La gestione dei rifiuti non è mai stata un’attività esente dal rischio incendi, anzi. Anche per ragioni che spesso sconfinano – o che a pieno titolo rientrano – nell’illegalità: basti ricordare quella che non a caso è stata battezzata la Terra dei fuochi o le analisi delle Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse al ciclo dei rifiuti. Il problema insomma è sempre esistito. Ma sta aumentando di magnitudine e di frequenza.
Il motivo ha che fare con il numero crescente di batterie al litio esauste. Meglio: con la loro cattiva o mancata gestione, che non consente di governare una caratteristica peculiare di questi accumulatori.
La chimica degli incendi
L’elevata densità di energia di queste batterie e i materiali necessari per ottenerla (gli elettroliti usati, cioè i materiali che permettono il movimento degli elettroni tra il polo positivo e quello negativo, sono altamente infiammabili) le rendono “inclini alla combustione o all’esplosione quando vengono danneggiate -spiega un rapporto dell’Environmental Protection Agency USA -. Una batteria agli ioni di litio (LIB – Lithium-ion Battery) danneggiata o difettosa può subire un thermal runaway, una reazione in cui la batteria rilascia inaspettatamente la sua energia e inizia ad auto-riscaldarsi in una reazione di fuga. Questa reazione può produrre rapidamente un calore sufficiente a incendiare i materiali vicini alla batteria, anche se la batteria stessa non si incendia”. Inoltre “se il calore non viene dissipato a sufficienza, la fuga termica si diffonde ad altre celle di una batteria multicella, o addirittura ad altre LIB situate nelle vicinanze. In pratica, questa catena di eventi significa che gli incendi di LIB che vengono soppressi spesso si riaccendono quando altre celle o batterie entrano in fuga termica”.
“Gli incendi che coinvolgono i rifiuti sono sempre stati una sfida, ma le batterie agli ioni di litio vi si aggiungono in modo significativo, creando rischi sconosciuti e imprevedibili” ha detto Mark Andrews, Waste and Recycling Fires Lead del National Fire Chiefs Council britannico, l’organismo di coordinamento dei capi dei vigili del fuoco del Regno Unito. “Possono essere esplosivi e diffondersi rapidamente, con il rischio di riaccensione e di produzione gas tossici”.
“Un problema fortemente sentito in Europa”
Data la loro diffusione, ormai “batteria al litio” è diventato quasi un semplice sinonimo di batteria. Secondo Statista, la domanda globale di batterie agli ioni di litio aumenterà di 7 volte entro il 2030, rispetto ai volumi del 2022. E anche se “gran parte di questa crescita può essere attribuita alla crescente popolarità dei veicoli elettrici”, resta una quota minoritaria ma rilevantissima di altri formati, come quelle per i piccoli veicoli elettrici o per i dispositivi elettronici. Un’analisi di Ecosystem France (Producer Responsibility Organization, l’equivalente dei nostri Consorzi per i rifiuti elettrici ed elettronici) indica che una tipica casa francese contenga in media un centinaio di batterie, per lo più basate appunto sulla tecnologia al litio: “Più o meno 1 batteria per metro quadro”.
Proprio per questo, mi dice il direttore di Assoambiente, Elisabetta Perrotta, “il problema degli incidenti causati dalla gestione delle batterie al litio o dei rifiuti che le contengono è fortemente sentito in Europa e anche in Italia. E sta generando conseguenze pesanti che, oltre quelle economiche e sociali per gli impianti colpiti, diventano di immagine e accettazione per l’intero settore”. Qualche settimana fa, infatti, una nutrita serie di associazioni che rappresentano l’intera catena del valore della gestione dei rifiuti (come FEAD, la European Waste Management Association, o Municipal Waste Europe o EuRIC, la voce delle industrie europee del riciclaggio e CEWEP – Confederation of European Waste-to-Energy Plants) insieme ad organizzazioni che gestiscono la responsabilità estesa del produttore come EXPRA-Extended Producer Responsibility Alliance e sindacati del servizio pubblico (come EPSU — European Federation of Public Service Unions) ha preso carta e penna per scrivere una lettera aperta alla Commissione proprio su questo tema, esprimendo “preoccupazione per il significativo aumento degli incendi nel settore europeo della gestione dei rifiuti, in gran parte attribuiti all’errato posizionamento delle batterie al litio”.
