Dove finiscono i RAEE, i Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, una volta che escono dalle case delle italiane e degli italiani? È la domanda da cui parte un interessante e dettagliato report – anzi, siamo di fronte a una vera e propria inchiesta sul campo – che è stata realizzata da Altroconsumo, la storica organizzazione con più di 300mila aderenti, ed Erion WEEE, il consorzio del sistema Erion dedicato proprio alla gestione dei RAEE. L’indagine “RAEE: Chi l’ha visto?” ha seguito per sei mesi, grazie all’utilizzo di dispositivi satellitare, i percorsi di oltre 300 RAEE dal momento dell’uscita dalle case di consumatrici e consumatori fino alla loro destinazione finale. Scoprendo dati allarmanti.
In Italia più di un RAEE su due sfugge alla corretta filiera, con notevoli ricadute ambientali ed economiche per il Paese. E a ciò va aggiunto il vero e proprio spreco che tale fenomeno illegale comporta, nel senso che senza il monitoraggio e il tracciamento di questi rifiuti finiscono per perdersi anche le preziose materie prime critiche che essi contengono al proprio interno. Tra le destinazioni anomali ci sono soprattutto i Paesi africani – con Senegal, Egitto e Marocco in testa – ma anche zone residenziali e acciaierie italiane.
Per Giorgio Arienti, direttore generale di Erion WEEE, “questa inchiesta evidenzia ancora una volta il cuore del problema: accanto al sistema RAEE italiano, che funziona e porta benefici al Paese, c’è una zona grigia fatta anche di traffici illeciti. Affinché non vengano vanificati gli sforzi dei cittadini e dei soggetti virtuosi che operano nel settore – aggiunge Arienti – è necessario intensificare i controlli lungo tutta la filiera e prevedere sanzioni più dure per chi alimenta questi flussi”.
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Troppi pochi RAEE arrivano al centro di coordinamento
In Italia sono poco più di 6 su 10 i RAEE, sia di grande che di piccole dimensioni, che in Italia, seguono il corretto percorso che porta a un impianto accreditato in grado di garantirne il corretto riciclo. Gli altri, abbiamo detto, seguono altri percorsi, che sono stati raccontati ieri pomeriggio a Roma in un incontro che ha illustrato i risultati principali dell’indagine di Erion WEEE e Altroconsumo
L’inchiesta, che segue a distanza di quattro anni quella condotta sempre con Altroconsumo su 200 grandi elettrodomestici, ha questa volta previsto il monitoraggio di 370 RAEE (300 grandi apparecchiature e 70 piccole) provenienti da tutte le regioni d’Italia. All’interno del campione analizzato (che, vale la pena di sottolinearlo, non è rappresentativo a fini statistici) sono presenti rifiuti elettronici differenti e appartenenti a quattro raggruppamenti: R1 (frigoriferi, congelatori, ecc.), R2 (lavatrici, lavastoviglie, ecc.), R3 (televisori, tablet, ecc.) ed R4 (elettronica di consumo e piccoli apparecchi).
Su ognuna di queste apparecchiature vecchie o guaste è stato installato un dispositivo GPS in grado di monitorarne la posizione lungo tutto il percorso, a partire dalla casa in cui si trovava prima del conferimento. A fronte di un campione di 264 RAEE considerato valido ai fini dell’inchiesta (per gli altri 106 la trasmissione è stata interrotta nel luogo del primo conferimento o il trasmettitore è risultato difettoso), solo 175 (il 66,3%) sono giunti in uno degli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE (CdC RAEE), rimanendovi per un periodo di tempo sufficiente a poter essere trattati correttamente.
In 12 casi (4,5% del campione), invece, la permanenza dei RAEE nell’impianto accreditato è stata troppo breve per consentire una lavorazione plausibile, in linea con gli standard qualitativi dal Centro di Coordinamento RAEE, mentre altri 15 rifiuti (5,7%) sono stati trasportati in impianti registrati ma non accreditati e quindi non tenuti formalmente a rispettare gli standard di trattamento riconosciuti dal Centro di Coordinamento.
