[di Fabiana Re]
Rifiuti di plastica “bellissimi” e “preziosi”? Nel laboratorio di Izmade tutto è possibile, grazie all’incontro tra tecnologia e passione
Sinossi
“Beautiful Precious Plastic” è l’ambiziosa sperimentazione recentemente avviata da Izmade, impresa sociale con base nella periferia di Torino. Il progetto mira a donare nuova vita ai rifiuti di plastica, impiegati come materia prima dopo esser trattati con una speciale sminuzzatrice. Iniettore, estrusore e pressa completano il quartetto di macchinari Open Source che consentono di trasformare tappi e confezioni di plastica in ciotole di design e pannelli multicolore. Vincitrice di un bando cittadino riservato a progetti di economia circolare, Izmade ha lavorato con passione per costruire le macchine e mostrare che la plastica può essere riciclata su scala locale. Tra ostacoli di natura tecnica e costi inaspettatamente alti, le difficoltà non sono mancate. Oggi però Izmade è fiera dell’opera di sensibilizzazione svolta, attraverso dimostrazioni pubbliche sul funzionamento dei macchinari e sulla creazione di oggetti nati dai rifiuti, e spera di aver contribuito al rafforzamento di una “cultura della sostenibilità” fra i torinesi. La fase di sperimentazione è ora terminata, ma guardando al futuro Izmade spera di far crescere il progetto “Beautiful Precious Plastic”per poter sfruttare le economie di scala e produrre una più vasta gamma di oggetti
Quando Alessandro Grella mi accoglie nella sua fucina creativa, il profumo del legno appena tagliato mi sorprende con un caldo abbraccio. Izlab MakerSpace, spazio di lavoro situato nella periferia torinese, è il cuore pulsante di Izmade, impresa sociale che fa del design ecosostenibile la sua ragion d’essere. Oggi però non sono qui per acquistare elementi di arredo in legno di recupero. La mia attenzione è tutta rivolta a “Precious Plastic Pot”, un’ampia ciotola dalla forma triangolare e dalle tonalità del mare. Mentre ne osservo affascinata le sfumature blu, azzurre e bianche Alessandro mi porge dei pacchetti di minuscoli pezzi di plastica, meticolosamente divisi per colore e composizione chimica. Ecco la materia prima seconda utilizzata per la ciotola: plastica riciclata e sminuzzata. L’idea di impiegare creativamente un materiale di scarto dall’elevato impatto ambientale è valsa a Izmade la vincita di un contributo economico per intraprendere, in via sperimentale, il progetto “Beautiful Precious Plastic”.
L’impresa sociale Izmade
Alessandro mi mostra con una certa fierezza il suo laboratorio, nato nel quartiere Barriera di Milano in una zona riqualificata, in cui un tempo sorgeva un complesso industriale. “Abbiamo costruito noi tutto quello che vedi”, afferma indicando tavoli, sedie, mensole. Architetto di formazione, fin dai tempi dell’Università Alessandro capisce di non poter realizzare con le sue sole forze tutto ciò che sogna di fare. Si unisce così a un gruppo di studenti dal variegato ventaglio di interessi e nel 2006 fonda Izmo, associazione culturale che si occupa di sviluppo locale e di come gli spazi vengano vissuti dalle persone. Con il passare del tempo Alessandro si interessa sempre più al design e all’autoprogettazione, e da queste nuove passioni fiorisce Izmade, branca di Izmo che lavora sulla fruizione non più degli spazi pubblici ma degli spazi privati. Izmade diventa impresa sociale nel 2016, e oggi è una famiglia creativa con quattro soci fondatori e due collaboratori. Ogni oggetto di design firmato Izmade nasce da un’attenta ricerca: deve essere esteticamente piacevole ma non deve far male all’ambiente.
Il progetto: la plastica diventa preziosa
Da sempre attenta ai temi della sostenibilità, Izmade non si è lasciata sfuggire la ghiotta opportunità di partecipare, nell’estate 2018, al Progetto AxTO – Azioni per le periferie torinesi. L’azione 3.02 del progetto prevede di supportare economicamente sperimentazioni innovative che favoriscano il riuso dei beni, la circolarità e il passaggio a forme sostenibili di consumo. Izmade si candida con il progetto pilota “Beautiful Precious Plastic” e si classifica terza, ottenendo 13mila euro per realizzarlo in forma embrionale per sei mesi.
