Con un giorno d’anticipo rispetto a quanto annunciato, il ministro Roberto Cingolani ha firmato ieri (alle ore 14 e 59) i decreti che stabiliscono i criteri per l’assegnazione dei fondi del Pnrr dedicati all’economia circolare: un miliardo e mezzo di euro per impianti di gestione e riciclo dei rifiuti (Investimento 1.1); 600 milioni per i progetti “faro” (Investimento 1.2); 500 milioni per un sistema integrato di monitoraggio e previsione (su incendi e rifiuti). In tutto 2,6 miliardi di euro, di cui il 60% da destinare alle regioni del Sud Italia, soprattutto per quel che riguarda i progetti faro.
Saranno premianti, si legge negli allegati ai decreti ministeriali, l’allineamento tecnologico dei progetti rispetto al settore di riferimento, l’ampiezza della popolazione interessata e quella dei materiali da trattare, i miglioramenti attesi e la scarsità di impianti del genere di quelli proposti, il contributo alla risoluzione di infrazioni comunitarie. Una fetta dei fondi dell’investimento 1.1, quasi un terzo, andrà a “flussi critici” (come li definiva qualche giorno la una nota del ministero): pannolini, rifiuti tessili e di pelletteria, fanghi di depurazione.
La ripartizione dei fondi e le linee d’intervento
Uno dei decreti pubblicati (DM 396) identifica tre distinte linee d’intervento cui destinare il miliardo e mezzo dell’investimento 1.1, Missione 2, Componente 1 del PNRR:
Linea d’Intervento A: miglioramento e meccanizzazione della rete di raccolta differenziata dei rifiuti urbani;
Linea d’Intervento B: ammodernamento (anche con ampliamento di impianti esistenti) e realizzazione di nuovi impianti di trattamento/riciclo dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata;
Linea d’Intervento C: ammodernamento (anche con ampliamento di impianti esistenti) e realizzazione di nuovi impianti innovativi di trattamento/riciclaggio per lo smaltimento di pannolini (materiali assorbenti ad uso personale), i fanghi di depurazione, i rifiuti di pelletteria e i rifiuti tessili.
Alla raccolta differenziata (linee A) il ministero attribuisce 600 milioni, agli impianti di riciclo (B) e ai flussi critici (C) 450 milioni ciascuno. Il 60% di queste cifre andranno a progetti nelle Regioni del centro sud (Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Molise, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna).
Il MiTe indica un tetto massimo erogabile per ciascun progetto, legato alla relativa linea d’intervento: 1 milione per la raccolta, 4 mila euro per il trattamento (linea B) e 10 milioni per pannolini, fanghi di deputazione pelletteria e tessili.
Le scadenze
Diverse le scadenze e le tagliole temporali fissate nei decreti. Le risorse sono assegnate, si legge nel DM 396, “mediante procedure di evidenza pubblica da avviarsi entro 15 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto con pubblicazione dei relativi avvisi sul sito istituzionale del Ministero della Transizione Ecologica (MITE)”. Entro 15 giorni da ieri, cioè, verranno pubblicati tre avvisi relativi alle tre linee d’intervento.
Una volta individuati i progetti (vedi oltre per le modalità, ma sui tempi della selezione il decreto nulla dice), i soggetti proponenti entro il 31 dicembre 2023 dovranno aver individuato chi realizzerà il progetto ammesso a finanziamento (anche con contratti di partenariato pubblico privato mediante project financing).
Entro il 30 giugno 2026 i progetti finanziati dovranno essere completati.
I progetti ammissibili
Le proposte presentate, chiarisce il decreto 396, verranno valutate, selezionate e messe in graduatoria da una Commissione dedicata nominata da uno specifico decreto ministeriale.
Ne faranno parte 3 membri nominati dal MITE, 6 membri in rappresentanza di ISPRA ed ENEA, membri indicati dalla Conferenza delle Regioni 2 rappresentanti Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA).
