Che cos’è il green marketing? Rispondere a questa domanda è meno semplice di quanto sembri. In tempi di greenwashing il ricorso al colore verde e alla sua english version è molto frequente nella comunicazione di enti e aziende, ma non sempre appropriato. Ecco perché è importante definire quest’espressione superando l’idea – ahinoi piuttosto diffusa – secondo la quale basta una “spruzzata di ecosostenibilità” per sentirsi autorizzati a declamare con fierezza il proprio impegno nel “salvare il Pianeta”.
Che cos’è il green marketing e cosa non lo è
Che cos’è il green marketing lo si può allora definire partendo dalla consapevolezza di cosa non è green. Anzi, per la precisione dalla consapevolezza che termini come “green”, “ecologico”, “ecofriendly” e simili presto saranno da bandire se si vuole mettere in campo una comunicazione corretta. Ciò non vuol dire che non esistano modi per valorizzare l’adozione di pratiche aziendali, eventi e politiche pubbliche rispettose degli ecosistemi e della salute umana.
Se parliamo di green marketing, però, parliamo di attività in grado di promuovere azioni orientate alla “sostenibilità” nella sua accezione più ampia – ambientale, sociale e di governance (ESG) – dimostrando con elementi concreti e verificati, se non addirittura verificati da terzi, che tali azioni sono effettivamente le migliori possibili in quel dato contesto e in quel dato momento.
In questa fase storica, ogni aspetto del business e della vita quotidiana si plasma alla luce degli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e della necessità di mitigare e adattarsi al cambiamento climatico.
Questo è il motivo per cui il green marketing, marketing verde o marketing per la sostenibilità non è più una disciplina relegata a una nicchia di enti o imprese, né è corretto definirlo “il marketing del futuro”, perché già oggi il contesto di mercato e quello sociale richiedono competenze allo stesso tempo specialistiche e trasversali, finalizzate proprio a trasformare in pratiche gli obiettivi fissati a livello globale dall’Agenda 2030, su scala Europea dal Green Deal e in casa nostra da strumenti operativi e attuativi come il Pnrr.
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Una filosofia e una modalità operativa
Secondo Philip Kotler, considerato il padre del marketing moderno, il marketing è “un processo sociale e manageriale mediante il quale individui e gruppi ottengono ciò di cui necessitano e che desiderano creando, offrendo e scambiando prodotti e servizi di valore”.
Il marketing è quindi fondamentale pilastro delle strategie aziendali moderne, si articola in un processo dinamico e orientato al cliente. Le tre fasi del marketing management – analisi, pianificazione e controllo – guidano l’azienda nella definizione degli obiettivi a lungo termine e nell’attuazione delle strategie più efficaci per raggiungerli. Il marketing strategico si concentra sull’ideazione di piani e strategie, mentre quello che la clientela percepisce a primo impatto è frutto del marketing operativo, che si occupa dell’attuazione pratica delle strategie delineate. Quest’ultima fase comprende attività come la gestione delle campagne pubblicitarie, la creazione di contenuti per i social media e il mantenimento delle relazioni con i clienti.
Come accennato, affiancare l’aggettivo green alla parola marketing non è semplicemente un maquillage finalizzato a comunicare qualche elemento legato alla sostenibilità, né la promozione di prodotti e servizi maggiormente ecocompatibili e socialmente responsabili rispetto a quanto fatto in precedenza. Green marketing significa valorizzare e praticare una filosofia già introiettata negli altri settori di un’impresa o ente, con ricadute concrete sulla realtà in termini di innovazione di processi e prodotti, di misurazione delle performance, di piena consapevolezza degli impatti (positivi o negativi che siano) propri e della supply chain, di rendicontazione trasparente di questo complesso di attività e, quando necessario, anche di racconto dei limiti interni o esterni in virtù dei quali certi traguardi di sostenibilità non sono raggiungibili.
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La direzione è tracciata
Due direttive all’esame dei legislatori europei, quella sul Greenwashing ormai in dirittura d’arrivo e quella sui Green Claim, rappresentano un vero a proprio spartiacque per le imprese e per la modalità con cui esse “praticano e predicano” la sostenibilità. A maggior ragione se le inquadriamo nell’alveo di un corpus normativo, quello legato all’attuazione del Green deal, fortemente orientato alla necessità di dimostrare che prodotti e servizi “non arrechino danni significativi”.
A valle di queste norme, muta radicalmente l’approccio e il ruolo delle professioniste e dei professionisti del marketing: non soltanto per evitare l’accusa di greenwashing o di concorrenza sleale con conseguente perdita di credibilità e clientela (una clientela, peraltro, sempre più attenta alle questioni ambientali e sociali), ma anche per non incorrere in pesanti sanzioni a causa del mancato rispetto degli obblighi di legge.
La responsabilità di professionisti e professioniste del marketing è quindi quella di sviluppare una narrazione chiara e trasparente, fondata su azioni e risultati concreti e misurabili. Questo implica la necessità di orientarsi nel complesso mondo delle certificazioni, che conferiscono credibilità e fiducia ai consumatori ma che possono risultare poco note per chi si occupa di marketing ma non inerente alla sostenibilità. È fondamentale chiarire gli obiettivi e l’autorevolezza delle certificazioni, nonché distinguere tra autocertificazioni e certificazioni ufficiali per evitare comunicazioni errate e fraintendimenti.
D’altra parte, dimostrare l’impegno verso la sostenibilità e i valori etici rappresenta un’opportunità per differenziare i propri prodotti o servizi sul mercato, creando un vantaggio competitivo significativo. In questo contesto, la carbon footprint o l’analisi del Ciclo di Vita (LCA) si presentano come una strumenti essenziali per valutare l’impatto ambientale dei prodotti o servizi, consentendo di sviluppare strategie di comunicazione basate su risultati tracciabili e di identificare opportunità di miglioramento.
Marketing online e offline
Integrare poi le nuove tecnologie e i canali digitali nelle strategie di comunicazione diventa sempre più importante per trasmettere valori legati alla sostenibilità. Anche evitare il rischio di eccessiva superficialità o banalizzazione dei concetti espressi è una competenza da acquisire, perché comunicare la sostenibilità significa utilizzare un linguaggio specifico, ma non troppo tecnico, per veicolare i messaggi efficacemente. La costruzione di una solida community sui social media, poi, ha il potenziale per trasformare gli utenti in ambasciatori del “paradigma circolare” arrivando a coinvolgere nuovi potenziali clienti.
Analogamente, spostandosi nel mondo offline, l’organizzazione e la promozione di eventi dal vivo possono rappresentare un’opportunità per rafforzare il rapporto con gli stakeholder, incoraggiando il dialogo con chi partecipa all’evento stesso e mostrando concretamente gli sforzi compiuti per ridurre l’impatto ambientale e massimizzare l’impatto sociale.
In conclusione, una strategia di marketing orientata alla sostenibilità richiede un approccio integrato che coinvolga sia i canali digitali che le attività offline, garantendo coerenza e trasparenza nei messaggi e nell’azione. Chi si occupa di green marketing dovrà sempre più concentrare in sé competenze interdisciplinari che permettano di minimizzare il rischio di incidenti di percorso lungo la strada tutt’altro che in discesa della conversione ecologica dell’economia, ed essere in grado di sviluppare strategie innovative a fronte del rapido aumento del numero di aziende impegnate nello sviluppo di prodotti e processi sostenibili e circolari.
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