mercoledì, Novembre 5, 2025

Cop30, la differenza tra ambizione e realtà nella posizione dell’UE

Nella risoluzione votata dalla commissione per l’ambiente, e che sarà discussa dal Parlamento europeo nei prossimi giorni, si chiede alle istituzioni europee di restare leader nei negoziati sul clima, in vista della Cop30 di novembre. Ma i propositi sembrano omettere le difficoltà e le contraddizioni di questi anni

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

“L’UE dovrebbe rimanere leader nei negoziati internazionali sul clima e invita tutti i Paesi a contribuire in modo equo fornendo finanziamenti adeguati per il clima”. Potrebbe essere il 2015, e invece è il 2025: più precisamente lo scorso lunedì la Commissione per l’ambiente, il clima e la sicurezza alimentare ha adottato le sue richieste politiche per la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre.

Come se non fossero passati dieci anni terribili per le ambizioni europee, le deputate e i deputati della Commissione del Parlamento europeo hanno votato una risoluzione – approvata con 57 voti favorevoli, 23 contrari e quattro astensioni – che presenta precise richieste al Consiglio e alla Commissione:

  • adottare al più presto l’impegno dell’UE in materia di clima per il 2035;
  • presentare il contributo nazionale al clima (NCD) che a Belém costituirà un momento importante dato che sono passati 20 anni dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto e 10 anni dagli accordi di Parigi (o Cop21);
  • porre fine alla dipendenza dell’UE dai combustibili fossili ed eliminare gradualmente i sussidi, stabilendo una scadenza.
cop30 belem
Fonte: Cop30

La risoluzione sarà sottoposta al voto dell’intero Parlamento, in assemblea plenaria, durante la sessione del 20-23 ottobre. E c’è da scommettere che in un Parlamento sbilanciato a destra, dove le pressioni degli Stati membri sono più forti (senza raggiungere i livelli del Consiglio e della Commissione), la discussione sarà piuttosto accesa. Anche perché, come accennato, la risoluzione meritoria della Commissione per l’ambiente, il clima e la sicurezza alimentare sembra (volutamente) omettere quello che è successo negli ultimi anni.

Leggi anche: Cop30, al via la manifestazione di interesse per la società civile

La presunta ambizione UE sul clima e il problema della rimozione

Come abbiamo raccontato più volte (qui e qui, ad esempio), la presunta ambizione dell’Unione Europea sul clima rischia di essere un vessillo, un simbolo, un annuncio che tra l’altro era già debole negli anni passati e che però, ora, rischia di diventare una pura presa di posizione, senza forti legami con la realtà. A leggere la sintesi della risoluzione della Commissione del Parlamento, infatti, si resta quantomeno sorpresi nell’appello al settore della difesa, che deve “contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico riducendo l’intensità delle emissioni e accelerando la decarbonizzazione del settore”. Ciò avviene proprio mentre gli investimenti nel settore da parte dei 27 Stati membri dell’UE stanno aumentando in maniera esponenziale.

Così come appare un po’ naif l’appello alla comunità internazionale che, si legge, “dovrebbe prestare maggiore attenzione all’impatto climatico dei conflitti”, aggiungono i deputati, sottolineando al contempo “la spaventosa portata dei danni ambientali causati in Ucraina e a Gaza”. Se da una parte la guerra in Ucraina continua ormai da più di tre anni e mezzo, senza che si veda all’orizzonte neppure un tentativo di pace, dall’altra l’UE non solo non è riuscita a imporre una sanzione a uno Stato genocida come Israele ma non è stata neanche capace di discutere dell’esclusione dalle competizioni sportive delle squadre e delle nazionali israeliane (entrambe le decisioni, vale la pena ricordarlo, sono state immediatamente assunte nei confronti della Russia).

materie prime critiche ue

Allo stesso tempo quella che viene definita “l’urgente necessità di porre fine alla dipendenza dell’UE dai combustibili fossili e di accelerare la transizione energetica” non menziona neanche, tanto per dirne una, il clamoroso accordo imposto dagli Usa di Donald Trump lo scorso luglio col quale l’Ue si impegna ad aumentare fino a 250 miliardi di dollari le importazioni di GNL, petrolio e combustibili nucleari

“Tutti i settori devono contribuire al raggiungimento della neutralità climatica” si legge ancora nella risoluzione, che sostiene “la necessità di maggiori sforzi globali per ridurre le emissioni e affrontare l’impatto climatico in tutti i settori, tra cui metano, trasporto su strada, spedizioni internazionali, agricoltura, tessile e turismo”. Settori sui quali le direttive e i regolamenti della scorsa Commissione, all’insegna del Green Deal, si stanno applicando con molte difficoltà: basti pensare alle proteste del mondo agricolo del 2024 o ai continui tentativi di molti Stati membri (tra cui l’Italia) di posticipare la scadenza del 2035 per il divieto di produzione di auto col motore a combustione (benzina, diesel, metano e gpl).

Insomma: non è con la rimozione che si superano i problemi. Se l’UE vuole mantenere l’ambizione sul clima alla Cop30 deve affrontare le inevitabili contraddizioni di una transizione ecologica che per essere reale dovrà essere (anche) un rovesciamento dei rapporti di forza. Senza nascondere la polvere al tappeto e limitarsi ad annunci che non riesce a rispettare. Ne va della credibilità di una leadership che, finora, è stata più nella testa delle istituzioni europee che nella pratica. 

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