giovedì, Novembre 6, 2025

La siccità spaventa l’Europa: i dati preoccupanti della Commissione Europea

Le basse precipitazioni, i suoli a secco e i fiumi in contrazione stanno incidendo sulla salute sugli ecosistemi, sull’agricoltura e sui fiumi in tutta Europa e nelle regioni limitrofe: a dirlo è il nuovo report del Joint Research Centre, il centro di ricerca della Commissione Europea. In vista di un’estate che si preannuncia caldissima i dati del JRC sono preoccupanti

Andrea Turco
Andrea Turco
Giornalista glocal, ha collaborato per anni con diverse testate giornalistiche siciliane per poi specializzarsi su ambiente, energia ed economia circolare. Redattore di EconomiaCircolare.com. Per l'associazione A Sud cura l'Osservatorio Eni

Prima che arrivassero le agognate piogge, in arrivo in questi giorni, l’Italia intera guardava con timore all’estate, incrociando le dita sul fatto che ancora una volta l’arrivo del caldo non coincidesse con la siccità. E se è vero che almeno al momento, almeno in Italia, possiamo tirare un sospiro di sollievo, il caldo estivo che dalla fine di aprile imperversava sul nostro Paese sembrava il preludio a un’altra torrida stagione, da affrontare senza la più importante delle risorse naturali, cioè l’acqua. 

Ma per affrontare seriamente un tema importante come quello della siccità bisogna fare i conti con uno sguardo più ad ampio raggio. Cosa ci dicono i dati dell’ultimo anno in Europa? Per saperlo bisogna consultare il report Drought in Europe April 2025, appena pubblicato dal Joint Research Center, il centro studi della Commissione Europea. Secondo il report gli ultimi aggiornamenti mostrano una diminuzione dei flussi fluviali in quasi tutto il Vecchio Continente e il peggioramento generale della siccità: queste condizioni sono innescate da condizioni meteorologiche più calde della media e da precipitazioni più basse in gran parte del continente dall’inizio dell’anno.

Ciò vuol dire conseguenze immediate ad esempio per l’impatto sul trasporto dei fiumi e sugli ecosistemi dell’agricoltura. A preoccupare, inoltre, sono le previsioni secondo le quali fino a giugno l’Europa settentrionale e l’Europa occidentale dovranno affrontare condizioni più secche, mentre i Paesi che affacciano sul Mediterraneo (Italia, Francia, Spagna e Portogallo) dovrebbero beneficiare di un periodo di precipitazioni che potrebbero compensare, solo in parte però, la pochissima neve invernale

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Il caldo invernale influisce sulla siccità estiva

Tra gennaio e marzo 2025, rende noto il report del Joint Research Centre, la maggior parte dell’Europa ha registrato condizioni più calde della media. Nelle Alpi, nell’Europa orientale e nella Scandinavia settentrionale le temperature medie sono risultate superiori a 3 gradi sopra la norma.

siccità 1

Le scarse piogge e il calore intenso hanno asciugato la terra, lasciando i suoli nel Mediterraneo orientale e nell’Africa settentrionale significativamente esauriti dall’umidità. “A fine marzo 2025 – si legge nel report del JRC – l’anomalia dell’indice di umidità del suolo mostra anomalie negative su gran parte della regione del Mediterraneo orientale e dell’Africa settentrionale, indicando condizioni del suolo più secche del solito. Queste condizioni sono principalmente dovute a una combinazione di scarse precipitazioni e alte temperature. Questo andamento è coerente con quello del deficit di precipitazioni accumulato nei mesi precedenti. Alcune delle regioni con le più forti anomalie negative delle precipitazioni sono state anche influenzate da temperature più elevate, che hanno accelerato la perdita di acqua dal suolo”.

Come insegna la terribile alluvione di Valencia dell’autunno del 2024, infatti, suoli più secchi sono poi meno preparati ad affrontare le piogge intense, perché incapaci di assorbire l’acqua in eccesso. Insomma: il rischio che possano ripetersi eventi come quello spagnolo, capace di causare la morte di almeno 227 persone e danni stimati per almeno 17 miliardi di euro, è dietro l’angolo.  Ecco perché la prevenzione alla crisi climatica dovrebbe essere una delle priorità della politica di ogni schieramento. Cosa che però non avviene ancora praticamente da nessuna parte, almeno nel Vecchio Continente. 

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Se la siccità colpisce i fiumi più importanti

Gli effetti della siccità sono diventati più evidenti analizzando i fiumi europei all’inizio di aprile. Grandi aree del Nord Europa e parti delle Alpi occidentali sono attualmente le regioni più colpite. Anche i paesi del Mediterraneo orientale e la Russia occidentale mostrano segni di stress idrologico.

