mercoledì, Dicembre 3, 2025

Made green in Italy, al via il secondo bando

Dal 28 ottobre, e fino al 28 novembre, si può partecipare al secondo bando lanciato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sullo schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti. La dotazione finanziaria è di 114mila euro

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Allo scopo di continuare a incentivare l’adesione allo schema nazionale volontario denominato “Made Green in Italy” da parte delle aziende italiane, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha da poco diffuso la notizia del secondo bando per l’accesso ai fondi. Si tratta di contributi a fondo perduto che, data l’esiguità dei soldi a disposizione, potranno supportare micro e piccole imprese. La dotazione finanziaria del secondo bando del MASE è infatti di 114mila euro, e per ciascuna proposta progettuale si possono ottenere fino a un massimo di 7.750 euro.

Si può desumere quindi che lo scopo del governo è diffondere il marchio “made green in Italy”, finora poco noto, soprattutto sui territori. Lo schema nazionale su base volontaria per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, che per semplicità è definito “made green in Italy”, è stato partorito nel 2015 dall’allora ministero dell’Ambiente. Dieci anni dopo, ecco dunque il secondo bando per il marchio che si basa sul metodo PEF (Product Environmental Footprint) e che si propone di valutare l’impronta ambientale di prodotti e servizi mediante uno studio accurato del loro ciclo di vita (LCA). L’obiettivo fondamentale è fornire una misurazione completa degli impatti ambientali in tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto o di un servizio.

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Oltre al decreto ministeriale (il n°86 del settembre 2025), la pagina informativa del MASE (a cui si può accedere da qui) reca tre allegati che le imprese dovranno compilare per potere accedere ai fondi. Lo sportello per la presentazione delle istanze sarà attivo dalle ore 8:00 del 28 ottobre 2025, fino alle ore 20:00 del 28 novembre 2025. Il soggetto richiedente può presentare domanda per il contributo solo ed esclusivamente via PEC all’indirizzo dedicato programmicertificazione@pec.mase.gov.it.

Eventuali richieste di chiarimento potranno essere trasmesse ai seguenti indirizzi e-mail: malorgio.matteo@mase.gov.it; valentino.fiamma@mase.gov.it.

Leggi anche: The dark side of the green: quando la sostenibilità è solo branding

Cos’è il “Made green in Italy”?

Lo schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, denominato “Made Green in Italy”, è stato istituito dall’art. 21, comma 1 della legge n°221 del 2015. Nel 2018 è entrato in vigore il regolamento di attuazione ma da allora non c’è stata certo una corsa ad accaparrarsi il “marchio”, complice una certa farraginosità nella comunicazione e l’assenza di un’adeguata pubblicità. Per fare un esempio, soltanto a dicembre 2024 un “prodotto” di eccellenza come il prosciutto di Parma DOP ha avuto, attraverso il suo produttore Devodier Prosciutti, il riconoscimento dal MASE. E basta andare sul sito del MASE per verificare che i prodotti già certificati “made green in Italy” sono ancora pochi, gestiti da pochissime aziende e (non se ne abbiano a male) non granché noti. 

Se è vero che la comunicazione ambientale è sempre più importante per le aziende, e che questo settore è sempre più tenuto sotto osservazione dalle istituzioni europee, l’Italia deve fare fare decisi passi in avanti. Lo schema nazionale volontario “Made green in Italy”si basa, come già annunciato, sul metodo PEF – Product Environmental Footprint, come definito dalla Commissione europea nella raccomandazione 2013/179/UE (sostituita dalla raccomandazione 2021/2279/UE del 16 dicembre 2021), su cui il ministero ha poi innestato ulteriori e più ambiziosi requisiti nazionali di qualità ambientale, in grado di distinguere la produzione italiana.

Nella pagina informativa ad hoc del MASE si legge che “il Made Green in Italy ha l’obiettivo di valorizzare sul mercato i prodotti italiani con buone/ottime prestazioni ambientali (garantite da un sistema robusto scientificamente) e punta con il suo logo a rendere riconoscibili i prodotti per i consumatori, così da incoraggiare scelte più consapevoli. La quantificazione delle prestazioni ambientali di un prodotto, infatti, basata su uno studio PEF completo, verificato e validato da un ente terzo indipendente, prevede tre classi di prestazione: A (valore superiore al benchmark); B (valore prossimo al benchmark); C (valore inferiore al benchmark). Ottengono l’uso del logo solo i prodotti in classe A e quelli in classe B (a fronte di un impegno dell’azienda a migliorare le proprie prestazioni”.

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Inoltre in una manciata di passaggi il ministero ribadisce che la certificazione ambientale messa a disposizione va anche a supporto delle “strategie di marketing aziendale”. Infine vale la pena far notare che il “made in Italy” è di maglie molto larghe, nel senso che si applica anche ai prodotti che utilizzano materie prime provenienti dall’estero. Come spiega il MASE, infatti, “un prodotto che non è 100% made in Italy e coinvolge altri Paesi nella sua lavorazione può comunque aderire allo schema, se l’ultima sostanziale trasformazione, economicamente giustificata, avviene in Italia”. 

Leggi anche: Ennesimo rinvio per la plastic e la sugar tax

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