In Italia, ogni 11 aprile si celebra la Giornata Nazionale del Mare, istituita con il Decreto Legislativo del 3 novembre 2017, n. 229, entrato in vigore il 13 febbraio 2018. Questa giornata rappresenta un’occasione fondamentale per riflettere sulla rilevanza del mare per la Nazione, non solo in termini di patrimonio culturale e scientifico, ma anche per il suo valore ricreativo ed economico. L’iniziativa si rivolge principalmente agli istituti scolastici di ogni ordine e grado, promuovendo una maggiore consapevolezza e responsabilità verso questo prezioso ecosistema.
Un patrimonio da tutelare: le coste italiane
L’Italia, circondata dal mare su tre lati, vanta una lunghezza complessiva di costa naturale che si estende per oltre 7.500 chilometri. Questa vasta estensione comprende una varietà impressionante di paesaggi marini, dalle spiagge sabbiose alle scogliere rocciose, che non solo attraggono milioni di turisti ogni anno, ma sono anche cruciali per la biodiversità e l’economia locale. Senza contare che il rapporto simbiotico col mare ha da sempre inciso sulla storia, la cultura e l’arte degli abitanti del Belpaese.
Nonostante la bellezza e l’importanza delle coste italiane, i mari del nostro paese affrontano numerosi problemi ambientali, tra cui l’inquinamento da plastica e la carente efficienza dei depuratori.
Basta vedere, infatti, i dati diffusi da Goletta Verde e Goletta dei Laghi di Legambiente nell’agosto 2024 per capire come mare e laghi italiani non godano di ottima salute.
A minacciarli vi sono: maladepurazione, scarichi abusivi, inquinamento, ma anche l’accelerata della crisi climatica che, in particolare, con le piogge intense mette sotto pressione i sistemi di depurazione.
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Inquinamento da plastica: un nemico silenzioso
L‘inquinamento da plastica rappresenta una delle minacce più gravi per i mari italiani. Ogni anno, tonnellate di plastica finiscono nei mari, causando danni irreparabili agli ecosistemi marini e alla fauna. La lotta contro questo inquinamento richiede politiche più stringenti e una maggiore consapevolezza pubblica sull’uso della plastica.
L’inquinamento da plastica nel Mar Mediterraneo è particolarmente grave a causa di una combinazione di fattori geografici, economici e comportamentali che amplificano i suoi effetti dannosi sull’ambiente marino. In occasione di “Spiagge e fondali puliti 2025” Legambiente ha ricordato come nonostante la messa al bando di specifici prodotti in plastica monouso tre anni fa con la cosiddetta direttiva SUP, questi rappresentino ancora il 40,5% dei rifiuti totali trovati durante le operazioni di pulizia. Questa discrepanza sottolinea la difficoltà nell’applicazione delle normative ambientali e la necessità di una maggiore chiarezza nella definizione di prodotti “riutilizzabili” per prevenire la loro continua diffusione nell’ambiente.
Vediamo perché il Mediterraneo è, forse più di altri luoghi, purtroppo soggetto al riempirsi di plastica.
1. Alta densità di popolazione costiera
Il bacino del Mediterraneo è circondato da una popolazione di circa 150 milioni di persone che vivono nella zona costiera (che arrivano a 450 milioni se calcoliamo tutti gli abitanti del Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum). Questa alta densità di popolazione contribuisce significativamente all’aumento dei rifiuti prodotti, molti dei quali sono di plastica. Le aree urbane dense tendono a generare più rifiuti di quelle meno popolate.
2. Importante via di navigazione e attività turistiche
Il Mediterraneo è una delle principali rotte marittime del mondo e una destinazione turistica di prim’ordine. L’attività navale intensa e il turismo contribuiscono all’accumulo di rifiuti plastici, sia per via diretta che indiretta. Durante la stagione turistica, il volume dei rifiuti nei paesi mediterranei può aumentare fino al 40%, come sottolineato da un report del WWF . Ma non solo. I rifiuti plastici sono trasportati anche da fiumi come il Nilo, l’Ebro, il Rodano, il Po, i due fiumi turchi Ceyhan e Seyhan che sfociano tutti in mare dopo aver attraversato aree densamente popolate.
3. Limitata capacità di gestione dei rifiuti
Molti paesi del Mediterraneo hanno sistemi di gestione dei rifiuti non adeguatamente sviluppati o inefficienti. Ciò significa che una grande quantità di plastica non viene riciclata o gestita correttamente, finendo così nei corsi d’acqua e, eventualmente, nel mare.
4. Caratteristiche oceanografiche
Le caratteristiche fisiche del Mediterraneo, come la limitata circolazione delle acque e la presenza di numerose baie e insenature, favoriscono l’accumulo e la persistenza dei rifiuti plastici nelle acque costiere. Queste condizioni rendono più difficile il trasporto naturale dei rifiuti fuori dal mare.
