“Meraviglioso carbone”, “Trivella, baby, trivella”: come un mantra ripetuto nei suoi comizi, il presidente Usa Donald Trump non ha mai fatto mistero di considerare il cambiamento climatico una grande “bufala”. Non a caso, 75 milioni di dollari in donazioni per la sua campagna elettorale sono arrivati proprio dalle aziende dei combustibili fossili, solo nel 2024. Le scelte politiche di Trump in materia di ambiente non hanno mai seguito le evidenze scientifiche, lo abbiamo raccontato più volte su questo giornale. L’ultimo provvedimento in ordine di tempo è un attacco deliberato all’EPA, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente.
All’inizio del mese sono stati mandati in congedo forzato 144 dipendenti firmatari di una lettera di dissenso contro le azioni e le politiche degli Stati Uniti, che minano “la missione dell’EPA di proteggere la salute umana e l’ambiente”, come si legge nel testo diffuso a marzo, dopo il licenziamento di 388 persone e l’interruzione dei rapporti con alcuni borsisti. Sorte che spetterebbe a tutti i dipendenti EPA che si occupano di giustizia ambientale e contrasto all’inquinamento nelle comunità svantaggiate. “Tolleranza zero nei confronti dei funzionari che agiscono illegalmente per minare, sabotare o ostacolare l’agenda dell’amministrazione” Trump, ha dichiarato in una nota scritta Brigit Hirsch, la portavoce dell’EPA. Già a gennaio Lee Zeldin – politico repubblicano e amministratore dell’EPA dall’insediamento del secondo governo Trump – aveva avvertito che i dipendenti “non allineati” con le direttive del presidente non avrebbero potuto lavorare nell’Agenzia.
“Una ritorsione palese da parte dell’amministrazione Trump”, ha detto a The Hill Nicole Cantello, che rappresenta i dipendenti dell’EPA nel Midwest ed è presidente della sezione locale 704 dell’American Federation of Government Employees (AFGE). “Non giuriamo fedeltà all’amministrazione Trump, ma alla Costituzione. Per questo, non riteniamo di aver violato quel giuramento né di aver fatto qualcosa di sbagliato firmando quella lettera”.
Rottura della fiducia da parte dell’opinione pubblica, indebolimento del consenso scientifico a vantaggio degli inquinatori, freno ai progressi delle comunità più vulnerabili, smantellamento dell’Ufficio Ricerca e Sviluppo, diffusione di una cultura della paura: queste le conseguenze più gravi delle politiche ambientali di Trump, secondo i lavoratori dell’EPA.

Le politiche di Trump sul clima
Gli scenari apocalittici degli incendi in California e le alluvioni in Texas (almeno 120 morti nel momento in cui scriviamo) all’indomani del suo secondo insediamento, sembrano non aver turbato la linea anti ambientalista del presidente Usa.
Ostracismi dentro EPA a parte, all’inizio del mese i siti web ufficiali del governo Usa che ospitavano le Valutazioni Nazionali sul Clima, obbligatorie per legge, sono stati oscurati. Cercando su globalchange.gov non sarà più possibile per governi statali e locali accedere a informazioni fondamentali – in molti casi vitali – sul clima e i suoi mutamenti. La Casa Bianca ha comunicato che, in alternativa, i rapporti sul clima verranno pubblicati sul sito della NASA, come consentito da una legge del 1990. Lo scorso 14 luglio l’Ente Nazionale per le attività Spaziali e Aeronautiche ha ritirato la sua disponibilità. “La Nasa non ha alcun obbligo legale di ospitare i dati di globalchange.gov”, ha dichiarato il portavoce Bethany Stevens in una comunicazione ufficiale.
“Non vogliono che il pubblico abbia accesso a informazioni meticolosamente raccolte e scientificamente validate su ciò che il cambiamento climatico sta già causando alla nostra agricoltura, alle foreste, alla pesca, così come alle tempeste, alle inondazioni, agli incendi e alle proprietà costiere, e su come questi danni peggioreranno in assenza di un’azione concertata”, ha commentato il climatologo John Holdren, consigliere scientifico durante l’amministrazione Obama.
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Gli USA, e l’ambiente, prima di Trump
Sebbene le politiche sull’ambiente del presidente Joe Biden non siano state le più illuminate, su EconomiaCircolare.com abbiamo raccontato i passi dell’amministrazione democratica per contrastare l’avanzamento del riscaldamento globale. Tra questi, l’assunzione di circa seimila dipendenti all’EPA, la stessa Agenzia ora sulla strada dello smantellamento.

Prima di Biden, il governo di Barack Obama aveva approvato il Clean Power Plan (piano per l’energia pulita), un disegno di legge che mirava a ridurre del 32% le emissioni di CO2 da parte delle centrali elettriche su tutto il territorio degli Stati Uniti. Una misura che entro il 2030 avrebbe impedito 90.000 attacchi di asma e 3.200 morti premature all’anno, secondo le stime di Sierra Club, associazione ambientalista statunitense. Con un decreto del 28 marzo 2017, già al suo primo mandato Donald Trump cancella il Clean Power Plan, dichiarando pubblicamente la sua personale guerra all’ambiente.
E non è tutto per il Paese responsabile di circa il 13% delle emissioni globali di anidride carbonica, dati EPA: all’indomani del suo secondo insediamento alla Casa Bianca, Trump ha avviato per la seconda volta il processo di ritiro dall’OMS e dagli Accordi di Parigi sul clima. Non è chiaro in che modo il presidente Usa voglia rendere l’America “great again” ignorando salute, ambiente e le loro intersezioni.
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I tagli e la chiusura dell’osservatorio di Mauna Loa
Il bilancio proposto dal presidente Trump per il 2026 prevede, tra le altre cose, i tagli del budget all’osservatorio di Mauna Loa e ad altri tre osservatori chiave, oltre a quasi tutta la ricerca climatica condotta dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).
Situato su un vulcano delle Hawaii, a oltre 3.380 metri sul livello del mare, l’osservatorio di Mauna Loa è una risorsa indispensabile per le scienziate e gli scienziati del clima di tutto il mondo poiché contribuisce, insieme ad altri, all’analisi dei cambiamenti nel lungo periodo e alla previsione di eventi estremi come ondate di calore, siccità e alluvioni. Dunque a stabilire quali politiche climatiche funzionano e quali no, su base rigorosamente scientifica.
“Non è molto diverso dall’andare dal medico”, dice Rick Spinrad, che è stato amministratore della NOAA durante il governo Biden. “Ci vai regolarmente, fai le analisi del sangue e, se c’è qualche cambiamento, puoi scoprirlo in tempo”.
Con Trump a rimetterci sono sempre i più deboli
La NOAA gestisce anche una rete di “flaconi” che raccoglie campioni d’aria da tutto il mondo, inclusi luoghi remoti privi di infrastrutture per effettuare misurazioni. Quei Paesi in cui gli effetti dei cambiamenti climatici sono più devastanti, nonostante siano i meno responsabili delle emissioni di gas serra. Tagliare i fondi agli enti di ricerca e monitoraggio dello stato di salute del pianeta significherebbe lasciare quelle aree del mondo – e quelle persone – ancora più indietro. E aumentare le disuguaglianze tra i popoli.
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