Dopo oltre un mese di visita in Italia, passata tra sopralluoghi a Poto Marghera, al quartiere Tamburi di Taranto, alla Terra del Fuochi in Campania o alll’impianto di termovalorizzazione di San Vittore, nel Lazio, Marcos A. Orellana, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e dello smaltimento ecocompatibile di sostanze e rifiuti pericolosi, lunedì scorso ha tenuto una conferenza stampa per presentare le sue osservazioni preliminari, propedeutiche al rapporto finale che sarà presentato alla 51a sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel settembre 2022.
Oltre ad affrontare le spinose questioni legate ai siti contaminati (Porto Marghera, Veneto per l’inquinamento da PFAS, Terra dei fuochi, Ilva di Taranto, Livorno per la Solvay) e ai pesticidi (“Sono profondamente turbato dall’autorizzazione dell’Italia all’esportazione di pesticidi che non sono approvati nell’Unione Europea perché pericolosi per la salute umana e per l’ambiente”, un “abominevole doppio standard”) Orellana ha affrontato anche la questione dei rifiuti.
L’allarme sulla riforma Cartabia
Nelle osservazioni, Orellana loda la legge sugli ecoreati (legge 22 maggio 2015, n.68) che ha introdotto nel codice penale italiano i reati contro l’ambiente: “non solo ha introdotto nuovi reati ambientali, ma ha anche migliorato la gamma di strumenti disponibili per combatterli, tra cui l’estensione dei termini di prescrizione (prescrizione), la detenzione preventiva e le intercettazioni”. Ma questa è solo la premessa ad una critica alla riforma Cartabia a ai tempi di prescrizione più brevi per i crimini ambientali: “All’inizio di quest’anno, sono state approvate modifiche legislative che prevedono che i crimini ambientali siano processati con procedure accelerate. Se è vero che processi più agili e veloci sono obiettivi degni di nota, mi preoccupano i tempi di prescrizione più brevi per i crimini ambientali, poiché la loro complessità richiede spesso un tempo considerevole per completare le indagini in maniera adeguata”. Secondo il rapporteur – che nella sua relazione ha anche apprezzato il lavoro dei Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente – queste innovazioni sulla prescrizione “possono portare all’impunità per i crimini ambientali”.
Un richiamo apprezzato da Legambiente, che da anni ha fatto delle lotta agli ecoreati uno delle sue battaglie. “Il Governo Draghi – ha dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale dell’associazione, uno dei rappresentanti di quella che Orellana ha definito “la vibrante ed attiva società civile italiana” – raccolga l’appello lanciato ieri dal relatore speciale Onu sui Diritti Umani a non abbassare la guardia sui reati ambientali”. Per i reati di questo tipo, va avanti Ciafani, “deve invece essere garantito tutto il tempo necessario per fare giustizia in nome del popolo inquinato”.
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Il Pnrr e la prevenzione negletta
Nel suo viaggio in Italia, Orellana, ha messo nel mirino della sua indagine anche l’economia circolare. “Durante la conferenza stampa – racconta Giuseppe Ungherese responsabile campagna inquinamento di Greenpeace – Orellana ha spiegato che il problema dei rifiuti, se non correttamente gestiti, ha ricadute ad ampio raggio. Spazzatura lasciata per strada a Roma a causa di una raccolta inefficace, ad esempio, poi viene trasportata, nella migliore delle ipotesi, fuori Regione, nella peggiore all’estero, dove spesso non ci sono sistemi di trattamento adeguato”. Quindi, aggiunge Ungherese, “le ricadute della malagestione dei rifiuti sui diritti delle persone, ha detto Orellana, vanno ad allargarsi a macchia d’olio anche fuori dai confini del Paese che genera i rifiuti”.
La transizione verso un’economia circolare, sottolinea Orellana nelle sue osservazioni, “richiede un drastico cambiamento nella gestione dei rifiuti”. Cambiamento che nel nostro Paese non sarebbe poi così drastico. “Prendo atto degli importanti investimenti destinati agli impianti di raccolta e trattamento dei rifiuti, tra cui la raccolta differenziata, il riutilizzo e il recupero e la capacità di trasformazione degli scarti in energia (termovalorizzatore), che sono contemplati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”. E qui dobbiamo sottolineare che forse Orellana è stato mal informato, visto che sul riutilizzo nel Pnrr c’è ben poco. “Tuttavia – prosegue – una strategia efficace per la gestione dei rifiuti nell’ambito di un’economia circolare dovrebbe iniziare dalla riduzione dei rifiuti”. Proprio quello che il Pnrr, nella sua impostazione tecno ed impiantocentrica, sottovaluta e trascura. Senza la prevenzione – che, lo ricordiamo, è uno dei primi anelli, uno dei più trascurati, della gerarchie europea dei rifiuti – “le soluzioni di smaltimento previste dal Piano non saranno in grado di rispondere in maniera adeguata al problema dei rifiuti, e potrebbero anche innescare conflitti con le comunità locali residenti nelle vicinanze degli impianti, nuovi o in espansione, destinati alla raccolta e al trattamento dei rifiuti”. Insomma, senza prevenzione, il fenomeno nimby è destinato inesorabilmente a gonfiarsi.
“Col Pnrr abbiamo tantissimi soldi da spendere – riflette Ungherese –. Concordo sula necessità di colmare le lacune impiantistiche, ma non c’è un euro speso sulla prevenzione. Per il Pnrr l’economia circolare è mera gestione dei rifiuti. Niente prevenzione, niente riduzione dei rifiuti a monte, niente prodotti come servizio: tutte queste cose avrebbero consentito di ridurre lo scarto a monte anziché limitarsi, come fa il Pnrr, a migliorare la gestione dello scarto alla fine del ciclo di vita. Il Pnrr italiano è un’operazione molto miope”.
I casi Tunisia e Roma
Orellana tocca anche la brutta storia dei 282 container contenenti rifiuti urbani spediti in Tunisia. “Mi auguro – ha scritto nelle sue osservazioni – che il processo di rimpatrio dei rifiuti dalla Tunisia all’Italia venga effettuato e concluso senza ulteriori ritardi”. E per prevenire altri viaggi illegali di rifiuti, “prima di ogni spedizione, i rifiuti dovrebbero essere caratterizzati. Il costo di tale caratterizzazione dovrebbe essere ripartito secondo il principio ‘chi inquina paga’“.
E veniamo a Roma. Il fatto che il Relatore speciale Onu affronti anche la difficile – e inaccettabile – situazione della capitale può forse contribuire a far uscire questa storia dall’assuefazione con cui ormai viene osservata in Patria. “Prendo atto delle difficoltà della città di Roma a gestire in modo efficiente ed adeguato i suoi rifiuti – scrive Orellana -. La città esporta addirittura [grassetto nostro] i rifiuti in altre regioni d’Italia”. Anche in questo caso l’attenzione torna sulla prevenzione. “Sebbene il Comune si stia adoperando per migliorare la gestione dei rifiuti, è indispensabili adottare politiche efficaci per ridurre i rifiuti”.
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Industria e salute
Per concludere le sue osservazioni preliminari, il Relatore speciale delle Nazioni Unite alza lo sguardo sugli effetti collaterali di un’industrializzazione irrispettosa delle persone, delle comunità e dell’ambiente. “L’Italia – scrive Orellana – dovrebbe intensificare gli sforzi per rimediare agli impatti negativi sul godimento dei diritti umani dovuti a decenni di industrializzazione”. Le autorità, conclude, “dovrebbero garantire che le industrie utilizzino tecnologie e metodi di produzione che non danneggino la salute dei residenti”.
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