“Abbiamo sentito l’esigenza di redigere un Manifesto per il riutilizzo, che superi le buone intenzioni di molti di noi”. Con queste parole, a Milano durante la fiera “Fa’ la cosa giusta”, Donatella Pavan, presidente di Giacimenti urbani, ha annunciato la nascita del Manifesto del Riutilizzo. “Vogliamo chiedere al decisore politico nazionale l’attuazione di linee guida nazionali amministrative, fiscali e sanitarie per promuovere e rendere concretamente fattibile l’uso di contenitori durevoli nell’ambito dei consumi domestici, alimentari e non, nella ristorazione e nei pubblici esercizi”.
Un dialogo necessario
Il Manifesto ha visto la luce il primo maggio e nasce dalle riflessioni e dalle esperienze del tavolo di lavoro permanente sul riutilizzo (RiC). “Come favorire i sistemi di riutilizzo e così ridurre la plastica monouso, anche fuoricasa?”, si sono chiesti i partecipanti al RiC (che vede come capofila Giacimenti Urbani, e poi Associazione Comuni Virtuosi, CDA, Pcup, Planet Life Economy Foundation, Scuola Agraria del Parco di Monza, Università Studi Milano-Bicocca e Zero Waste Europe)? La risposta è “solo attivando un dialogo concreto e continuo a livello governativo”. Il Manifesto parte da qui. Con l’aspirazione di “facilitare l’attuazione di circuiti di riutilizzo, come auspicato dalla normativa Europea e nazionale. Nello stesso tempo chiede a tutti gli enti interessati ad attivare questi sistemi di diventare co-portavoce dell’iniziativa”.
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Il rifiuto che non c’è
“Il miglior rifiuto è quello che non c’è”. Ecco il cuore del documento: la prevenzione, “l’insieme di misure, scelte progettuali/tecniche, processi/procedure, comportamenti che evitano all’origine la formazione del rifiuto, superando il più possibile il concetto stesso di ‘usa e getta’ e di ’monouso’”.
Il tema dalla prevenzione e della riduzione dei rifiuti, leggiamo nel Manifesto, “comporta un’attenta revisione e un intervento sui comportamenti dei diversi soggetti che compongono l’intera supply-chain, perché non è possibile intervenire su un singolo aspetto senza concatenarlo a monte e a valle con le relative modifiche culturali, organizzative, tecnologiche e normative. La finalità è proprio quella di creare benessere complessivo, migliore qualità di vita e vitalità ambientale e sociale, creazione di lavoro e di valore per tutti”.
Nonostante l’espansione del riutilizzo si già presente nelle normative sia UE che nazionali, “sono stati tuttavia sinora poco supportati da misure conseguenti atte a dare concreta applicazione ai principi enunciati”. Rispetto all’ambito più sensibile, quello degli imballaggi, “questa attenzione al tema del riutilizzo dovrebbe tradursi anche in chiare misure per definire e regolare ambiti, modalità e limiti per l’introduzione e l’uso di contenitori riutilizzabili”. Serve chiarezza per lanciare iniziative che altrimenti rischierebbero di non avere successo incagliate tra ostacoli burocratici e normativi.
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Il riuso trascurato
“Rispetto ai circuiti B2C l’uso di contenitori riutilizzabili presso negozi al dettaglio/punti vendita della GDO e pubblici esercizi, risulta a tutt’oggi materia sostanzialmente trascurata, quando invece proprio in quel contesto si determina la stragrande maggioranza dei rifiuti”. Oggi in Italia, leggiamo nel manifesto, l’unico vero riferimento normativo è l’art. 7 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, convertito con modificazioni dalla Legge 12 dicembre 2019, n. 141 (c.d. “Decreto clima”) che, regolando le modalità di utilizzo da parte del consumatore di “propri contenitori” per l’asporto di prodotti alimentari, implicitamente dimostra che tale pratica è consentita. Più recentemente la Commissione dell’Unione Europea, nella Decisone di esecuzione (UE) 2022/162 del 4 febbraio 2022, che stabilisce le modalità di applicazione della “Direttiva SUP”, indica tra le misure per conseguire una riduzione del consumo di tazze o bicchieri monouso per bevande e di contenitori monouso per alimenti, la promozione di alternative riutilizzabili a queste tipologie di contenitori monouso, a partire da contesti determinati come gli uffici pubblici, i luoghi di lavoro, i grandi eventi.
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L’appello
“I firmatari del presente Manifesto – questo l’appello che chiude il documento – chiedono pertanto alle Istituzioni e alla Politica un impegno concreto su questi temi, auspicando che vada formandosi una vasta area di portatori d’interesse accomunati dai medesimi obiettivi, alla cui adesione il Manifesto stesso è aperto”.
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