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venerdì, Novembre 15, 2024

OFFICINE ZERO, IL BINARIO NON È MORTO

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Redazione EconomiaCircolare.com
[di Ylenia Sina e Milena Rettondini]
Viaggio dentro Officine Zero, la ‘multifactory rigenerata’ dove riuso e riciclo si fondono con creatività e condivisione di competenze

Sinossi

Roma. A pochi passi dalla stazione Tiburtina, in un’area industriale dismessa una cinquantina di lavoratori ha dato vita a una multifactory: Officine Zero.
Come in un grande alveare falegnami, fabbri, designer, architetti, professionisti indipendenti e piccole cooperative condividono spazi, competenze, idee e progetti, guidati dalla ricerca e dallo sviluppo di pratiche di riuso. “Tutto si aggiusta” uno dei motti. Una filosofia che unita a creatività e ricerca trasforma il riciclo dei materiali in uno sconfinato mondo di possibilità. È così che il legno di vecchie finestre diventa materia prima per nuovi mobili; che il pezzo di metallo che un tempo fissava le pastiglie dei treni si trasforma in un reggimensola; che pacchi di batterie di computer da buttare danno energia a trapani destinati alla discarica.
Il luogo stesso su cui ha preso vita Officine Zero è uno spazio riutilizzato: la multifactory è infatti un progetto di rigenerazione urbana su un’area di 20mila metri quadrati dove fino al 2010 erano attive le officine di manutenzione e riparazione dei treni notte dell’azienda Rsi. Quell’anno la produzione viene interrotta e l’area dismessa. Nel 2012 finisce all’asta. Nel frattempo, tutt’attorno, la nuova stazione ad alta velocità ha cambiato pelle al quartiere: là dove c’era il lavoro arrivano case ed uffici. Non in via Partini: prima l’occupazione degli ex operai, poi l’apertura dei cancelli a lavoratori autonomi e precari. Nel giugno del 2013 nasce Oz – Officine Zero.

 

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