E in ballo non sarebbero sono solo gli impianti ma le ambizioni europee in materia di economia circolare: “Questi incidenti – sottolineano le associazioni – presentano notevoli rischi per la sicurezza dei lavoratori, causano ingenti danni alle infrastrutture critiche e mettono a rischio la stabilità finanziaria degli operatori del settore, nonché il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare dell’Unione Europea.
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Qualche numero
Nella lettera inviata alla Commissione, le associazioni ci permettono di quantificare il rischio incendi. Vediamo allora i dati disponibili.
Francia. Secondo le informazioni fornite del ministero dell’Ambiente francese, come riferisce POLITICO, le segnalazioni di incendi legati alle batterie al litio o ai rifiuti elettronici presso gli impianti nazionali di gestione dei rifiuti sono raddoppiate tra il 2019 e il 2023: “La maggior parte dell’aumento è dovuta a incidenti che hanno coinvolto una batteria al litio mescolata ai rifiuti normali”, ricorda POLITICO.
Un’indagine condotta da Ecosystem France su 109 trasformatori di rifiuti elettronici ha rivelato che un terzo di questi tra il 2016 e il 2019 ha segnalato un incidente grave legato alle batterie.
Germania. Il sito di informazione sui rifiuti EUWID riporta i risultati di un sondaggio svolto (nel 2024) da associazioni delle imprese del settore secondo cui quasi l’80% degli incendi che si verificano nei veicoli per la raccolta dei rifiuti e negli impianti di trattamento è legato allo smaltimento improprio di batterie al litio o di dispositivi contenenti batterie
Olanda. Wendy de Wild, amministratore delegato di NVRD, l’organizzazione olandese che rappresenta i Comuni e le aziende pubbliche incaricate della raccolta e della gestione dei rifiuti, ha dichiarato a POLITICO che “posso facilmente stimare che ogni settimana un veicolo per la raccolta subisca un incendio”.
Gran Bretagna. Stando il già ricordato Consiglio nazionale britannico dei capi dei vigili del fuoco (National Fire Chiefs Council – NFCC), nel Regno Unito, nel 2023 sono stati segnalati oltre 1.200 incendi legati alle batterie nei veicoli per la raccolta dei rifiuti e nelle discariche, con un aumento del 71% rispetto al 2022. Phil Clark, responsabile delle tecnologie energetiche emergenti per NFCC, ha dichiarato che “gli incendi dovuti allo smaltimento non corretto delle batterie agli ioni di litio sono un disastro in agguato”.
Sempre il National Fire Chiefs Council stima che nel 2023 in Gran Bretagna sono state gettate 6 miliardi di batterie, tra cui oltre 1,1 miliardi nascoste in apparecchi elettrici. “I vigili del fuoco – aggiunge Clark – stanno assistendo a un numero crescente di incidenti, che però possono essere evitati smaltendo correttamente e con cura le batterie elettriche”.
USA. Il report dell’Environmental Protection Agency statunitense già citato (datato luglio 2021) ha individuato 64 strutture per la gestione dei rifiuti che hanno subito 245 incendi “causati da, o probabilmente causati da, batterie al litio metallico o agli ioni di litio”. Tra le strutture c’erano impianti di riciclo, veicoli per il trasporto (camion della spazzatura, ecc.), discariche e altre sedi del settore della gestione dei rifiuti (riciclatori di elettronica, stazioni di trasferimento, ecc.). Gli incendi si sono verificati tra il 2013 e il 2020 in 28 Stati.