Anche i restanti 62 RAEE monitorati (pari al 23,5% del campione) hanno intrapreso un percorso non virtuoso: i rifiuti, infatti, dal luogo di conferimento hanno raggiunto una destinazione diversa da quella prevista, finendo in alcuni casi addirittura all’estero. Questo cluster rappresenta un flusso illegale, perché durante il proprio percorso i rifiuti non sono mai transitati in impianti autorizzati al trattamento sfuggendo così a ogni controllo. Le destinazioni anomale riscontrate sono tra le più varie.
Ad esempio, 3 notebook sono arrivati in Africa; hanno lasciato i porti nazionali e sono approdati in Senegal, Egitto e Marocco. In altri casi, la trasmissione si è interrotta presso zone residenziali dove la batteria del tracciatore si è scaricata o dove il tracciatore è stato rilevato e messo fuori uso. Inoltre, non mancano RAEE gettati in discariche abusive o consegnate direttamente ad acciaierie o attività di recupero e riciclo di metalli ferrosi senza essere lavorati.
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Se 400mila tonnellate di RAEE in meno vi sembrano poche…
Oltre a questo lavoro efficace di tracciamento, il merito dell’indagine di Erion WEEE e di Altroconsumo è quello di restituire un quadro chiaro di come funziona il sistema RAEE, dalla cui descrizione si evincono anche gli strumenti necessari per migliorarlo ulteriormente.Il sistema “formale” di gestione dei RAEE provenienti dai nuclei domestici è multiconsortile. Regolamentato dal decreto legislativo 49/2014, è fondato sull’azione responsabile dei diversi attori che vi partecipano: produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rivenditori e installatori, Comuni e aziende della raccolta rifiuti, cittadini, impianti di trattamento accreditati al Centro di Coordinamento RAEE.
“All’interno di questo sistema – si legge nell’indagine – il Centro di Coordinamento RAEE è il punto di riferimento per le attività di tutti i soggetti coinvolti. I produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche adempiono al proprio obbligo normativo costituendo i sistemi collettivi, consorzi senza fini di lucro aderenti al Centro di Coordinamento RAEE, che si occupano del ritiro dei RAEE presso i siti di raccolta e del trasporto alle aziende del trattamento qualificate per il recupero, nel rispetto di condizioni operative omogenee sull’intero territorio nazionale. La responsabilità della raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici consegnati gratuitamente dai cittadini è attribuita, per legge, ai Comuni – che predispongono centri di raccolta gestiti in autonomia o affidati alle aziende della raccolta rifiuti – e ai rivenditori che organizzano propri luoghi di raggruppamento o conferiscono i RAEE presso i centri di raccolta comunali convenzionati”.
Dall’indagine di Erion WEEE e Altroconsumo si apprende poi che nel 2022 i 1.045 impianti “registrati” hanno dichiarato solo il 4% del totale dei RAEE domestici, mentre il 96% è stato dichiarato dai 48 impianti “accreditati”. Secondo l’ultimo rapporto annuale del CdC RAEE, infatti, il dato di raccolta pro-capite di RAEE domestici in Italia si attesta su 6,12 chilogrammi per abitante, a fronte di un obiettivo europeo pari a 11 chilogrammi: secondo le stime di Erion WEEE, mancano all’appello circa 400mila tonnellate di RAEE domestici, vale a dire quasi 3 milioni di grandi elettrodomestici (come frigoriferi, condizionatori e lavatrici) e più di 400 milioni di piccoli elettrodomestici (come cellulari, microonde, radio).
“Nel nostro Paese gli impianti accreditati al Centro di Coordinamento RAEE sono in grado di riciclare oltre il 90% in peso dei RAEE – spiega ancora Giorgio Arienti, dg di Erion WEE – Il problema non è quindi il riciclo, ma la raccolta: una parte di questi resta nelle case degli italiani, ma gli altri? Finiscono in mano a soggetti che usano i RAEE unicamente per il proprio tornaconto, catturando le materie più facili da estrarre nel modo più economico, senza minimamente curarsi dell’aspetto ambientale. E questo comporta anche una significativa diminuzione della capacità di riciclare tutte le materie prime seconde e le materie prime critiche, fondamentali e strategiche per il nostro Paese, contenute nei RAEE”.
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