Comunque la si voglia vedere, un merito l’ha avuto: riportare al centro la politica. Da intendere come arte del compromesso o della mediazione, a seconda del punto di osservazione. La tassonomia dell’Unione europea, vale a dire la classificazione degli investimenti ritenuti sostenibili dal punto di vista ambientale, per mesi ha fatto discutere, appassionare, riflettere, scontrare. Un dato notevole, soprattutto dopo che la Commissione europea è giunta all’atto delegato complementare, con il quale dovrà fornire indicazioni precise per gli investimenti privati, dopo anni di rinvii e polemiche.
Una partita ancora aperta, sia chiaro: la contestata scelta di inserire sia il gas che il nucleare tra le attività green, seppur con determinati limiti, è soltanto uno degli aspetti ambientali che l’UE vuole definire per raggiungere gli obiettivi climatici che si è posta – la riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030 e la neutralità climatica al 2050. Insieme ai fondi pubblici, come quelli del Next Generation EU, le istituzioni comunitarie sono consapevoli che è necessario anche l’ausilio dei privati. Ecco perché, dunque, l’intruduzione di un sistema di classificazione che possa supportare le imprese nelle proprie scelte e aiuti a indirizzare gli investimenti.
Come avrete modo di leggere nel nostro Speciale, in questi mesi abbiamo raccontato le posizioni in campo, abbiamo riportato il parere degli esperti e delle ong che sono state consultate dalla Commissione, abbiamo analizzato gli equilibri geopolitici e provato a comprendere la posizione dell’Italia, abbiamo sollevato domande e provato a fornire risposte.
Siamo ben consci che la sfida della tassonomia è ardua e che (anche) da questo passaggio dipendono i destini dell’Italia, dell’Europa e dell’ambiente. Il nostro contributo, lo sapete, si basa su un giornalismo costruttivo e rigoroso. Anche per questo motivo rinnoviamo l’invito a inoltrarci i vostri pareri e i vostri contributi. Intanto buona lettura.
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