Il caso emblematico delle difficoltà dei fiumi è quello del fiume Reno, che con i suoi 1326 km è uno dei fiumi più lunghi d’Europa. Il Reno nasce in Svizzera, passa per il confine tra Francia e Germania attraversando poi buona parte di quest’ultimo Paese per arrivare poi in Olanda. “Il Reno, come mostrato sia dall’indice di flusso a valle che dai dati osservati sulla portata del fiume, è interessato da livelli di magra moderati – si legge nel report – I dati osservati, forniti dalla Commissione Internazionale per la Protezione del Reno, nel corso d’acqua a monte indicano frequenti livelli di magra. Poiché il bacino del Reno è stato colpito da una primavera iniziale fortemente secca e da un inverno moderatamente secco, la portata si è ridotta, causando impatti multisettoriali e preoccupazioni per i mesi a venire. Sono già state segnalate condizioni critiche e allerte per la navigazione commerciale”.

In misura speculare, magari in un maniera minore su un aspetto e maggiore per un altro, la situazione del Reno si può comparare a quella di altri fiumi: dal Volga al Danubio fino alla Senna e al Po.

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I segnali di avvertimento per i mesi a venire

La Germania settentrionale, i paesi del Benelux (Belgio, Olanda, Lussemburgo), la Danimarca, la Scandinavia meridionale e gran parte del Regno Unito e dell’Irlanda hanno registrato condizioni molto secche a marzo. Modelli simili sono stati osservati nel sud dell’Ucraina. Le condizioni asciutte nei mesi precedenti rischiano di diventare tendenze che sollevano preoccupazioni su come la situazione potrebbe evolversi nella tarda primavera e in estate.

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Mentre la vegetazione in gran parte dell’Europa è apparsa sana entro la fine di marzo, i segnali di stress sono già visibili in alcune parti dell’Africa settentrionale e della Siria occidentale. Come è noto, d’altra parte, le difficoltà degli ecosistemi si contagiano per cui l’Europa in questo senso deve mantenere alta l’attenzione: lo sviluppo precoce delle piante potrebbe infatti mascherare le vulnerabilità che potrebbero emergere se le condizioni di siccità persistono nella stagione di crescita.

Le previsioni da aprile a giugno 2025 indicano condizioni più secche rispetto alla media nell’Europa settentrionale e occidentale, tra cui Regno Unito e Irlanda. Si prevedono condizioni più fredde della media rispetto alla penisola iberica, l’Italia centrale, le Alpi orientali e la Grecia. C’è tuttavia una certa incertezza nelle previsioni a causa della variabilità dei diversi sistemi di modellazione utilizzati.

È probabile che i fiumi rimangano insolitamente bassi in tutta l’Europa orientale fino a maggio e i livelli dell’acqua potrebbero scendere ulteriormente. Non il migliore dei segnali se le temperature dovessero alzarsi all’improvviso tra maggio e giugno.

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AGGIORNAMENTO DEL 12 MAGGIO 2025

Nell’Unione Europea, si sa, le valutazioni scientifiche sono – dovrebbero essere – il preludio alle scelte politiche. E così, dopo lo studio del Joint Research Centre, si attende la “Strategia europea per la resilienza idrica”, che dovrà essere elaborata dalla Commissione Europea entro l’estate di quest’anno.

Come ulteriore spunto per la Commissione, lo scorso 7 maggio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione non legislativa – approvata con 470 voti favorevoli, 81 contrari e 92 astensioni – con la quale le deputate e i deputati hanno esortato la Commissione a stabilire obiettivi settoriali da raggiungere in materia di efficienza idrica ed estrazione di acqua da fonti superficiali o sotterranee, basati su valutazioni aggiornate dei rischi climatici.

Si chiede inoltre all’UE di fare di più per ridurre l’inquinamento idrico causato da prodotti farmaceutici, pesticidi chimici e fertilizzanti, batteri resistenti agli antibiotici, microplastiche e sostanze chimiche, e per eliminare gradualmente le cosiddette “sostanze chimiche permanenti” (PFAS).

Il Parlamento ribadisce la necessità di integrare l’adattamento ai cambiamenti climatici nei piani settoriali che incidono sull’uso dell’acqua e del suolo. “Occorrono inoltre misure forti per le regioni che affrontano criticità specifiche, come quelle prossime al Mediterraneo, le aree insulari e le regioni ultra periferiche. I meccanismi di preparazione e risposta alle crisi per la scarsità d’acqua, la siccità e le inondazioni vanno significativamente migliorati” si legge nella risoluzione.

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