Insomma, rispetto agli oceani il Mediterraneo è un grande lago e questo moltiplica gli effetti dell’antropizzazione.

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Depuratori e acque reflue: che sfida!
Un altro problema significativo riguarda i depuratori. Molte strutture in Italia sono obsolete o insufficienti per trattare efficacemente tutte le acque reflue prodotte, risultando in scarichi inadeguati che compromettono la qualità dell’acqua marina. Investimenti in tecnologie moderne e manutenzione costante sono essenziali per risolvere questo problema.
I dati 2024 delle Golette di Legambiente
Il risultato è che su 394 punti campionati tra giugno, luglio e inizio agosto 2024 da Goletta Verde e Goletta dei Laghi di Legambiente in 19 regioni, il 36% è stato giudicato complessivamente “oltre il limite” con 101 punti che hanno ricevuto il giudizio di “Fortemente inquinato” e 39 di “Inquinato”. Preoccupa soprattutto lo stato di salute del mare, dove in media si registra un punto inquinato ogni 76 km di costa, e dove il trend dei punti oltre il limite risulta in lenta crescita passando dal 31% del 2022, al 36% del 2023 fino al 37% di quest’anno.
Foci dei fiumi, canali e corsi d’acqua che sfociano a mare o nel lago si sono confermati – secondo l’indagine 2024 – i punti critici. Il 47% dei prelievi complessivi (185 su 394) delle Golette è, infatti, avvenuto presso le foci dei fiumi e nel 59% dei casi il giudizio è stato “oltre il limite” (109 su 185). Migliori invece i risultati dei campioni prelevati nelle acque lacustri e marine sia in aree di maggior afflusso di bagnanti che in prossimità di punti critici: solo il 14% dei campioni hanno ricevuto un giudizio negativo in base alla analisi delle Golette (30 punti su 208).
I dati devono far riflettere e a riguardo una specifica è d’obbligo. Legambiente stessa ricorda come le analisi e i giudizi espressi dalle Golette non vanno a sostituirsi al lavoro delle autorità competenti in materia di balneazione: sono infatti diversi gli obiettivi delle campagne di Legambiente, incentrate sul tema della scarsa o assente depurazione; nella maggior parte dei casi, inoltre, anche i punti dove vengono prelevati i campioni di acqua sono differenti rispetto a quelli monitorati dalle Arpa e dalle ATS, essendo i primi anche nelle foci dei fiumi o nei tratti di mare o lago antistanti le stesse. I risultati di Legambiente non esprimono quindi una patente per la balneabilità di un tratto di costa o sponda lacustre, ma restituiscono una istantanea volta a scovare criticità legate all’inquinamento microbiologico delle acque dovuto ad una scarsa o assente depurazione.
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Biodiversità marina: preservare la ricchezza del mare
Il Mediterraneo è un mare di straordinaria biodiversità, fungendo da dimora per una vasta gamma di specie marine endemiche. Le coste italiane, in particolare, ospitano ecosistemi unici che svolgono ruoli cruciali sia per l’ambiente sia per l’economia locale, tra cui la pesca e il turismo. Tuttavia, la biodiversità di queste aree è estremamente vulnerabile e sotto minaccia a causa di vari fattori antropogenici, con conseguenze potenzialmente devastanti.
L’inquinamento, come abbiamo visto (come quello da plastica o da sversamenti di varia natura), rappresenta una delle minacce più gravi per la vita marina. I contaminanti possono causare danni diretti agli organismi viventi, ad esempio attraverso l’ingestione di microplastiche, o indiretti, come l’alterazione della qualità dell’habitat. Questi effetti sono particolarmente evidenti nelle zone costiere dove la concentrazione di attività umane è maggiore.
Il cambiamento climatico è altrettanto pericoloso, poiché provoca l’aumento della temperatura dell’acqua, l’acidificazione dei mari e la modifica di correnti marine. Questi cambiamenti possono alterare gli equilibri ecologici esistenti, influenzando la riproduzione, la distribuzione e la sopravvivenza delle specie marine. Ad esempio, specie termofile possono trovarsi a loro agio in acque più calde, spostandosi verso nord e alterando le comunità marine locali.
L’invasione di specie aliene, spesso provenienti dal Canale di Suez o trasportate involontariamente dalle navi attraverso le acque di zavorra, è una sfida crescente. Queste specie possono competere con quelle native per risorse limitate o predarle direttamente, portando a cambiamenti drastici negli ecosistemi locali. Il Mar Mediterraneo, a causa delle sue acque relativamente calde e della sua elevata salinità, è particolarmente suscettibile a tali invasioni, che possono avere effetti a cascata su tutta la rete alimentare marina.
