno spazio negoziale ma uno spazio geopolitico e politico. Uno spazio di confronto per lavorare su interessi comuni, messo però in discussione dagli Stati Uniti e che quest’anno non si riconosce neppure nel multilateralismo climatico. L’Europa è da sola, e la Cina ancora tende a nascondersi e a rappresentare ancora i Paesi emergenti. Dagli Accordi di Parigi ad oggi – ha ricordato ancora Bergamaschi – ci sono stati notevoli miglioramenti, si sono abbassati notevolmente i costi della tecnologia e in parte quelli energetici, la produzione elettrica da rinnovabili ha superato quella del carbone, in quella che è una prima volta storica”.
Tra i temi sui quali c’è da attendersi un confronto aspro c’è certamente quello della finanza climatica, con i Paesi emergenti che continuano a chiedere un impegno pubblico da parte degli Stati appartenenti al G20. Come ha ricordato la stessa Fricano, è dalla Cop23 di Bonn che si continua a battere su questo tasto, finora senza grandi esiti. L’obiettivo collettivo di 100 miliardi di dollari all’anno non è stato raggiunto finora da nessun Paese, e la prima scadenza al 2025 è stata posticipata al 2035.

In un contributo curato da ECCO, e citato al briefing per la stampa da Eleonora Cogo, esperta senior riforme finanza internazionale per ECCO, il punto della situazione non è particolarmente incoraggiante. “I finanziamenti bilaterali dell’Italia per il clima – si legge – mostrano una lodevole attenzione verso i Paesi a basso reddito e più vulnerabili, oltre ad una preferenza per le sovvenzioni rispetto ai prestiti. Questo orientamento indica una certa sensibilità alle esigenze e alle priorità dei Paesi beneficiari. Tuttavia si segnala come l’ammontare complessivo dei finanziamenti bilaterali destinati all’adattamento è diminuito del 13% tra il 2021 e il 2023, in contrasto con l’impegno assunto alla Cop26 di raddoppiare i contributi per l’adattamento entro il 2025. Inoltre alcuni progetti classificati come contributi di finanza per il clima si rivelano discutibili in termini di benefici effettivi, evidenziando la necessità di standard e meccanismi di controllo più rigorosi per garantire che i fondi pubblici perseguano realmente obiettivi di mitigazione, adattamento e risposta alle perdite e danni crescenti”.
Per questi motivi ECCO aggiunge che “per rafforzare la propria credibilità e dare nuovo impulso alla cooperazione internazionale in un contesto geopolitico complesso, l’Italia dovrebbe confermare con urgenza, prima della Cop30, tutti gli impegni non ancora formalizzati verso i fondi multilaterali; accelerare erogazioni dal Fondo Italiano per il Clima; e definire un obiettivo di contributo per il 2030 coerente con la propria quota equa del nuovo obiettivo di finanza per il clima, stabilito alla COP29 nel 2024. È inoltre essenziale che tutti i finanziamenti per il clima rendicontati siano effettivamente destinati a iniziative che contribuiscono agli obiettivi climatici”.
Critiche dalle quali siamo partiti nel briefing alla stampa per porre questa domanda a Federica Fricano, la capo-delegazione del MASE alla Cop30: i mancati impegni sulla finanza per il clima non rischiano di pregiudicare la credibilità dei Paesi come l’Italia che intendono porsi, e lo stiamo vedendo ad esempio col Piano Mattei, da facilitatori? “In parte sì – ha ammesso Fricano – ma di certo stiamo continuando a lavorare, ad esempio col Piano Mattei, per dare i fondi che erano stati promessi. E’ una cosa lunga e ci stiamo mettendo un po’ troppo, di certo siamo intenzionati a fare in modo che l’impegno venga rispettato”.
Chissà se i Paesi più vulnerabili potranno ancora aspettare.
