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venerdì, Novembre 15, 2024

“Una finanza davvero sostenibile e una carbon tax globale”. Le proposte della Climate Open Platform

Entro questo mese l'Ue emetterà obbligazioni verdi per un valore di 250 miliardi di euro nell'ambito di NextGenerationEU. Ma agli attivisti per il clima questo non basta, e chiedono una carbon tax globale unita a una tassa sulle transazioni finanziarie

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Redazione EconomiaCircolare.com

Durante il summit sugli investimenti sostenibili organizzato per la prima volta dalla Commissione europea lo scorso 7 ottobre, la presidente Ursula von der Leyen ha ribadito la necessità di puntare sulla finanza sostenibile.

L’Europa è diventata la patria degli investimenti sostenibili – ha detto – Oggi il mercato europeo delle obbligazioni verdi ha un valore di circa 1 miliardo di euro. Con il nostro sistema di scambio di quote di emissione abbiamo costruito il più grande mercato di CO2 al mondo. E nel corso di questo mese rafforzeremo la nostra leadership, quando inizieremo a emettere obbligazioni verdi per un valore di 250 miliardi di euro nell’ambito di NextGenerationEU. Si tratta di una leadership di cui siamo fieri e che continueremo a consolidare”.

Una posizione che la presidente afferma di voler ribadire anche in occasione della COP26 che si terrà a Glasgow nelle prime settimane di novembre.

Sulla leadership europea, relativa alla finanza sostenibile, gli attivisti per il clima sembrano pensarla però diversamente e proprio in occasione dell’ultima preCOP a Milano hanno prodotto un documento di richieste ai grandi della Terra, che è stato consegnato 29 settembre anche al presidente Mario Draghi.

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Il testo dal titolo “Dichiarazione per il futuro” porta la firma della Climate Open Platform, una rete di oltre 130 realtà nata per organizzare le mobilitazioni in vista della preCOP e a cui hanno aderito oltre 130 realtà tra cui solo per citarne alcune: Fridays for future, Greenpeace Italia, Legambiente, Wwf, A Sud, Associazione Terra!, Mani Tese, Per il clima, fuori dal fossile!, ActionAid, Arci, Isde, Fondazione Finanza Etica, Rete della conoscenza.

“Il ruolo del sistema finanziario nella battaglia contro i cambiamenti climatici è cruciale. Il controvalore dei soli prodotti finanziari derivati commercializzati in tutto il mondo è svariate volte superiore al Prodotto interno lordo mondiale. Studi recenti, inoltre, indicano che anche molti dei prodotti finanziari venduti come allineati a standard ambientali, sociali e di governance (ESG), in realtà, solo per quote risibili sono davvero benefici per il processo di decarbonizzazione. Il rischio di greenwashing, dunque, è particolarmente alto”, denunciano gli attivisti.

Leggi anche: Finanza sostenibile, il monito della Corte dei conti europea: “l’Ue deve agire in maniera più coerente”

Finanza sostenibile: le richieste degli attivisti

Per questa ragione la rete delle organizzazioni ambientaliste ha chiesto l’introduzione di strumenti più efficaci, che vadano soprattutto a colpire gli investimenti finanziari di banche e aziende legate ancora alle fonti fossili. Quattro sono i punti fondamentali su cui si concentra il documento della Climate Open Platform.

Si richiede espressamente la creazione di una carbon tax globale che potrebbe scoraggiare gli investimenti nocivi per il clima, unita a una tassa sulle transazioni finanziarie. Quest’ultima sarebbe possibile con un piccolo prelievo da parte dello Stato per ogni transazione, in modo da arginare la speculazione e “drenare dal casinò finanziario internazionale centinaia di miliardi di dollari all’anno, che potrebbero essere utilizzati per progetti di mitigazione e di adattamento”. 

Di nuovo, la tassazione potrebbe essere usata in modo efficace anche “per incentivare le imprese ad operare una transizione nell’ottica di azzerare le emissioni nette di CO2 al più presto”. 

E infine l’ultima azione contro la “finanza insostenibile” dovrebbe riguardare le banche. Le banche centrali, secondo gli attivisti, potrebbero inoltre incidere fortemente nell’incentivazione di investimenti finanziari virtuosi “superando il principio di non ingerenza sui mercati”. 

La piattaforma ha insomma le idee chiare e chiede agli Stati il ritorno a un modello economico in cui i governi intervengano direttamente nella gestione dei flussi finanziari, mettendo un argine a quella libertà di mercato che a partire dalla crisi economica del 2008 ha ormai dimostrato di non essere in grado di auto-regolarsi.

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