Tagliare del 90% le emissioni climalteranti UE rispetto al 1990, tenendo però conto anche di meccanismo compensativi: è questo l’obiettivo fissato dalla Commissione Europea. Ieri infatti, mentre l’Europa è colpita da un caldo torrido legato anche alla crisi climatica, l’esecutivo UE ha proposto una modifica della normativa sul clima che fissa per il 2040 l’obiettivo vincolante di riduzione del 90 % delle emissioni nette di gas a effetto serra. Si tratta di un obiettivo di pari entità ma rispetto a quello indicato nel 2024 dalla precedente Commissione, ma giuridicamente vincolante e con la grande novità dell’apertura a meccanismi di flessibilità.
La proposta di ieri si basa sull’obiettivo (giuridicamente vincolante) di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030 e, sottolinea la Commissione, “definisce un modo più pragmatico e flessibile per raggiungere l’obiettivo, in vista di un’economia europea decarbonizzata entro il 2050”.
Pragmatismo e flessibilità sono le parole d’ordine. “Poiché i cittadini europei sentono sempre più l’impatto dei cambiamenti climatici, si aspettano che l’Europa agisca. L’industria e gli investitori guardano a noi per impostare una direzione prevedibile di viaggio – ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen -. Oggi dimostriamo di sostenere fermamente il nostro impegno a decarbonizzare l’economia europea entro il 2050. L’obiettivo è chiaro, il viaggio è pragmatico e realistico.”
Come abbiamo raccontato, la decarbonizzazione viene indicata dall’esecutivo von der Leyen tra le leve strategiche dell’industria UE: “Mantenendo la rotta della decarbonizzazione, l’UE guiderà gli investimenti nell’innovazione, creerà più posti di lavoro, creerà crescita, aumenterà la nostra resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici e diventerà più indipendente dal punto di vista energetico”, sottolinea la Commissione.
Leggi anche: Piano Sociale per il Clima: le critiche delle ong sulla visione incerta e gli impatti…
Il nodo della flessibilità
Principi guida per raggiungere l’0biettivo saranno “l’efficacia in termini di costi, la semplicità e l’efficienza”, oltre a “tenere conto delle specificità nazionali” e “garantire la neutralità tecnologica e una transizione equa e giusta per tutti”. La proposta, spiega la nota dell’esecutivo, “definisce un modo diverso di conseguire l’obiettivo del 2040 rispetto al passato”. Il cardine di questo nuovo approccio sono “le flessibilità”: “Tra queste figurano un ruolo limitato per i crediti internazionali di alta qualità a partire dal 2036, l’uso di assorbimenti permanenti nazionali nel sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS) e una maggiore flessibilità in tutti i settori per contribuire al conseguimento degli obiettivi in modo efficiente sotto il profilo dei costi e socialmente equo”. L’esecutivo Ue chiarisce:” Concretamente, ciò potrebbe dare a uno Stato membro la possibilità di compensare il settore in difficoltà dell’uso del suolo con un risultato eccessivo in termini di riduzione delle emissioni sui rifiuti e sui trasporti”.
Tra le aperture, quella verso i crediti di carbonio. Ogni potenziale utilizzo di crediti di carbonio internazionali “sarà soggetto a una valutazione d’impatto dettagliata e approfondita e all’elaborazione di norme UE che stabiliscano quando e come tali crediti possano essere integrati nella legislazione climatica UE esistente o futura” spiega la Commissione. Queste norme “includeranno criteri e standard solidi e di elevata integrità, nonché condizioni sull’origine, la tempistica e l’utilizzo di tali crediti”. Questi crediti internazionali dovranno quindi “provenire da attività credibili e trasformative, come la cattura e lo stoccaggio diretto del carbonio nell’aria (DACCS) e la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BioCCS) nei Paesi partner i cui obiettivi climatici e le cui azioni sono in linea con l’obiettivo di temperatura dell’Accordo di Parigi”.
Anche gli assorbimenti di carbonio, “sia naturali che industriali”, svolgeranno un ruolo sempre più importante nel raggiungimento degli obiettivi di emissioni nette di gas serra. Questa apertura comprende anche “gli assorbimenti permanenti di carbonio a livello nazionale nel sistema ETS dell’UE per compensare le emissioni residue dei settori difficili da abbattere”. Oltre alla riduzione delle emissioni, quindi, secondo la Commissione anche le iniziative per la cattura del carbonio “sono essenziali per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e dovranno aumentare in modo significativo entro il 2040”.
Wopke Hoekstra, commissario europeo per il clima, coglie i rischi legati a questa apertura: “Se non riusciamo a fare tutto questo in un modo che sia verificabile, certificabile e aggiuntivo, si potrebbero sollevare dubbi sull’effettiva efficacia”, ha detto. “Ma l’umanità ha fatto cose più difficili di questa e sono assolutamente convinto che ce la faremo”.

