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Periodo di grande fermento normativo per il settore tessile: dal lavoro sulle regole di responsabilità estesa del produttore (EPR), con la proposta di revisione della direttiva quadro sui rifiuti, fino al regolamento end of waste per stabilire quando un rifiuto cessa di essere tale e torna ad essere materia prima.
Luca Campadello, Strategic Development & Innovation Manager per Erion Textiles, uno dei protagonisti italiani della responsabilità estesa del produttore per i prodotti tessili: cosa pensate della proposta di revisione della direttiva sui rifiuti e delle sue indicazioni sull’EPR?
Ci convince molto la chiarezza della direttiva sulla definizione dei Produttori, in linea con gli altri schemi EPR: il produttore è chi immette sul mercato per la prima volta un prodotto finito di abbigliamento (es. giacche, camicie, magliette), di calzature (scarpe, sandali), accessori (cravatte, guanti) e tessili per la casa (biancheria da letto, da bagno e da cucina). In questo modo sono stati dipanati i dubbi nazionali sui soggetti che dovranno adempiere alla futura norma.
Altro aspetto positivo è la pragmaticità con cui hanno definito i prodotti da considerare: solo i prodotti finiti post-consumo, escludendo gli sfridi e gli scarti di produzione.
Ma anche gli scarti di produzione possono essere un problema: non sempre riescono a diventare sottoprodotti e a trovare un mercato. Perché giudicate positiva questa esclusione?
Sicuramente sviluppare soluzioni per un reale riciclo degli scarti di produzione rappresenta una sfida per cui i consorzi affiancheranno i produttori nello sviluppare soluzioni innovative di riciclo, ma non bisogna cadere nella tentazione di pensare che la normativa EPR possa da sola risolvere l’intera tematica del tessile sostenibile e circolare. Sono numerose le norme in via di definizione che coinvolgeranno i produttori (dalla regolamentazione dei green claims fino all’introduzione del passaporto digitale dei prodotti) e quindi le aspettative di ottimizzazione della fase produttiva, tra cui la tematica della gestione degli invenduti e dell’utilizzo di materiali riciclati, verranno ricomprese nelle norme sull’eco-design (Ecodesign Requirements for Sustainable Products) e sull’end-of-waste. Non verranno quindi trattate, per evitare sovrapposizioni, anche dalla normativa sull’EPR.
Leggi lo speciale EPR per i rifiuti tessili
Proseguiamo con la Direttiva.
Altro elemento positivo è la definizione di requisiti per verificare le spedizioni all’estero di abiti usati: requisiti costruiti per evitare che vengano inviati rifiuti etichettati come abiti usati.
Ci sono aspetti negativi?
Tra i punti da migliorare ci sono gli aspetti della qualità della selezione. Così come fanno con i loro fornitori di tessuti, i nostri produttori, che avranno la responsabilità della gestione della filiera del post-consumo, chiedono che gli operatori della selezione garantiscano determinati standard di qualità. Purtroppo, nella proposta della Commissione, di quality standard non si parla. Sappiamo che a valle della raccolta possono nascere flussi gestiti non proprio correttamente. Come abbiamo già visto in altre filiere in cui Erion ha contribuito attivamente nella definizione degli standard minimi di qualità (come gli standard CENELEC per il corretto trattamento dei rifiuti elettronici), la definizione e il conseguente controllo del rispetto degli standard andrebbe ad innalzare la qualità della selezione e a rendere la filiera più virtuosa consentendo un monitoraggio delle performance di riutilizzo e di riciclo a valle del trattamento.
Infine, la proposta di revisione della Direttiva, così come lo schema di decreto EPR che è stato oggetto di consultazione da parte del MASE, lascia ampi margini sui possibili modelli di raccolta futuri. Se guardiamo agli Stati europei più avanti di noi, la Francia e l’Olanda si pongono in maniera differente rispetto all’organizzazione della raccolta: una garantisce supporto finanziario agli operatori della raccolta e della selezione, mentre l’altra sta valutando di occuparsi in maniera diretta dell’operatività.