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AGGIORNAMENTO DEL 4 NOVEMBRE 2025
Chiara Di Mambro, direttrice strategia Europa e Italia di ECCO, ha detto: “Senza un riallineamento immediato del PNIEC agli obiettivi, l’Italia pagherà due volte: in competitività e in bolletta. Servono scelte sulle politiche fiscali e industriali che spostino consumi e investimenti verso elettricità, efficienza e rinnovabili”.
I numeri chiave settore per settore:
- distanza dall’ obiettivo: circa 84 MtCO2eq tra il 2025 e il 2030, ovvero oltre 16 MtCO2eq/anno, con i settori trasporti e civile che non stanno riducendo le emissioni.
- Trasporti (28% delle emissioni nazionali):
- -in costante crescita dal 2021, +7% vs 1990;
- -Auto elettriche BEV circolanti: 333.000; target PNIEC 2030: 4,3 milioni;
- -Punti di ricarica: 67.500 al settembre 2025, +19% in un anno
- Civile:
- -emissioni stabili dopo il calo 2021–2022;
- -investimenti crollati da 120 mld € (2021) a 20 mld € (2023).
- Industria: emissioni in calo strutturale dal 2005, ma il quadro delle politiche resta frammentato e senza un orizzonte di medio e lungo termine, minando gli investimenti
- Elettrico/rinnovabili:
- -+13,5 GW (2023–2024) e +4 GW nei primi 8 mesi 2025;
- -raggiunto solo il 25% del target +70 GW al 2030.
- -accumuli: installati ~13 GWh (2024); fabbisogno residuo ~58,5 GWh al 2030.
- Gas:
- -domanda inferiore ai livelli storici e molto vicina agli obiettivi PNIEC, ma proseguono investimenti in nuove infrastrutture con conseguente rischio che ricade sui consumatori.
- Finanza:
- -sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) in crescita di 3,2 mld euro (catalogo 2024 su dati 2022: ~24,19 mld €);
- -oneri e imposte sull’elettricità fino a 3 volte maggiori rispetto al gas e circa il doppio in confronto a diesel/benzina.
- Governance:
- -assenza di una legge clima nazionale a fronte della modifica della Costituzione che inserisce la tutela dell’ambiente nell’interesse delle future generazioni tra i propri principi guida;
- -nessuna novità sull’Osservatorio PNIEC, responsabile del suo monitoraggio, fatta eccezione per la pubblicazione della Piattaforma di monitoraggio.
- Giusta transizione:
- -presentato il Piano Sociale Clima (9,3 mld € 2026–2032), ma non viene chiarito il ruolo sinergico rispetto allo strumento normativo da cui deriva, ovvero ETS2;
- -continua a mancare un chiaro sistema di valutazione delle politiche in termini di impatti distributivi e di indicatori di monitoraggio.
Oltre alle critiche e alle mancanze, come al solito il think tank italiano per il clima non fa mancare le proposte per arrivare agli ambiziosi obiettivi che ci si è posti negli scorsi anni. Di seguito le raccomandazioni di ECCO:
- Riforma fiscalità energetica: occorre una revisione generale di imposte e oneri sull’elettricità perché i consumatori possano vedere riflessi in bolletta i benefici di tecnologie più efficienti;
- Eliminazione dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) espliciti e impliciti;
- Accelerare lo sviluppo di tecnologie quali: pompe di calore, ricarica fast/ultrafast, utility-scale storage e integrare nel mercato elettrico le rinnovabili a prezzi competitivi;
- Fondo automotive pluriennale: incentivi prevedibili per BEV/PHEV, flotte aziendali a emissioni zero, e sviluppo filiere (batterie, componentistica).
- Strategia finanziaria clima: uso mirato di proventi ETS/ETS2, ruolo di CDP/SACE/Invitalia e strumenti di de-risking.
- Governance & monitoraggio: approvazione di una legge clima nazionale, attivazione di un Osservatorio PNIEC, integrare PSC con indicatori su povertà energetica e mobilità e tracciamento per quintili di reddito/territorio.
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