Leggi anche: Clima, la scienza presenta il conto ai giganti del fossile: 28mila miliardi di dollari di…
I prossimi passi
La proposta della Commissione che fissa un obiettivo climatico vincolante per il 2040 sarà ora presentata al Parlamento europeo e al Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. Con l’obiettivo del 90%, “l’UE sta anche inviando un segnale alla comunità globale: manterrà la rotta sul cambiamento climatico, realizzerà l’accordo di Parigi e continuerà a impegnarsi con i paesi partner per ridurre le emissioni globali”. E proprio in vista del prossimo appuntamento multilaterale sul clima – la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP30) che si terrà a Belém (Brasile) a novembre – la Commissione “collaborerà ora con la presidenza del Consiglio per finalizzare la comunicazione sul contributo determinato a livello nazionale (NDC) dell’UE”.
Leggi anche: CBAM, l’UE accelera sul meccanismo di adeguamento del carbonio
“Attenti alle compensazioni”
Antonio De Caro, presidente della Commissione Ambiente del Parlamento UE, definisce la scelta della Commissione “una pietra miliare sulla strada verso la neutralità climatica entro il 2050”. Ma non nasconde i rischi dell’apertura alle misure di flessibilità: “Dobbiamo essere chiari: la flessibilità non può diventare una porta di servizio per la deregolamentazione. Qualsiasi modifica all’obiettivo fissato per il 2040 deve essere subordinata al rispetto del rigore scientifico e all’equità sociale. Non possiamo permetterci deroghe mascherate o ambiguità che minano la credibilità dell’UE o gli obiettivi fissati”.
Parla di obiettivo “inferiore a quanto raccomandato dai propri scienziati climatici”, Greenpeace: “Il Comitato scientifico europeo per il cambiamento climatico ha sottolineato proprio il mese scorso che l’Ue dovrebbe fissare un obiettivo di riduzione delle emissioni nette del 90-95% entro il 2040 e che questa decarbonizzazione dovrebbe e potrebbe avvenire all’interno dell’Ue“.
Secondo il WWF siamo di fronte ad un obiettivo “inferiore alla giusta quota dell’UE per limitare il riscaldamento climatico a 1,5°C e non è in linea con l’Accordo di Parigi”. Inoltre, “includendo la possibilità di utilizzare compensazioni internazionali, non consentita negli obiettivi per il 2030 e il 2050, la Commissione ha aperto una grave scappatoia e ha messo da parte le prove scientifiche del Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici (ESABCC)”. L’organismo scientifico, infatti, ricorda l’associazione, ha concluso che i crediti internazionali “non dovrebbero in alcun caso far parte dell’obiettivo di riduzione delle emissioni e che la maggior parte delle compensazioni internazionali non ha effettivamente ridotto le emissioni, con una percentuale di efficacia pari ad appena il 16%”.
Per Chiara Martinelli, direttrice di Climate Action Network Europe, “Sebbene non sia all’altezza dell’ambizione di allinearsi agli 1,5°C e dell’equità, la proposta della Commissione è un passo fondamentale, atteso da tempo, per affrontare la crisi climatica. Purtroppo, la proposta si presenta già come un costoso compromesso, con la Commissione che ha ceduto alle spinte degli Stati membri e di alcuni membri del Parlamento europeo per includere scappatoie, come i crediti internazionali di carbonio”. Continua CAN Europe: “Nonostante l’UE sia storicamente tra i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra nelle ultime centinaia di anni, sta ora cercando di comprare la propria via d’uscita dalla responsabilità climatica e di scaricare l’onere sul Sud del mondo e sui Paesi storicamente a più basse emissioni, esacerbando ulteriormente la disuguaglianza globale e ritardando solo l’inevitabile transizione dell’economia dell’UE”. CAN segnala poi altri due problemi. L’inclusione delle misure di rimozione del biossido di carbonio nel sistema ETS “rischia di trasformarlo in un meccanismo di compensazione piuttosto che in uno strumento per ridurre realmente le emissioni”. E l’aumento della flessibilità tra i settori “indebolirebbe anche gli incentivi per i progressi in settori chiave come i trasporti, gli edifici o l’agricoltura. Ciò mina la logica centrale della decarbonizzazione dell’economia e ritarda l’azione laddove è più necessaria”.
“La Commissione europea cercherà di dipingere questo come un ambizioso passo avanti, ma la realtà è che stiamo rapidamente esaurendo lo spazio per raggiungere l’accordo di Parigi”, ha dichiarato Colin Roche, coordinatore per la giustizia climatica e l’energia di Friends of the Earth Europe. “Questo obiettivo non è in linea né con la scienza climatica né con la giustizia climatica”.
Leggi anche: La Commissione allenta le regole degli aiuti di Stato per sostenere l’industria green
© Riproduzione riservata