Ha citato il testo approntato e messo in consultazione dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (MASE): secondo lei è in linea con le proposte europee?
No. La bozza italiana ha bisogno di essere rivista. È molto stringente su alcuni temi, prendiamo ad esempio l’obbligo di raccolta nei negozi. L’Europa invece indica una serie di punti in cui si potranno raccogliere i rifiuti tessili, senza chiedere in maniera esplicita che ogni negozio faccia la raccolta ‘uno contro uno’ (obbligando, cioè, ogni negoziante a ritirare rifiuti a fronte della vendita di nuovi vestiti o calzature). Dal confronto con diversi produttori negli scorsi mesi sono emerse due posizioni: brand interessati a sostenere gli oneri di una raccolta nei negozi e brand propensi a trovare soluzioni meno puntuali ma non meno efficienti.
Facciamo un esempio: ipotizziamo una via del centro città o un centro commerciale dove ci sono cinque negozi di abbigliamento e calzature uno accanto all’altro, la bozza italiana chiederebbe a tutti e cinque i negozi di strutturarsi per raccogliere rifiuti mentre sarebbe forse più efficiente posizionare un solo cassonetto all’inizio della via, o nel crocevia del centro commerciale, per ottimizzare la comunicazione ai cittadini, la logistica e gli oneri per i Produttori.
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Dottor Campadello, un inciso: che tipo di aziende hanno aderito a Erion Textiles?
Il nostro consorzio è nato per volontà dei fondatori che sono Miroglio Fashion, Artsana, Essenza, Amazon, Rimoda Lab e Save The Duck. Il nostro modello prevede che siano i Produttori a guidare il Consorzio, siamo aperti alla partecipazione di tutti i brand interessati ad agire da protagonisti rispetto ai futuri obblighi che li riguarderanno.
Grazie, torniamo pure all’uno contro uno in negozio.
Ecco, questo è un punto su cui allinearsi all’Europa: si potrà fare raccolta nei negozi, ma non dovrà essere obbligatoria e potrà rappresentare un’opportunità per cui i brand potranno sperimentare raccolte selettive finalizzate ad attività di upcycling o di riciclo e, col supporto di Erion, effettuare campagne di coinvolgimento e sensibilizzazione dei consumatori.
EPR, l’Italia dovrebbe aspettare le norme europee?
Sicuramente, aspettare avrebbe vantaggi molto superiori rispetto a quelli di una partenza anticipata.
Per i nostri produttori l’esigenza primaria è avere regole armonizzate a livello europeo per evitare di doversi conformare a livello nazionale con decine di sistemi diversi. Stiamo supportando i produttori nell’interpretare le normative francesi ed olandesi (due Paesi che si sono mossi prima degli altri) e per i brand non sarebbe auspicabile introdurre nuove regole, inevitabilmente diverse, anche per il mercato italiano.
Mentre aspettiamo i tempi europei, cosa sarebbe utile fare?
Si dovrebbe portare in Europa la posizione italiana, da costruire insieme ai Produttori, definendo i punti di disallineamento rispetto al testo normativo e rispetto ai cinquecento emendamenti che sono stati proposti negli ultimi mesi e, in parallelo, iniziare ad adattare il decreto italiano ai requisiti europei.
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Ma, come sappiamo, dalla proposta della Commissione fino alla approvazione definitiva tante cose possono cambiare.
Certo, ma ci sono tematiche sulle quali avrebbe molto senso confrontarsi a livello nazionale, dalla semplificazione dell’attuale bozza di decreto italiano, allineandolo alle tematiche trattate dall’Europa, fino alla discussione con il Ministero, l’ANCI e con gli operatori della selezione sul futuro modello di EPR definendo meglio i confini e le regole del gioco per costruire un modello vincente e allineato alla visione dei produttori che sono i soggetti che avranno la responsabilità di far funzionare il sistema.
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