Alzi la mano chi sa cos’è lo space mining. Se alcune persone lo hanno fatto siano orgogliose di se stesse ma non si illudano di essere in numerosa compagnia. In Italia, infatti, di space mining si parla ancora troppo poco e lo si fa appena da pochi anni. Siamo ancora alla fase di ricerca, è vero, ma l’orizzonte di applicazione non appare troppo lontano. E, anzi, la necessità potrebbe accelerare gli sforzi e i progressi.
Di cosa stiamo parlando? Pensate ai corpi celesti, ai pianeti, alle comete, agli asteroidi. Ora pensate alla composizione chimica di questi ultimi. Sono composti anche di minerali e metalli, oltre che di roccia e acqua ghiacciata e composti del carbonio, no? E allora perché non cercare su di essi ciò che ci serve sulla terra? L’estrazione di materie prime critiche, necessarie per la transizione ecologica, dalla terra e dal mare potrebbe spostarsi dunque nello spazio siderale.
Uno scenario quasi fantascientifico che però si comincia a delineare. Al momento le applicazioni principali sarebbero due: fornire in loco le materie prime, ad esempio alle astronaute e agli astronauti in orbita per una missione spaziale, oppure rifornire industrie e persone sulla terra di ciò che già ora scarseggia. Pensate all’opportunità di poter ricavare dai corpi celesti minerali e metalli come nichel, ferro, manganese, platino. Sembra un’ipotesi allettante, resta da capire quanto è fattibile e con quali conseguenze a livello ambientale.
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La NASA alla ricerca di metalli nello spazio? Non proprio
Ha suscitato un po’ di rumore, almeno a livello internazionale, la notizia, diffusa a ottobre dal Financial Times, secondo la quale la NASA, l’agenzia spaziale USA, ha avviato una spedizione sulla fascia di asteroidi in orbita attorno al sole tra Marte e Giove per scoprire, tra le altre cose, se è possibile estrarre metalli dallo spazio siderale. In particolare a essere messo sotto osservazione sarà Psyche, un asteroide ricco di metalli, in un’avventura che dovrebbe durare otto anni.
Il Financial Times scrive che “sarà la prima occasione per un veicolo spaziale di osservare un oggetto celeste prevalentemente metallico, piuttosto che uno formato da roccia, ghiaccio o gas”. Inevitabile non pensare anche al film “Don’t look up”, in cui si raccontano le reazioni del mondo, in verità assai ridicole, alla notizia che un asteroide che sta per schiantarsi sulla terra. Specie perché è ancora il FT a osservare che “la missione su Psyche, che prende il nome dalla dea greca dell’anima, sarà attentamente osservata anche dalle imprese minerarie che mirano a ricostituire le scarse risorse e dai pianificatori di emergenza che mirano a evitare il disastro causato dai detriti spaziali che colpiscono la Terra”.
E allora l’era dello space mining comincerà con il suggestivo nome di Psyche? Non proprio. La stessa NASA, infatti, nei mesi scorsi ha tenuto a specificare che il compito che si è data l’agenzia spaziale americana con questa missione non è quello di estrarre materie prime critiche dagli asteroidi. “Le tecnologie per l’estrazione mineraria degli asteroidi non sono ben sviluppate. In realtà non possiamo ancora estrarre elementi dagli asteroidi, anche se molte persone ci stanno lavorando: nel settore privato, persone al di fuori della NASA. Ciò che la NASA sta facendo sono missioni di ricerca scientifica fondamentale che vanno sugli asteroidi per cercare di capirne di più. E aiuteranno eventuali futuri sforzi per estrarre minerali e metadlli dagli asteroidi. La nostra missione Psyche è un esempio di una di queste missioni. Visiteremo un asteroide che pensiamo sia fatto in gran parte di metallo. Ma da quelle missioni puramente scientifiche arriva l’informazione che forse in un lontano futuro gli esseri umani saranno in grado di estrarre gli asteroidi e salvare alcune delle risorse sulla Terra”.
Insomma: per lo space mining vero e proprio c’è ancora tempo. Ma la strada, forse, appare tracciata da Psyche.
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La prospettiva dello space mining è inevitabile?
Secondo gli esperti e le esperte del settore, la vera prospettiva sullo space mining non è quella del se ma del quando, e in che modo. Già nel 2021 l’ESA, l’agenzia spaziale europea, scriveva addirittura che “il futuro dell’esplorazione spaziale dipende dalla capacità dell’umanità di estrarre risorse nello spazio”. Ricavare materie prime critiche dallo spazio può sembrare allettante di fronte alla scarsità di risorse in giro per il mondo ma allo stesso tempo avrebbe un impatto ambientale considerevole, basti pensare ad esempio ai lanci spaziali in aggiunta che andrebbero realizzati.
Le tecnologie sono già esistenti, vanno ricalibrate sulle nuove frontiere da esplorare, e le aziende che si stanno posizionando in questo senso esistono già. Ad esempio c’è la statunitense TranAstra, che sul proprio sito è netta: “gli asteroidi contengono risorse sufficienti per sostenere una crescita umana esponenziale e sostenibile per un millennio senza mettere a dura prova la biosfera terrestre. Vediamo un futuro abbondante in cui l’umanità farà il salto coraggioso verso la vita, il lavoro e la prosperità nello spazio”.
Più in generale lo spazio siderale, che dalla terra associamo a fantasie fantascientifiche, dopo essere diventato il nuovo fronte di conquista per alcuni Stati, Russia e Cina, si avvia a diventare un nuovo ambito economico per tutti. O almeno questa è la speranza di alcuni apparati economici, come dimostra la corsa allo spazio da parte degli uomini più ricchi del mondo come Elon Musk e Jeff Bezos. In questo senso è prezioso il libro Space Economy di Simonetta Di Pippo, direttrice dello Space Economy Evolution Lab di Sda Bocconi.
Nella sinossi del volume si legge che “la space economy va dunque ben oltre il settore spaziale in senso stretto, perché si estende agli impatti sempre più pervasivi e mutevoli dei prodotti, dei servizi e delle conoscenze che dallo spazio derivano. Molte sono le applicazioni che in altri settori beneficiano dei dati e delle tecnologie spaziali: si pensi all’agricoltura, alla protezione dell’ambiente, alla gestione delle risorse naturali e ai trasporti, per citarne solo alcuni. La space economy vale oggi a livello globale 469 miliardi di dollari, con previsioni di crescita percentuale a due cifre per i prossimi decenni. Ma ciò che più conta è che offrirà opportunità anche ai Paesi meno sviluppati, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile”.
Per concludere, lo space mining potrà affermarsi nell’ottica di un modello di sviluppo come quello attuale, che ci ha portato all’attuale collasso climatico e alla perenne esigenza di risorse naturali da sfruttare. Se invece l’economia circolare diventerà il nuovo paradigma ci ricorderemo dello space mining come dell’ultimo rischio che abbiamo scongiurato. A voi la scelta (noi la nostra l’abbiamo già fatta da tempo).
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