A 1360 metri di altezza, in provincia di Cuneo, esiste un posto che è insieme una storia di ribellione e di economia circolare. È un luogo in grado di ricucire legami, di salvare voci e rovine. Un posto in cui è possibile ascoltare discorsi sulla Resistenza e sull’architettura alpina che risuonano nella pietra e nel legno di una baita al riparo dai lupi. Questo posto si chiama Borgata Paraloup, nel Comune di Rittana, in Valle Stura.
Leggi anche: lo Speciale sulle Aree Interne
Una borgata partigiana e il rischio di perdere tracce di memoria
Paraloup (in dialetto occitano “riparo dai lupi”) è la frazione più alta di Rittana e nelle sue tante vite questo villaggio ha avuto a lungo la funzione di “maggengo”, ossia di rifugio durante i mesi di pascolo estivo, da maggio a settembre. Per secoli le baite di Paraloup hanno condiviso le loro esistenze con neve, fieno, mucche e generazioni di famiglie contadine. Una realtà da sempre aspra e difficile che durante la Seconda guerra mondiale diventerà il centro di formazione politica delle bande partigiane del cuneese.
Tra il settembre del 1943 e la primavera del 1944 queste montagne ospitarono il primo quartier generale di Giustizia e Libertà, capitano fra gli altri da Duccio Galimberti, Giorgio Bocca e da Nuto Revelli. Più di duecento giovani passarono per Paraloup, in quella dozzina di baite i destini di tanti studenti, contadini, montanari, artigiani e allevatori si intrecciarono per combattere il nazifascimo e per costruire un Paese diverso, democratico, libero.
Ma nell’Italia del boom economico la velocità dei cambiamenti e le disuguaglianze aggredirono la vita contadina, la provincia di Cuneo, il mondo dei vinti raccontato da Nuto Revelli. E proprio una delle testimonianze raccolta negli anni 70 da Revelli restituisce la condizione della borgata alpina durante gli anni dello spopolamento: “a volte basta il suono di una voce, perché un muro crolli”.
L’impegno della fondazione Revelli per il recupero di Paraloup
Paraloup è memoria, storie di vita, paesaggio, itinerario di Resistenza da preservare e luogo di rinascita. Nel 2006, a due anni dalla scomparsa del narratore del mondo dei vinti, la fondazione Nuto Revelli lotta contro l’abbandono della borgata, progettando una valorizzazione della sua storia e immaginando una rigenerazione ecologica delle baite.
“Paraloup era solo un ricordo – una memoria – e un desiderio. O, per usare un termine più oggettivo, un progetto. Ci aggiravamo tra le macerie di quello che era stato un alpeggio di montanari e un rifugio della prima banda partigiana italiana, negli stretti passaggi tra una baita caduta e un ammasso di rovi, con in mano le carte su cui il creativo gruppo di architetti aggregatosi quasi per magia intorno a quell’idea (Giovanni Barberis, Dario Castellino, Valeria Cottino, Daniele Regis), aveva tracciato il disegno di un futuro che stentavamo a immaginare realtà. Li trasferimmo, quei disegni, sulle pagine di quel memorabile numero zero dei “Quaderni di Paraloup” più come rito propiziatorio che come documentazione formale. Una sorta di patto con noi stessi, nell’impegno a trasferire sul terreno quelle forme di carta. Per far vivere quella nuova, immaginata, casa della memoria. Vi si mostra quale legame inscindibile si sia stabilito, oggi, tra lavoro di recupero, rispetto della memoria, sostenibilità ambientale e rilancio economico delle aree ai margini. Perché sì, di un grande lavoro di lettura, scavo e rinvenimento delle tracce di un’architettura e, dunque, di un’antropologia marginale si è trattato. Una sinergia che è stata d’ispirazione per tutto il nostro progetto”.
Con queste parole Marco Revelli, sociologo, figlio dello scrittore piemontese e presidente della fondazione nel “Quaderno 0” resoconta l’inizio della nuova vita della borgata Paraloup.
Leggi anche: Pronti a dire addio alla legge sulla rigenerazione urbana, ma per fortuna c’è il Pnrr
Una rigenerazione circolare che rispetta l’identità del luogo
Il legame tra recupero delle tracce di memoria e rigenerazione ambientale segnalato da Marco Revelli è individuabile in tanti aspetti della rinascita di Paraloup: dalla progettazione, all’utilizzo dei materiali, passando per le funzioni delle baite fino alle attività economiche e di ricezione. “La filosofia del recupero lascia le tracce delle rovine come definizione dell’esistente e come lettura dei tessuti murari originali, attraverso la cosiddetta memoria di percorso, e rende in ogni momento riconoscibili gli interventi eseguiti dall’operatore ma ricostruisce anche l’immagine della borgata in modo unitario, offre la possibilità di cogliere l’opera, il paese nella sua interezza, nelle sue relazioni, senza pretesa di una ricostruzione impossibile (e falsa) ma attraverso la più attenta lettura delle informazioni offerte dal patrimonio esistente” racconta il gruppo di architetti che ha curato la progettazione e i lavori di recupero di Paraloup. Questa filosofia alla base della rigenerazione della borgata consegna uno spazio sociale ricco di significato dove l’identità del luogo convive con l’architettura contemporanea e con la valorizzazione del paesaggio.