Austria. Una tesi di dottorato (Thomas Nigl, Università di Leoben, Austria, 2021) stima che da 180 a 240 incendi all’anno nelle strutture di smaltimento siano causati dalle batterie. Considerando l’itero ciclo di vita delle batterie portatili, rileva Nigl, gli incendi sono legati soprattutto al fine vita: “La ricerca ha dimostrato che i rifiuti di batterie sono per lo più colpiti da problemi termici o meccanici durante i processi di gestione dei rifiuti”
Il motivo va ricondotto principalmente alla gestione non corretta, conferma: “Le indagini condotte per individuare la posizione delle batterie non raccolte in modo differenziato hanno rivelato la presenza di elevate quantità di batterie portatili nei flussi di rifiuti solidi urbani”. I dati forniti, relativi al 2016, sono eloquenti: 718 tonnellate nei rifiuti residui, 41 tonnellate nei rifiuti di imballaggi leggeri e 17 tonnellate di rifiuti di imballaggi metallici nel 2016). “Un confronto tra questi numeri e la quantità raccolta separatamente (2.188 tonnellate) evidenzia l’importanza di questi dati”.
Italia. Quanto al nostro Paese, dal Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori (CDCNPA) fanno sapere che non esistono dati ufficiali cui far riferimento. Secondo Giuseppe Piardi, presidente dell’associazione che rappresenta le aziende del trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Assoraee) “il fenomeno è molto frequente e investe una pluralità di soggetti”.
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Il flusso sbagliato
Il motivo degli incendi, dunque, oltre alle caratteristiche degli accumulatori al lito, sta nel fatto che quando diventano rifiuti prendono spesso la strada sbagliata: raccolta indifferenziata, imballaggi, rifiuti elettronici.
Un problema di competenze e di informazione di noi cittadini consumatori. Ma anche un problema di design. Noi consumatori spesso non brilliamo in curiosità, quando si tratta di scoprire dove gettare un rifiuto. Rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) e batterie sono forse uno dei migliori esempi. Per le batterie portatili, ad esempio, “mediamente noi italiani raccogliamo poco più di 3 batterie esauste ogni 10 nuove che vengono vendute”, mi racconta Laura Castelli, direttore generale Erion Energy e presidente del CDCPNA.
L’Agenzia federale tedesca per l’ambiente (Umweltbundesamt-UBA) stima che nel flusso nazionale dei rifiuti domestici potrebbero essere presenti fino a 20.750 tonnellate di batterie.
Spesso però chi progetta i beni che contengono batterie non ci aiuta. Secondo Bebat (la PRO nazionale per le batterie in Belgio), l’85% delle batterie portatili agli ioni di litio è incorporato in dispositivi elettronici. FEAD, EuRIC e le altre associazioni che hanno chiamato in causa la Commissione ricordano che “molte batterie sono incorporate in dispositivi elettronici, tessuti e carte regalo, e i consumatori spesso non sono consapevoli della presenza della batteria nell’articolo e dei rischi associati allo smaltimento improprio dell’articolo alla fine della sua vita”.

Il costo di questi errori
Questi errori non sono indolore. Gestire le emergenze costa. Questo tipo di incendi “presenta notevoli rischi per la sicurezza dei lavoratori, causano ingenti danni alle infrastrutture critiche” affermano FEAD, EURIC e gli altri. Secondo l’indagine di Ecosystem France, il costo degli incendi variava da 190.000 a 1.300.000 euro. Per ciascun incidente. Ma, a carico degli impianti, ci sono i costi legati alla prevenzione, alla formazione del personale, all’adeguamento delle infrastrutture, alle attrezzature antincendio “come termocamere, rilevatori di fumo o cannoni ad acqua di precisione, che possono costare fino a diverse centinaia di migliaia di euro all’anno. A seconda delle dimensioni della struttura, le attrezzature antincendio possono rappresentare fino al 20% del costo totale per i progetti di nuova costruzione” si legge nell’appello alla Commissione. Nel quale i firmatari avvertono che questi costi “mettono a rischio la stabilità finanziaria degli operatori del settore”. E con loro “il raggiungimento degli obiettivi di economia circolare dell’Unione Europea”.
