La crisi climatica è la grande assente di questa campagna elettorale. La denuncia arriva da Greenpeace che ha reso noti i risultati allarmanti di un monitoraggio realizzato in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia: la crisi climatica è citata in meno dello 0,5% delle dichiarazioni dei leader politici riprese dai principali telegiornali.
Nei TG e nei post di Facebook, l’ambiente è presente in poco più del 10 per cento delle dichiarazioni analizzate, mentre nei talk show le tematiche ambientali sono affrontate nell’80% delle puntate, ma appena citate e declinate sempre in relazione all’attuale crisi energetica.
Caro gas e caro bollette sono al centro del dibattito politico, ma quasi mai si parla della crisi climatica e dei suoi impatti sull’ambiente e sulle persone. Nei TG, inoltre, le dichiarazioni rilasciate dai leader sul climate change sono appena il 3,8% di quelle sull’ambiente.
Stando a quanto emerso nel report, la copertura migliora leggermente nei talk show, dove la crisi climatica è citata nel 7,8% dei discorsi a tema ambientale, pari al 6,2% sul totale delle dichiarazioni. Meno spazio viene dedicato ai cambiamenti climatici su Facebook, citati nel 2,1% dei post a tema ambientale, pari a circa lo 0,2% di tutti i post pubblicati.
Crisi climatica: le dichiarazioni dei leader politici
Lo studio è stato condotto, analizzando le dichiarazioni dei principali leader politici (Berlusconi, Bonelli, Bonino, Calenda, Conte, Della Vedova, Di Maio, Fratoianni, Letta, Meloni, Renzi, Salvini, Speranza, Tajani) nelle edizioni in prime time dei principali telegiornali generalisti e nei talk show politici trasmessi da Rai, Mediaset e La7. Il periodo di riferimento va dal 21 agosto al 4 settembre, mentre sui social media sono stati monitorati i 14 account Facebook dei leader.
Secondo quanto evidenziato nel report, tra i politici, Angelo Bonelli si caratterizza per una comunicazione più ambientale rispetto ad altri leader, inclusi Fratoianni, Berlusconi, Calenda e Salvini, che fanno, invece, riferimento alle tematiche verdi, anche se meno frequentemente, soprattutto in relazione all’energia. Altri esponenti, quali Di Maio, Speranza, Tajani, Bonino, intervengono o citano temi ambientali in maniera più risibile.
Stando ai risultati, le tematiche ambientali sono visibili nella campagna elettorale di Enrico Letta e questo emergerebbe, sia dal fatto che il leader le introduce nella comunicazione auto-diretta su Facebook (con 16 su 99 post dedicati), sia dal fatto che non si limita ad affrontare il tema al traino dell’agenda sulla crisi energetica.
Al contrario, i temi ambientali non sembrano una delle priorità della campagna elettorale di Giorgia Meloni, che di fatto non dedica, nel campione monitorato, attenzione su Facebook alle questioni green, e quando li affronta nei talk show, così come nei TG, lo fa in relazione alle soluzioni possibili alla crisi energetica.
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Fridays for Future: l’impatto sul voto può essere devastante
“Sembra – ha commentato Sebastiano Michelotti, di Fridaysforfuture Italia, a Economiacircoalre.com – che il dibattito in corso stia su universi diversi da quelli di discussione della scienza climatica e delle istituzioni scientifiche sull’energia e sul climate change. L’impatto sul voto può essere devastante, soprattutto nell’ambito energetico. Perché le scelte necessarie sono scelte di responsabilità sul medio e lungo termine, che sono esattamente l’opposto di quello che nasce da una campagna elettorale”.
Fridays For Future Italia, commentando i dati del rapporto di Greenpeace, denuncia anche un forte condizionamento dei grandi media italiani da parte dell’industria del gas e del petrolio. “In parole povere, le BigOil stanno facendo Agenda Setting sulla transizione energetica – ma non solo – e nessuno sembra nemmeno preoccuparsene. Questo oltre che una minaccia alla libertà di stampa, è una minaccia anche per il nostro futuro”, ha aggiunto Michelotti.
“I percorsi di transizione sono potenzialmente tanti, ma è importante capire che non sono tutti uguali. Ogni pathway porta con sé delle differenze anche importanti. Alcune, nonostante progettino teoricamente di arrivare a zero emissioni nel 2050, nascondono delle trappole e delle illusioni che rischiano di farci sbagliare completamente strada. Parlando di target e narrazione mediatica, la differenza tra Net Zero e Real Zero è la prima a essere confusa, spesso volutamente. Ma questi due termini, nascondono radicali e concrete diversità che è necessario che vengano comunicate con minuziosa precisione. Il rischio è quello di fallire la sfida della crisi climatica, pensando invece di star risolvendo le cose. La comunicazione, in questo caso, è dirimente”.
Nel chiedere maggiore attenzione al climate change, il movimento lancia l’allarme soprattutto sul modo in cui vengono date le notizie. “Non si tratta più di quantità. È giunto il momento di addentrarsi nel vivo del percorso di riconversione dell’intero sistema, abbracciandone la complessità. La tendenza a semplificare, forse in questo caso non è l’arma vincente. È necessario sviluppare analisi giornalistiche che connettano la CO2 al tema del lavoro, delle disuguaglianze, della redistribuzione. Fornire collegamenti tematici approfonditi, per aiutare le persone a districarsi in questa complessità, che però non va nascosta. Va fatto a tutti i livelli del sistema mediatico”.
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