Per ristrutturare le baite sono stati utilizzati materiali antichi e nuovi: il legno di castagno locale si inserisce infatti nelle murature in pietra originali, tanto che gli interventi di restauro sembrano quasi impercettibili. Per isolare i tetti sono stati impiegati dei prodotti di alta innovazione tecnologica, come dei sottilissimi materiali di origine aerospaziale, che lavorano assieme a un altro isolante, un’antica conoscenza di questo territorio: la lana di pecora sambucana, razza in via di estinzione riutilizzata in un sistema di filiera del vicino ecomuseo della pastorizia della Valle Stura.
Leggi anche: Il paradosso del Bando Borghi del Pnrr che genera spaesamento
Un centro culturale lungo i sentieri partigiani
Oggi a Paraloup si può soggiornare, pranzare, cenare, ascoltare musica e partecipare a iniziative culturali in programma per tutto l’anno. La baita dedicata al ristoro affaccia sulle Alpi marittime e sulla provincia di Cuneo. I visitatori possono degustare selezioni di prodotti locali, espressione di una filiera corta e sostenibile. Accanto alla baita ristoro c’è il forno di comunità della borgata, così la panificazione torna a essere un’occasione di festa e di incontro.
“Nel 2012 – racconta Beatrice Verri, direttrice della Borgata – grazie a una campagna di crowdfunding e al contributo di Compagnia di Sanpaolo e GAL Terre Occitane, la Fondazione crea lo spin-off Rifugio Paraloup Impresa Sociale s.r.l. che dà vita alla parte turistico-commerciale della borgata: il ristorante da 40 coperti (destinati in breve tempo a raddoppiare con la costruzione di uno splendido terrazzo in legno) e due baite rifugio con 15 posti letto. Il rifugio escursionistico viene dato in gestione a un’impresa di tre giovani della Valle, una delle quali originaria proprio di Rittana. Nel 2015 la Rai sceglie Paraloup come luogo per il famoso Concerto di Ferragosto e nel vicino pianoro del Quiot Rosa, nonostante il maltempo, si riversano migliaia di persone, attratti proprio dalla storia del luogo e dalla sua rinascita”.
Paraloup continua a essere rifugio, produzione di saperi, resistenza, diffusione di conoscenze e fonte d’ispirazione per le sfide del futuro. Paraloup è paesaggio, immaginario e lotta. Non a caso l’anno scorso i Marlene Kuntz hanno scelto la borgata per una delle tappe del progetto Karma Tour. La storica rock band cuneese ha intrapreso un itinerario di residenze artistiche dove soggiornare per raccogliere suggestioni e stimoli che daranno vita a un nuovo album dedicato al cambiamento climatico. In questo processo creativo la band ha vissuto qualche giorno nella borgata partigiana, partecipando a workshop e esibendosi sul palco/anfiteatro in legno di castagno che affaccia sulla valle.
Durante il soggiorno a Paraloup è possibile visitare il museo dei racconti, con l’allestimento permanente dedicato alle tante esistenze della borgata. Chi visita il museo visitatore potrà conoscere, attraverso uno schermo touch, le quattro epoche che hanno caratterizzato più significativamente la storia di Paraloup: la fine dell’Ottocento, con le migrazioni alpine, il periodo della Lotta di Liberazione dal nazifascismo, l’epoca dello spopolamento delle Alpi e il ritorno alla vita in montagna di oggi. Una volta ascoltata l’introduzione della stagione scelta, sullo schermo compaiono diverse domande che il visitatore può porre ai testimoni protagonisti di quelle “stagioni”: a quel punto saranno le voci dei protagonisti, spesso intervistati dallo stesso Nuto Revelli, a rispondere. E fuori dalle baite, grazie al recupero del territorio intorno alla borgata, chi arriva a Rittana potrà attraversare le mulattiere e la rete di sentieri percorse dai montanari e dai partigiani, respirando in alta quota – come ricorda Revelli pensando a Paraloup – attimi di libertà totale.
Leggi anche: Ostana, storia di una rigenerazione ai piedi del Monviso
© Riproduzione riservata