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domenica, Dicembre 22, 2024

Le difficoltà dei Paesi UE sui rifiuti di imballaggio di plastica

L’ultima relazione della Corte dei conti europea analizza l’introduzione della misura che vorrebbe favorire una maggiore economia circolare nei 27 Stati membri dell’Unione Europea. Solo 5 Paesi hanno rispettato le indicazioni. Prevalgono definizioni incoerenti e metodi di compilazione errati

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Redazione EconomiaCircolare.com

Doveva essere una “risorsa propria basata sulla plastica”, secondo la definizione dell’Unione Europea, ma dalla sua introduzione, avvenuta nel 2021, la misura non ha funzionato agevolmente e anzi ha messo in difficoltà i 27 Paesi membri dell’UE. Così in una nuova relazione la Corte dei conti europea solleva più di una perplessità sulla “risorsa propria basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati”.

Le azioni volte a monitorare e a sostenere l’attuazione di tale misura, sostengono i giudici amministrativi, non sono state tempestive. E molti Paesi europei si sono fatti trovare  impreparati alla sfida. In particolare sono sorti problemi persistenti con la comparabilità e l’affidabilità dei dati, nonché la mancanza di controlli adeguati sui rifiuti di imballaggio di plastica effettivamente riciclati, tutti fattori che implicano probabili incorrettezze nel calcolo della risorsa.

“Dopo aver utilizzato le stesse risorse proprie per 33 anni, nel 2021 l’UE ha introdotto una fonte aggiuntiva di entrate basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati generati dagli Stati membri. Tuttavia il metodo di calcolo di questa nuova entrata presenta ancora troppe debolezze”, ha dichiarato Lefteris Christoforou, membro della Corte responsabile dell’audit. “Pertanto chiediamo alla Commissione europea di risolvere immediatamente il problema e che gli insegnamenti tratti in questa occasione vengano sfruttati nell’elaborazione di potenziali future fonti di entrate dell’UE”.

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Una risorsa che ancora non lo è

Chi legge EconomiaCircolare.com avrà fatto l’abitudine coi lunghi titoli della Corte dei conti europea, una sorta di spiegone che condensano in poche parole decine e decine di pagine. Anche in questo le 54 pagine della relazione n°16 del 2024 sono efficacemente riassunte nel titolo del report: Entrate dell’UE basate sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati – Un esordio difficile ostacolato da dati che non sono sufficientemente comparabili o affidabili. Nella prima parte si definisce meglio la “risorsa propria” – una sorta di tassa a livello comunitario – e si definiscono ruoli e responsabilità, spiegando poi meglio l’obiettivo principale della Corte dei conti europea e di un audit che si è svolto da giugno 2023 a febbraio 2024.

imballaggi plastica 2

“La risorsa propria dell’UE basata sulla plastica, oltre a contribuire al rimborso dei fondi dello strumento europeo per la ripresa, mira a fornire un incentivo a ridurre il consumo di prodotti di plastica monouso, promuovere il riciclaggio e dare impulso all’economia circolare – scrive la Corte – È costituita da un contributo nazionale calcolato sulla base di un importo pari a 0,80 euro per chilogrammo di rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati. Poiché i dati pertinenti sono disponibili solo a distanza di due anni, i contributi sono basati su previsioni che sono successivamente adeguate. Nel 2023 le entrate derivanti dalla risorsa propria basata sulla plastica ammontavano a 7,2 miliardi di euro, pari al 4% delle entrate complessive dell’UE”.

L’obiettivo dell’audit della Corte era esaminare il quadro istituito dalla Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, per la gestione di tale risorsa propria. In particolare, la Corte ha valutato se:

o la Commissione e gli Stati membri fossero sufficientemente pronti all’introduzione della nuova risorsa propria;

o la Commissione e gli Stati membri fossero in grado di assicurare la comparabilità e l’affidabilità dei dati per il calcolo della nuova risorsa propria.

Nella relazione i giudici amministrativi segnalano che solo 5 Paesi dell’UE hanno recepito le disposizioni della direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio nella legislazione nazionale entro i termini, inducendo la Commissione europea ad avviare procedure di infrazione nei confronti dei 22 Stati membri rimanenti, delle quali una era ancora in corso al momento dell’audit. Come è noto tra gli Stati che hanno ricevuto la procedura di infrazione c’è anche l’Italia. D’altra parte per la loro analisi gli auditor della Corte hanno visitato tre Stati membri: Romania, Italia e Paesi Bassi. Tali Paesi sono stati selezionati sulla base delle informazioni disponibili presso Eurostat e con l’obiettivo di raccogliere informazioni in Stati membri con diversi livelli di plastica prodotta pro capite, diversi tassi di riciclaggio e diverse quantità esportate ai fini del riciclaggio.

I controlli di conformità sono stati effettuati da un contraente esterno una volta considerato completato il recepimento della normativa europea. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, la Corte ha notato che almeno una disposizione fondamentale (ad esempio, la definizione di “plastica” e di “imballaggio”, o il calcolo dei rifiuti di imballaggi di plastica generati e riciclati) non era stata adeguatamente recepita. Gli auditor della Corte rilevano che dare seguito a tali questioni può richiedere anni. Fino ad allora, i Paesi dell’UE probabilmente continueranno a utilizzare definizioni incoerenti e metodi di compilazione errati che incidono sul calcolo dei rispettivi contributi: è per questo motivo che la Corte esorta la Commissione europea ad affrontare la situazione.