Anche perché ad andare a fuoco non sono solo gli impianti di trattamento delle pile e dei RAEE, ma anche quelli che trattano le frazioni nelle quale le batterie finiscono, come imballaggi e tessile. Le pile, infatti, “sono molto difficili da trovare tra gli altri rifiuti – e queste strutture non sono ben attrezzate per gestire i rischi posti da queste batterie fuori posto. Anche nel caso di strutture ben attrezzate, la combinazione di una batteria ad alta densità energetica con frazioni di rifiuti secchi e altamente infiammabili, come imballaggi, plastica e carta, rende davvero difficile prevenire gli incendi”.
Se l’assicurazione non assicura
“Le imprese, le associazioni e le filiere stanno lavorando da tempo per introdurre soluzioni in grado di minimizzare le conseguenze di questo fenomeno (ad esempio con modalità e sistemi dedicati di raccolta e trasporto dei RAEE contenenti batterie al litio)”, mi spiga Perrotta di Assoambiente. Ma “nonostante gli ingenti costi ed investimenti che già oggi le imprese di riciclo dei RAEE sostengono per far fronte a tali rischi, questa situazione ha visto aumentare anche la diffidenza delle imprese assicurative verso questo tipo di aziende tanto da rendere molto complesso e in alcuni casi impossibile per gli operatori poter sottoscrivere una polizza contro gli incendi e, quindi, poter operare”.
“Il sistema assicurativo ormai non assicura più i nostri codici Ateco” (che codificano le diverse attività economiche), mi dice Piardi, Assoraee. Anche l’appello alla commissione lamenta problemi con le compagnie assicurative: “Le aziende di gestione dei rifiuti – indipendentemente dal fatto che siano private o municipali – hanno trovato sempre più difficile ottenere un’assicurazione per le loro strutture. Le compagnie assicurative rifiutano sempre più spesso di coprire le strutture di gestione dei rifiuti o aumentano drasticamente i premi”.
Lo “State of the Insurance Market Report: 2025 – Outlook – Waste & Recycling” conferma: diversi fattori tra cui “gli incendi in impianti causati dallo smaltimento improprio di batterie agli ioni di litio” hanno portato ad “aumenti tariffari a due cifre e a difficili collocamenti”.
L’industria del riciclaggio, ad esempio, ha oggi un indice di sinistrosità quasi doppio rispetto ad altri settori anch’essi a rischio di incendio, come quello della lavorazione del legno, ricordano EuRIC, FEAD e gli altri. Non a caso Perrotta auspica “l’intervento del legislatore al fine di non pregiudicare gli importanti obiettivi di riciclo definiti per questo settore”.

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Effetto domino
Ma le conseguenze di questi incendi vanno oltre il perimetro delle imprese danneggiate: “Impegnano un gran numero delle limitate risorse del servizio antincendio e di vigili del fuoco per controllare ed estinguere completamente l’incendio, creando ulteriori rischi per la comunità”, perché sottraggono energie forza che potrebbero essere destinata altrove, sottolinea Mark Andrews.
E poi, non ultima, c’è una questione di salute pubblica. Il professor Frank Kelly della Facoltà di Medicina dell’Imperial College di Londra fa l’esempio di roghi nel sud di Londra: “Gli incendi di rifiuti possono causare picchi significativi di inquinamento atmosferico. La nostra analisi degli incendi di rifiuti nelle aree densamente popolate di Herne Hill e Brentford ha dimostrato che essi hanno contribuito al carico di inquinamento locale, con l’incendio di Herne Hill che ha chiaramente portato al superamento delle linee guida dell’OMS per il PM2,5. Ciò ha significato che migliaia di residenti della zona sono stati colpiti e hanno giustamente consigliato di chiudere le finestre. Alcuni non hanno potuto lasciare le loro case. Gli impatti sulla salute degli incendi di rifiuti, compresi i problemi respiratori, sono molto preoccupanti”.