L’importanza del mondo della ricerca per salvare e reintrodurre specie a rischio estinzione
La Giornata Nazionale del Mare è un’opportunità per riflettere sull’importanza della conservazione degli organismi marini e per dare rilievo al lavoro instancabile dei ricercatori che ogni giorno si impegnano per salvaguardare questo prezioso ecosistema. Sono diverse le specie infatti che – molto comuni fino a pochi anni fa – oggi sono a rischio.
Un esempio è quello della Pinna Nobilis. Purtroppo, a partire dal 2016 un’epidemia ha rapidamente decimato la specie, che è quasi del tutto scomparsa dai nostri mari, entrando nella categoria “in pericolo critico” (critically endangered) nella lista rossa IUCN. Oggi la Pinna Nobilis è protetta da leggi internazionali. Per tentare di salvare questa specie, alla fine del 2021 è partito il progetto LIFE PINNA.

Foto – Marco Colombo/Triton
Perché è importante salvaguardare la Pinna Nobilis?
Questo mollusco bivalve – che è il più grande del Mediterraneo – è una specie endemica, ovvero vive solo nel nostro bacino. Eccezionale filtratore, riduce la torbidità dell’acqua e svolge un importante ruolo ecologico di cui beneficiano molte altre specie di invertebrati, tanto che ogni esemplare può essere considerato un ecosistema in miniatura. Ad oggi le speranze di salvezza sono racchiuse sostanzialmente nell’operato dei progetti di ricerca che stanno lavorando a delle riproduzioni in cattività e, al contempo, alle traslocazioni di individui sani di nuovo in mare, con il fine di reinserirli in aree in cui il mollusco era storicamente presente.
Protezione delle specie e degli habitat
Preservare la biodiversità marina del Mediterraneo e delle coste italiane richiede un approccio olistico che comprenda la gestione sostenibile delle risorse, la riduzione dell’inquinamento, l’attuazione di misure per mitigare il cambiamento climatico e strategie efficaci per controllare e prevenire l’introduzione di specie invasive. Solo attraverso tali interventi integrati sarà possibile mantenere la ricchezza e la vitalità di questi preziosi ecosistemi marini.
Il Problema dell’overfishing nel Mediterraneo: impatti sulla fauna marina e comunità di pescatori
Un altro tema da sottolineare è quello relativo al sovrasfruttamento delle risorse ittiche, o overfishing, che rappresenta una delle minacce più gravi per la biodiversità marina del Mediterraneo e ha ripercussioni significative anche sulle economie locali, in particolare per i piccoli e medi pescatori. Questa pratica insostenibile porta alla riduzione drastica delle popolazioni di molte specie ittiche, alcune delle quali sono vicine al collasso, con specie come il tonno rosso e il merluzzo che sono state pescate ben oltre i loro limiti biologici sostenibili.
L’overfishing finisce per compromettere la capacità di riproduzione dei pesci, riducendo così le possibilità di recupero delle specie colpite. Questo declino nelle popolazioni ittiche mette a rischio la sicurezza alimentare e le tradizioni culturali legate alla pesca, che sono centrali in molte comunità costiere mediterranee.
Per i piccoli e medi pescatori, l’overfishing è particolarmente dannoso. Questi lavoratori dipendono dalla sostenibilità delle risorse ittiche per il loro sostentamento quotidiano. Con la diminuzione delle scorte di pesce, i pescatori sono costretti a spingersi sempre più lontano dalla costa, aumentando i costi operativi e riducendo ulteriormente i loro margini di guadagno. Inoltre, la competizione con le grandi flotte industriali, che spesso impiegano metodi di pesca più aggressivi e meno selettivi, esacerba ulteriormente la pressione sulle risorse ittiche e complica gli sforzi per una gestione sostenibile degli stock pescherecci.
Per affrontare l’overfishing nel Mediterraneo, è fondamentale implementare politiche di pesca sostenibili, che includano quote basate su dati scientifici affidabili, la protezione di aree marine vulnerabili, e il sostegno alle comunità di pescatori locali attraverso pratiche responsabili e tecnologie innovative. Solo così sarà possibile garantire la conservazione delle risorse marine per le future generazioni e la sopravvivenza delle comunità di pescatori che da queste risorse dipendono.
Educazione e sensibilizzazione: il ruolo delle scuole
Infine concludiamo lo speciale parlando di come le scuole giochino un ruolo vitale nel promuovere la cultura del mare. Proprio all’educazione scolastica è rivolta in primis la Giornata Nazionale del Mare. Durante tale ricorrenza e nella settimana che la precede, sono infatti organizzate numerose attività educative che mirano a formare una nuova generazione di cittadini consapevoli e attivi nella protezione del mare.
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