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Quando i dati non tornano

Per il primo anno di attuazione della risorsa propria basata sulla plastica (2021), la maggior parte degli Stati membri (22 su 27) avevano previsto una quantità inferiore a quella calcolata utilizzando i dati definitivi. Nel complesso, la quantità totale di rifiuti di imballaggio non riciclati prevista per il 2021 era di 1,4 miliardi di chilogrammi in meno rispetto alle quantità comunicate nel 2023. Di conseguenza, la risorsa propria basata sulla plastica per il 2021 è stata sottostimata di un importo di 1,1 miliardi di euro (circa un quinto dei 5,9 miliardi di euro riscossi quell’anno), ed è stato necessario compensarla con un’altra risorsa per riequilibrare il bilancio.

La Corte dei conti europea rileva che i paesi dell’UE utilizzano diversi metodi di compilazione e non effettuano un bilanciamento dei risultati ottenuti. Ha inoltre riscontrato che solo 6 Stati membri hanno comunicato i dati relativi al riciclaggio all’atto di immissione in un’operazione di riciclaggio come richiesto dalla normativa, mentre altri hanno principalmente fatto ricorso a dati ottenuti al punto di uscita dall’impianto di cernita, e applicato tassi di scarto medio. Ciò fa sì che le stime degli Stati membri relativi alle quantità riciclate siano difficili da mettere a confronto e meno affidabili, e incide sulla rendicontazione del modo in cui i valori-obiettivo stabiliti dalla direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio sono raggiunti.

Infine, a causa di una mancanza di controlli adeguati, vi è un rischio elevato che alcuni rifiuti di imballaggio di plastica non siano effettivamente riciclati. In effetti, se i rifiuti dichiarati come riciclati sono inceneriti, scaricati o conferiti in discarica, ciò non solo costituisce un reato ambientale, ma si traduce anche in una indebita riduzione degli importi dovuti per la risorsa propria. La Corte dei conti europea rileva che lo stesso rischio si applica ai rifiuti di plastica esportati al di fuori dell’UE, in quanto gli Stati membri non possono attualmente verificare che le condizioni di riciclaggio in paesi terzi siano conformi alle disposizioni UE. Per questo motivo raccomanda di adottare misure per mitigare tale rischio.

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Le risposte della Commissione europea

Come per ogni relazione della Corte dei conti europea è possibile leggere anche le risposte della Commissione all’audit dei giudici amministrativi. In questo caso la lettura è d’obbligo quantomeno perché così si ha un quadro ancora più chiaro, al netto delle difficoltà registrate che tuttavia non appaiono insormontabili. “Tra il 1988 e il 2021 – ricorda la Commissione – le categorie di risorse proprie sono rimaste invariate. Nel corso dei decenni sono stati compiuti vari tentativi di riformare questo sistema e di introdurre nuove risorse proprie. La riforma del 2020 e l’introduzione della risorsa propria basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati hanno creato le premesse per una significativa modernizzazione del sistema delle risorse proprie. La nuova risorsa propria basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati è un esempio dell’impegno mostrato dalla Commissione di diversificare le fonti di reddito dell’UE e contribuire agli obiettivi ambientali, incentivando gli Stati membri a ridurre l’inquinamento causato dai rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati”.

imballaggi plastica 3

Va ricordato, infatti, che gli obblighi giuridici in materia di gestione dei rifiuti di imballaggio, stabiliti nella direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, includono un obiettivo di riciclaggio di tutti i rifiuti di imballaggio del 65% da raggiungere entro il 2025 e obiettivi specifici per materiale, tra cui quelli riguardanti la plastica. Nella segnalazione preventiva della Commissione sono stati individuati 19 Stati membri che rischiano di non raggiungere l’obiettivo del 50% di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio di plastica. Consapevole della volontà di una maggiore sovranità degli Stati membri dell’UE, in direzione contraria rispetto a quanto auspicato dal cosiddetto “rapporto Draghi sulla competitività”, la Commissione sembra voler concedere maggiori ambiti di manovra agli Stati membri.

“La Commissione è pronta ad agire in merito alle raccomandazioni presentate nella relazione – si legge nella risposta – purché tali interventi restino di competenza della Commissione e non comportino ulteriori oneri burocratici superflui. L’attuazione di alcune di queste misure, in particolare per quanto riguarda l’aumento dei controlli sull’effettivo riciclaggio dei rifiuti a livello dei singoli impianti di riciclaggio, dovrebbe essere discussa con gli Stati membri. La Commissione ha inoltre messo in atto i controlli necessari per attenuare i potenziali rischi esistenti a livello degli Stati membri e per garantire che tali rischi non incidano sul bilancio dell’UE o sul livello dei contributi degli Stati membri. Tale processo è iniziato nel settembre 2023 e contribuirà a migliorare la qualità dei dati utilizzati”.

Infine va ricordato che nel 2024 la Commissione ha portato a termine due importanti revisioni legislative: la revisione del regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti e l’adozione di un nuovo regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. “Tali iniziative legislative permetteranno di affrontare diverse questioni sollevate nella relazione” promette la Commissione, la cui nuova formulazione è stata appena nominata. Staremo a vedere se per l’economia circolare ci sarà maggiore o minore spazio di manovra.

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