Alla selezione saranno ammessi solo progetti da completare entro il 30 giugno 2026; che non hanno ricevuto fondi strutturali europei; che rispettino il principio di non arrecare danno significativo all’ambiente (DNSH) e, ovviamente, coerenti con le leggi nazionali ed europee – il decreto, a scanso di equivoci, precisa che “non sono in ogni caso ammissibili al finanziamento gli interventi che hanno ad oggetto investimenti in discariche, in impianti di Trattamento Meccanico Biologico/Trattamento Meccanico o inceneritori o combustibili derivati da rifiuti, o l’acquisto di veicoli per la raccolta dei rifiuti”.
I criteri premianti
La Commissione incaricata assegnerà i progetti un punteggio da 0 a 100. Oltre ai criteri ordinari (congruità, attendibilità, cronoprogramma) quelli che peseranno di più nella determinazione dei punteggi saranno la popolazione interessata dall’intervento; la quota dei rifiuti trattati dall’impianto rispetto al totale da trattare in Italia; i miglioramenti attesi; la scarsità di analoghi impianti; la coerenza con il corrente sviluppo tecnologici dello specifico intervento; il contributo alla risoluzione di infrazioni o ad altri piani nazionali (come il Pniec); la realizzazione in aree industriali dismesse.
I destinatari dei fondi
Mentre per quanto riguarda i progetti faro (Investimento 1.2) i destinatari dei fondi sono le imprese, per l’Investimenti 1.1, i fondi andranno a Enti di governo d’ambito territoriale ottimale (EGATO) definiti dal Testo Unico ambiente o ai Comuni. Entrambi potranno però delegare i gestori del servizio rifiuti, ma resteranno comunque “unico soggetto destinatario e responsabile nei confronti del Ministero per le risorse assegnate”. E, aggiunge il decreto, tutto quanto verrà realizzato per il progetto “dovrà necessariamente rimanere di proprietà pubblica”.
La revoca
I fondi assegnati potranno essere revocati. Il decreto 396 dettaglia i casi che possono portare alla revoca: perdita di uno o più requisiti di ammissibilità; irregolarità documentale non sanata; mancato rispetto del cronoprogramma; mancata realizzazione del programma di investimento; violazioni di leggi, regolamenti e disposizioni vigenti.
I progetti faro
Previsti già nella prima versione del Pnrr, quando a capo del governo c’era Giuseppe Conte, i “progetti faro” di economia circolare sono rimasti anche nel nuovo Piano inoltrato dal premier Draghi alle istituzioni europee. Ora, con l’emanazione del decreto ministeriale n°397 del 28/09/2021, i progetti faro, per i quali è previsto l’impiego di 600 milioni di euro, possono finalmente concretizzarsi. Il 60% delle somme è destinato al Centro-Sud, dove la carenza di impianti è maggiore. Nello specifico l’obiettivo è quello di “potenziare la rete di raccolta differenziata e degli impianti di trattamento e riciclo”: ciò verrà perseguito attraverso l’impiego di “tecnologie e processi ad alto contenuto innovativo nei settori produttivi, individuati nel Piano d’azione europeo sull’economia circolare, quali: elettronica e ICT, carta e cartone, plastiche, tessili”.
Si mira a finanziare progetti che “favoriranno, anche attraverso l’organizzazione in forma di distretti circolari, una maggiore resilienza e indipendenza del sistema produttivo nazionale, contribuendo, altresì, al raggiungimento degli obiettivi di economia circolare, incremento occupazionale e impatto ambientale”. I fondi saranno assegnati attraverso bandi ad evidenza pubblica, “da avviarsi entro 15 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto” e che saranno pubblicati sul sito del MiTe.