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Possibili soluzioni
Chiarito il problema, FEAD, Municipal Waste Europe, EuRIC e le altre associazioni chiedono “alla Commissione europea di intraprendere un’azione normativa decisiva per mitigare questi rischi e proteggere l’infrastruttura di gestione dei rifiuti e i lavoratori europei”.
E avanzano delle proposte:
Per prevenzione e gestione fondi dedicati dall’EPR. Il campo di applicazione della responsabilità estesa del produttore (EPR) per le batterie e i dispositivi elettronici con batterie incorporate “dovrebbe essere ampliato per coprire la prevenzione dei rischi di incendio e il recupero dei danni […] attraverso l’istituzione di un Fondo per la prevenzione degli incendi e il recupero delle batterie”, chiedono i firmatari della lettera alla Commissione. Secondo Piardi di Assoraee si tratta di una misura sensata visto che affronterebbe “un problema che riguarda tutta la filiera e non L’ultimo anello della catena”. La creazione di un fondo “non sarebbe la soluzione ottimale”, dice Castelli (CDCNPA): “La nostra visione si concentra sull’adozione di misure preventive più efficaci, piuttosto che sul finanziamento per correggere i danni una volta che si sono verificati”.
Deposito su cauzione. FEAD, Municipal Waste Europe, EuRIC e le altre associazioni “è necessario istituire un sistema di deposito su cauzione per le batterie al litio portatili, comprese quelle incorporate in dispositivi elettronici e batteria per mezzi di trasporto leggeri, per incentivare il corretto smaltimento”. Un incentivo finanziario ritenuto “essenziale per rendere i cittadini consapevoli del valore intrinseco dei rifiuti di pile per l’economia circolare”. Non è convinta dell’efficacia di questa misura Castelli: “A livello nazionale ed europeo – ricostruisce – i consorzi hanno condotto diversi studi per esaminare l’efficacia del sistema di deposito su cauzione (DRS) nel promuovere una maggiore raccolta delle batterie portatili. In Italia, sono stati effettuati test su diverse aree del territorio, utilizzando diverse modalità di coinvolgimento dei cittadini, i risultati hanno evidenziato che questa iniziativa ha ottenuto un successo limitato, probabilmente a causa delle caratteristiche specifiche del DRS, che è particolarmente efficace per i prodotti e i rifiuti che sono generati con una frequenza molto elevata come le bottigliette di plastica o similari. Le batterie non hanno questa caratteristica, il che ne riduce l’efficacia come strumento di raccolta”. Sull’opportunità di sistemi di cauzione per le batterie, lo studio già citato della tedesca Agenzie per l’ambiente (UBA) valuta tre opzioni: Opzione 0, nessuna cauzione, ritenuta “inefficace”; Opzione 1, cauzione su tutte le batterie al litio, giudicata “irrealizzabile per complessità”; Opzione 2, cauzione su alcune classi selezionate di batterie, giudicata “praticabile, con effetto positivo sulla raccolta e riduzione incendi, se accompagnata da marcatura obbligatoria e informazione al consumatore”.
Divieto dell’usa e getta con batterie. I prodotti usa e getta con batterie – come alcune sigarette elettroniche, tessuti e indumenti, scarpe (ad esempio per le luci) e alcune carte regalo – dovrebbero essere banditi dal mercato dell’UE (divieto di produzione o almeno di vendita). Un divieto che, viene auspicato, potrebbe essere incluso nelle norme per l’ecodesign. Un divieto del genere “potrebbe aiutare ma non credo sia risolutivo del problema”, mi dice Piardi di Assoraee.
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