Nell’ideare “Beautiful Precious Plastic”, Izmade ha tratto linfa, spunti e idee dalla community globale Precious Plastic, nata dall’eco-genio creativo Dave Hakkens. “Seguivamo Hakkens da tempo”, mi racconta Alessandro. “Con il bando AxTO abbiamo colto l’occasione per provare a realizzare le sue idee”. Hakkens, designer tuttofare laureatosi a Eindhoven, afferma di dilettarsi a “lavorare sui problemi globali, cercando di risolverli”. È lui la mente dietro al sistema produttivo di Precious Plastic: quattro macchinari in grado di sminuzzare e termoformare la plastica, così da donarle nuova vita. I quattro strumenti sono autocostruibili e i progetti sono disponibili gratuitamente su internet. Da qui, l’idea di Izmade: dar vita a un progetto di riciclaggio della plastica su scala locale, raccogliendo il materiale di scarto in due Case del Quartiere della zona e rilavorandolo con i macchinari di Hakkens. Una volta sminuzzata, la plastica può essere trasformata in oggetti di ogni sorta. Per averne la prova, basta fare un paio di click sulla pagina di Precious Plastic, la community di creativi che hanno adottato il metodo Hakkens. La sezione “bazar” comprende sottovasi realizzati in India, sgabelli, borsette prodotte in Grecia, portachiavi, racchettoni da spiaggia del Kenya… Tutti oggetti di design nati da una materia prima seconda, la plastica, che se dispersa nell’ambiente vanta uno dei tempi di biodegradazione più lunghi nell’Olimpo dei rifiuti. L’innovatività del progetto getta una nuova luce di speranza sul futuro, in un momento in cui l’opinione pubblica sta – lentamente – prendendo consapevolezza delle drammatiche dimensioni del fenomeno dell’inquinamento da plastica. Secondo un recente report del WWF, ogni minuto più di 33mila bottigliette di plastica finiscono nel Mediterraneo. La cifra, del resto, non è così sorprendente, se si pensa che ogni anno vengono prodotti 380 milioni di tonnellate di plastica, e che nel 2015 solo il 20% dei rifiuti di plastica è stato riciclato.
Beautiful Precious Plastic tra aspettative e realtà
Nei sei mesi di sperimentazione, Izmade ha lavorato alla produzione della già citata ciotola “Precious Plastic Pot” e del “Precious Plastic Box”, cofanetto in pannelli di legno e plastica termoformata. Le difficoltà però non sono mancate. Come mi rivela Alessandro, la costruzione dei macchinari open source si è rivelata “estremamente complessa e time consuming”. Il team Izmade ha accettato la sfida e condotto ricerche e sperimentazioni per imparare a conoscere il nuovo materiale, la plastica riciclata, con cui deve lavorare. “Abbiamo anche visitato un’azienda che produce plastica”, aggiunge Alessandro. Dopo mesi di prove sono riusciti a costruire tre dei quattro macchinari di Hakkens, la sminuzzatrice, l’iniettore e la pressa. L’estrusore è ancora un sogno nel cassetto: la realizzazione è molto complessa e i soldi, per ora, sono finiti. Una volta creati i macchinari, bisogna fare i conti con la realtà: per sminuzzare un kg di plastica serve un’ora, quando una grande industria ne vende la stessa quantità a 85 centesimi. “Il progetto, su scala locale, non è economicamente sostenibile”, ammette Alessandro. Eppure il metodo funziona: tocco con mano i pannelli di plastica multicolore nati fondendo trucioli di plastica riciclata, mentre penso ai mille impieghi che questi potrebbero avere nella realizzazione di oggetti quotidiani. La domanda sorge naturale: per quale motivo queste tecnologie non sono sfruttate dalle grandi imprese, avvantaggiate dalle economie di scala? Lo sguardo realista di Alessandro sembra beffarsi della mia ingenuità, mentre mi spiega come funziona il mondo del design oggi. “La gente vuole due cose da un oggetto: che sia bello esteticamente e che il prezzo sia conveniente”. Pochi prestano attenzione ai materiali usati. Le imprese non hanno incentivi a investire in macchinari come quelli di Hakkens: la sostenibilità non è ancora un business redditizio.
Appunti per il futuro
“Intanto abbiamo dimostrato che si può fare. È possibile riciclare plastica su scala locale”. Alessandro non perde l’entusiasmo quando gli chiedo di tirare le somme sulla sperimentazione. Una piccola impresa artigiana come Izmade può inoltre svolgere attività di sensibilizzazione, mostrando al pubblico il funzionamento dei macchinari trasforma-rifiuti. Bisogna costruire una nuova mentalità, educare le persone a ristabilire le priorità e a prediligere l’acquisto di prodotti sostenibili. “C’è gente che mi dice: perché dovrei mettermi dei rifiuti in casa?”, mi racconta Alessandro. Alzo gli occhi al cielo. “Poi però ci sono i bambini, che si gasano alle dimostrazioni in cui facciamo vedere come fondere la plastica”.
Difficile, per una piccola realtà, avviare una produzione economicamente sostenibile in soli sei mesi. In futuro però Alessandro immagina di acquistare i trucioli nelle industrie, per abbattere i costi, e costruire un forno più grande che permetta di creare oggetti di dimensioni maggiori. L’obiettivo pare ambizioso, ma “siamo sempre positivi, sempre fortunati”, scherza lui con un sorriso. Sa bene che le cose belle richiedono tempo e dedizione. Guarda dov’è arrivata Izmade finora, mi dico: in dieci anni si è trasformata da vago sogno di uno studente a campione dell’economia circolare torinese. Ancora un po’ di anni, e chissà dove arriverà.