Le linee d’intervento dei progetti faro
Più precisamente, saranno quattro gli avvisi pubblicati, ciascuno con una dote finanziaria di 150 milioni di euro per ciascuno, che corrispondono alle quattro linee d’intervento previste:
- Linea d’intervento A: ammodernamento (anche con ampliamento di impianti esistenti) e realizzazione di nuovi impianti per il miglioramento della raccolta, della logistica e del riciclo dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, più noti come RAEE, comprese pale di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici;
- Linea d’intervento B: ammodernamento (anche con ampliamento di impianti esistenti) e realizzazione di nuovi impianti per il miglioramento della raccolta, della logistica e del riciclo dei rifiuti in carta e cartone;
- Linea d’intervento C: realizzazione di nuovi impianti per il riciclo dei rifiuti plastici (attraverso riciclo meccanico e chimico, il cosiddetto “plastic hubs“), compresi i rifiuti di plastica in mare per combattere il fenomeno noto come “marine litter”
- Linea d’intervento D: infrastrutturazione della raccolta delle frazioni di tessili pre-consumo e post consumo, ammodernamento dell’impiantistica e realizzazione di nuovi impianti di riciclo delle frazioni tessili in ottica sistemica, il cosiddetto “textile hubs”.
Anche in questo caso a esaminare le proposte sarà una commissione, e resta la scadenza fissata al 30 giugno 2026, così come il rispetto del principio del danno non significativo. Una nota a margine la merita il complicato calcolo per la definizione del punteggio complessivo dei progetti da esaminare, che sembra figlia dei tecnicismi professati da Cingolani, con una valutazione che “avviene attraverso la somma ponderata dei valori assunti dai due macro-criteri di valutazione: i coefficienti di ponderazione prevedono un peso del 70% alla sommatoria degli indicatori di progetto e un peso del 30% alla sommatoria degli indicatori di valutazione dei destinatari”.
Monitoraggio e prevenzione di incendi e rifiuti
Il terzo decreto emanato ieri vara il Piano operativo per il sistema avanzato e integrato, uno strumento di monitoraggio e previsione per il quale sono stanziati 500 milioni di euro. L’obiettivo è dotare l’Italia di strumenti di monitoraggio e prevenzione tecnologicamente avanzati a difesa del territorio e delle infrastrutture, con lo scopo di prevenire lo sversamento illecito di rifiuti e gli incendi, oltre che di provare a gestire meglio le emergenze. La materia è nella delega della sottosegretaria al MiTe Ilaria Fontana, ma quello del monitoraggio con droni e affini è un cavallo di battaglia del ministro Cingolani fin dai primi giorni dall’insediamento.
Il Piano attua gli obiettivi della Missione 2 Componente (M2C4) del Pnrr proprio volta a prevenire e tenere sotto controllo “i rischi naturali e indotti”. E in particolare attua l’obiettivo dell’Investimento 1.1. L’allegato 1 del decreto riporta i contenuti e il cronoprogramma del Piano, che delinea i contenuti del “sistema di monitoraggio” e in particolare della fase iniziale di progettazione preliminare svolta dal MiTe, con il supporto del Dipartimento della Protezione Civile e in coordinamento con altri ministeri. Il prossimo step sarà quello dei bandi di gara e l’attuazione della misura si concluderà entro la metà del 2024, quando dovrebbe partire la fase operativa di utilizzo del sistema di monitoraggio.
Le tecnologie per il monitoraggio e la prevenzione
Tramite bandi di gara si realizzerà sia la progettazione sia la successiva attuazione delle diverse componenti del sistema di monitoraggio previste dal testo del Pnrr: telerilevamento aerospaziale e sensoristica in sito, sistema di telecomunicazione. sale di analisi e controllo, sistemi e servizi di sicurezza. L’obiettivo, chiarisce il Piano emanato dal Mite, è l’utilizzo del sistema di monitoraggio “a più livelli di utenza ottimizzando gli investimenti tecnologici in un’ottica di tipo multidisciplinare e multiutente”.
Dunque ci sarà un unico nodo di raccolta dati (satellitari, aerei e di rete) con “sotto moduli tematici di elaborazione/integrazione dati, secondo le specifiche esigenze informative dei temi, ad integrazione di un unico sistema di monitoraggio nazionale a carattere multidisciplinare”.
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