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venerdì, Novembre 15, 2024

Consegne a domicilio con riutilizzo. Soluzioni rifiuti zero made in Usa

Ordinare pasti a domicilio è una delle abitudini più americane che ci sia e la pandemia non ha fatto che aumentare il ricorso alle tante app che consegnano cibo sulla porta di casa, all’interno di contenitori usa e getta che poi finiscono in discarica. Alcune aziende stanno esplorando soluzioni al problema

Maurita Cardone
Maurita Cardone
Giornalista freelance, pr e organizzatrice culturale, ha lavorato per diverse testate tra cui Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia. Abruzzese trapiantata a New York dove è stata vicedirettore di una testata italiana online, attualmente è corrispondente dagli USA per Artribune oltre a collaborare con diversi media italiani e non. Si occupa di temi sociali e culturali con particolare attenzione alle intersezioni tra arte e attivismo.

Gli Stati Uniti non sono famosi per le buone abitudini alimentari e la dieta dell’americano medio è costituita in buona parte da cibo altamente processato e preconfezionato. Secondo un articolo di The New York Times del 2014, la quantità di cibi confezionati che gli americani consumano è del 31 per cento maggiore rispetto a quella di cibo fresco. Oltreoceano, poi, si mangia più spesso in giro e senza sedersi a tavola: si stima che gli americani consumino il 20% dei propri pasti in auto. Spesso si tratta di cibo da asporto preso dal ristorante di quartiere o, come accade sempre più di frequente per via del recente boom delle app di food delivery, di cibo consegnato a domicilio.

È una delle cose che più sorprende noi italiani quando ci ritroviamo a vivere o viaggiare negli Usa: l’onnipresenza del cibo da asporto. Anche la più classica delle cene in famiglia spesso consiste nell’ordinare piatti preparati al ristorante e consegnati a casa dei consumatori in una varietà di contenitori di materiali diversi, dalla plastica al polistirolo, dalla carta all’alluminio.

Pandemia di rifiuti

La pandemia ha peggiorato le cose: The International Solid Waste Association stima che l’emergenza sanitaria abbia fatto aumentare del 250-300% l’utilizzo di plastica monouso e uno dei motivi principali di questo aumento sarebbe la dipendenza dai contenitori usa e getta per alimenti da parte dei ristoranti che, costretti a chiudere al pubblico, potevano offrire solamente asporto o consegna a domicilio.

Tutto ciò produce grossi quantitativi di rifiuti, in particolare rifiuti plastici: secondo National Geographic, gli Stati Uniti usano circa 36 miliardi di utensili usa e getta all’anno. Insomma, ordinare pasti a domicilio equivale a ordinare spazzatura a domicilio. Lo scorso settembre, dopo 6 mesi di pandemia, il critico gastronomico di The Washington Post, Tom Sietsema, ha scritto un articolo in proposito, spiegando di aver conservato tutti i contenitori in cui gli era stato consegnato il cibo nei mesi precedenti e averne accumulati tanti da riempire un bidone da quasi 400 litri.

E, se è vero che molte città stanno progressivamente mettendo fuori legge i contenitori in materiali impossibili da riciclare, come quelli in polistirolo, è anche vero che le percentuali di riciclo sono ancora basse, oltre al fatto che il processo consuma energia. Meglio, quindi, sarebbe eliminare del tutto i contenitori usa e getta. Alcune aziende stanno iniziando ad affrontare il problema proponendo alternative al contenitore monouso, senza dover rinunciare alla comodità del pasto da asporto o consegnato alla porta di casa. Le idee sono tante e diversi sono gli approcci possibili.

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Consegne senza peccato

A New York, una città che usa 200 milioni di chili di utensili usa e getta per ristoranti ogni anno, dopo qualche tentativo di programma pilota organizzato da agenzie della città, è nato di recente Deliverzero, un servizio di consegne a domicilio che mette a disposizione dei ristoranti contenitori riutilizzabili che poi lo stesso servizio ritira dalle case dei consumatori all’ordine successivo. In alternativa i clienti possono riportare i contenitori direttamente all’attività commerciale. È il ristorante che si occupa poi di lavare e sanificare i contenitori forniti da Deliverzero, come farebbe con piatti e altri utensili utilizzati all’interno del locale. Questa soluzione è pensata specificamente per New York, una città dove il ricorso alle app di food delivery è enorme e dove nessuno rinuncia facilmente alle comodità.

Con Deliverzero il consumatore usa la app come utilizzerebbe qualsiasi altra app per le consegne e i ristoranti possono scegliere di essere presenti su Deliverzero come su altre app. Il costo del servizio è molto contenuto (considerando anche che fa risparmiare al ristorante il costo dei contenitori usa e getta) e viene calcolato in base all’uso dei contenitori.

Vuoto a rendere

Diverso l’approccio di un’azienda della West Coast: a Portland, GoBox offre la possibilità di prendere in prestito contenitori riutilizzabili, in specifici punti vendita o ristoranti dove il consumatore acquista cibo, per poi restituirli. È poi il servizio stesso ad occuparsi di lavare e sanificare i contenitori che vengono poi distribuiti nuovamente a ristoranti e negozi. L’utente va sulla app solo per prenotare i contenitori, non per ordinare il cibo. Sarà poi il ristoratore che, alla consegna, confezionerà il cibo nei contenitori GoBox anziché in quelli usa e getta. Il servizio funziona con una sottoscrizione mensile che offre diverse opzioni a seconda delle necessità dell’utente.

Ha punti vendita in diverse zone del paese, invece, Just Salad, un’azienda che offre un approccio ancora diverso. Si tratta di una catena di fast food salutari dove il cibo da asporto e quello in consegna viaggiano all’interno di contenitori riutilizzabili. I consumatori ordinano online e poi riconsegnano i contenitori in uno dei punti vendita della catena che si occupa di lavarli e rimetterli in circolo. In questo caso, la possibilità per il consumatore di “fare la cosa giusta” è legata alla scelta di un marchio e di prodotti specifici.  Il concetto è lo stesso anche nel caso di Fresh Bowl, che però non è una catena di ristoranti bensì di distributori automatici da cui il consumatore può acquistare insalate e altri cibi freschi in contenitori che poi possono essere restituiti al distributore stesso, guadagnando credito per acquisti successivi. Durante la pandemia, tuttavia, l’azienda ha sospeso il servizio e non è chiaro se riprenderà.

Mercato e regole

Altre aziende stanno sperimentando, a livello locale, soluzioni simili, ma quelli che abbiamo selezionato sono esempi che offrono una panoramica sui diversi possibili approcci al problema. Per evitare che una comodità si trasformi in disastro ambientale, le idee sono tante e diverse, ma per il momento le opzioni a disposizione del pubblico sono ancora limitate, si affidano all’iniziativa privata e lasciano al consumatore la responsabilità di fare la scelta più etica.

Sarà il mercato a decretare quali di questi modelli si diffonderanno, ma una spinta legislativa in questo senso potrebbe fare la differenza. In questo l’Europa sembrerebbe andare in una direzione diversa rispetto all’America, tradizionalmente più portata a farsi influenzare dal mercato che non da regolamentazioni dall’alto. Ma se è vero che nel vecchio continente tendiamo a prendere tutte le cattive abitudini del nuovo, dovremo esplorare anche le soluzioni ai problemi che quelle cattive abitudini generano.

© Riproduzione riservata

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