Milano, Torino, Firenze, Langhe-Roero, Aosta e Trento: i Restart Party sono da tempo una realtà diffusa e attiva in molte città d’Italia. Eventi gratuiti occasionali dedicati alla riparazione condivisa, dove tanti eco-volontari insegnano a riparare prodotti elettronici e non solo, promuovendo il piacere e l’importanza della riparazione. In tutto sono cinque i gruppi attivi nella Penisola, secondo una recente mappatura effettuata dai Restart Project di Milano, realizzata per lanciare la campagna “Right to Repair” e sensibilizzare sul valore del diritto alla riparazione di elettrodomestici e dispositivi elettronici. Categorie merceologiche che, solo lo scorso anno, hanno prodotto circa 122.330 tonnellate di rifiuti in Italia secondo i dati forniti da Ecodom, il principale Consorzio italiano di gestione di rifiuti elettronici (RAEE), che ha rilevato un incremento del 16% rispetto al 2018. Una quantità paragonabile al peso di 156 Freccia Rossa 1000 da 8 carrozze, che potrebbe essere contenuta provando ad allungare la vita degli oggetti.
Restart Party – la festa della riparazione
Per limitarne la produzione, è stato l’italiano Ugo Vallauri a promuovere nel 2012 a Londra il primo Restart Party (le feste della riparazione). L’anno seguente questi eventi sono sbarcati ufficialmente nel Belpaese. “Per la verità a Milano abbiamo cominciato molto prima – ci spiega Savino Curci, fra i fondatori di Restarters Milano, organizzazione che oggi raccoglie circa 20 riparatori volontari, fra tecnici Arpa, periti informatici, elettricisti. “Nel 2009 organizzavamo già incontri simili con l’associazione “PC Officina”, impegnata nel recupero di vecchi computer, ricondizionati con il sistema operativo Linux e poi donati ai bisognosi. Nel 2012 dei giornalisti contattandoci ci hanno fatto scoprire questo movimento”. Due anni dopo nasceva la formazione Restarters meneghina, che da allora ogni due mesi tiene incontri “on demand”, all’interno di cascine, università, sedi di associazioni ed eventi fieristici, come “Fà la Cosa Giusta”. A pubblicizzare i Restart Party sono gli stessi organizzatori e i gruppi restarters coinvolti, sui rispettivi profili Facebook e sulla piattaforma web therestartproject.org, che aggiorna di continuo la programmazione nel mondo. Fra gli avventori, ci sono soprattutto adulti e anziani, che portano con loro tablet, tostapane, ma anche strumenti musicali, biciclette e oggetti dal valore affettivo, dal quale non si vogliono separare.
Come diventare un restarter
“Ogni oggetto ha la sua storia e rappresenta per noi una sfida”, racconta Filippo Micheletti, 35 anni, ingegnere elettronico e membro di Restarters Firenze, associazione che coinvolge circa 60 soci, molti dei quali effettuano riparazioni. “Per diventare restarters non serve una specifica formazione. Conta la curiosità e la voglia di capire come funzionano le cose. Nel nostro team c’è anche un geologo in pensione, una casalinga, una restauratrice. Una volta al mese ci riuniamo in circoli culturali, parrocchie, sedi Arci, centri per la tutela di minori svantaggiati. Le richieste si sono moltiplicate di recente. Prima del Covid19, ci hanno invitato a sei incontri in un mese”. Ciascun evento dura in media tre ore. Ci si prenota scrivendo il proprio nome su una lavagna. E come trovarsi alla Triage di un pronto soccorso, ma nell’attesa si beve birra e ascolta musica. Quando arriva il proprio turno, i volontari diagnosticano il danno e assegnano un tutor a ciascun utente, che segue tutto il processo di riparazione.
“In media esaminiamo una ventina di dispositivi a giornata. Tanti i cellulari, difficilmente riparabili in un solo incontro, per l’esigenza di ordinare parti di ricambio”, continua Filippo Micheletti. È in direzione del trashware che è evoluta l’attività di Restarters Firenze, volta al recupero di Smatphone e PC. “Durante l’emergenza sanitaria sono state numerose le richieste di dispositivi ricondizionati, avanzate da studenti o da lavoratori costretti in casa”.
Concentrata sul trashware è anche l’Officina Informatica Libera (OIL), che offre uno sportello settimanale di assistenza presso la Casa del Quartiere di San Salvario di Torino. È questa una delle tante realtà parte della galassia dei Restarters del capoluogo sabaudo, unite nella piattaforma restartertorino.it. Fra queste c’è il progetto Artigian(ell)i Digitali, portato avanti dal 2015 dagli alunni dell’ente di formazione professionale Engim Piemonte Artigianelli, che riparano a titolo volontario piccoli dispositivi elettronici, imparando un mestiere e aiutando l’ambiente. A sostenere l’iniziativa, la vendita da parte dei ragazzi di batterie di PC dismessi, trasformati in powerbank per cellulari e una fortunata campagna di crowdfunfing, che ha consentito la nascita del primo Restart Cafè, con apertura settimanale.
La campagna Right to Repair
È invece mensile (a volte ogni 15 giorni) la cadenza dei Restart Party itineranti, ospitati solitamente all’interno di altre manifestazioni. Proprio come quelli effettuati dalla formazione Restarters di Langhe-Roero, che comprende circa dieci persone appassionate di elettronica e fai da te. “Dal 2015 abbiamo tenuto circa cinquanta eventi, tutti censiti su “Fixometer”, la piattaforma web usata per raccogliere dati sulla tipologia di prodotti e guasti riparati”, ribadisce Rosario Antoci di Restarters Torino. Le informazioni vengono elaborate dalla sede di Londra, per redigere report utili alla costruzione di campagne come “Right to Repair”. “Da novembre 2013 a febbraio 2020 sono stati circa 195 i Restart Party italiani, che hanno sottratto circa 2.470 Kg di rifiuti dalle discariche, evitando l’emissione di oltre 33,000 Kg di CO2 nell’atmosfera – informa Sergio Almerares di Restarters Milano – Su 1.308 oggetti esaminati, sono stati solo 241 quelli giunti a fine vita”. Dati sottostimati, precisa l’attivista, considerando che tanti eventi e nuovi gruppi non hanno ancora fornito rapporti di riparazione. Ma dal quale emerge con forza il ruolo decisivo che riveste la riparazione nel limitare la produzione di rifiuti.
Le proposte del Manifesto di Torino
Proprio a Torino è stato svolto il primo Fixfest italiano, che nel maggio del 2019 ha riunito presso il Toolbox Coworking le principali esperienze di Restart Party e Repair Cafè di casa nostra. “Durante l’incontro è stato sottoscritto il Manifesto di Torino, un documento che ha ribadito la necessità di rivedere il modo in cui si consumano e producono i prodotti nel nostro paese e il ruolo cruciale della riparazione nelle comunità. Pratica anti-crisi, che mette al centro le persone, fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici”, commenta sempre Rosario Antoci, fra i promotori del Fixfest, in collaborazione con Restart Project e Mini Maker Faire Torino. Fra le richieste avanzate, la fabbricazione di prodotti facili da smontare e riparare, pezzi di ricambio, aggiornamenti software e manuali tecnici di riparazione. “Siamo consapevoli che non sia sufficiente riparare nelle nostre comunità – è scritto sul Manifesto di Torino – Il successo delle nostre attività dimostra a ogni modo che esiste un’alternativa, ma è necessario che diventi una priorità condivisa”.
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