L’accordo per il trattato globale sulla plastica non c’è stato. Le delegazioni dei 175 Paesi riunite a Busan (Corea del Sud) per il quinto (e presunto ultimo) incontro del Comitato Intergovernativo di Negoziazione (INC-5) per sottoscrivere uno “strumento internazionale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, anche nell’ambiente marino” non sono riuscite a sciogliere i nodi dirimenti (soprattutto il tetto alla produzione).
“Nonostante i progressi fatti dobbiamo riconoscere che alcune questioni critiche ci impediscono ancora di raggiungere un accordo completo. Queste questioni irrisolte rimangono impegnative e sarà necessario ulteriore tempo per affrontarle efficacemente. C’è un accordo generale per riprendere l’attuale sessione in una data successiva per concludere i negoziati” ha detto nelle primissime ora di stamattina il presidente dell’INC Luis Vayas (Ecuador) durante la plenaria di chiusura dei lavori.
Nonostante la risoluzione 5/14 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEA) – che ha dato il via al processo per la redazione del futuro trattato – contenga il mandato di completare i negoziati entro la fine di quest’anno, le discussioni vengono rinviate all’anno prossimo alla ripresa della quinta sessione dell’INC (INC-5.2). Una scelta difficile che porta a interrogarsi sul ruolo del multilateralismo
Non può non essere ottimista Inger Andersen, Direttrice esecutiva dello UN Environment Programme (UNEP): “L’impegno del mondo a porre fine all’inquinamento da plastica è chiaro e innegabile […] L’incontro di questa settimana ha fatto registrare buoni progressi verso la conclusione dell’accordo richiesto dal mondo. Attraverso i colloqui di Busan, i negoziatori hanno raggiunto un maggior grado di convergenza sulla struttura e sugli elementi del testo del trattato, nonché una migliore comprensione delle posizioni dei Paesi e delle sfide comuni. Ma è chiaro che persistono divergenze in aree critiche e che è necessario più tempo per affrontarle”.
Meno ottimista Eirik Lindebjerg, Global Plastics Policy Managerdel WWF: “Sappiamo cosa dobbiamo fare per porre fine all’inquinamento da plastica… aggiungere semplicemente più incontri non è la soluzione”.
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Consensus
Come dobbiamo leggere l’esito dell’appuntamento di Busan? Verrebbe, ovviamente, di considerarlo un fallimento (dell’INC-5? del multilateralismo ambientale?).
“Questo risultato può essere visto sia come un successo che come un fallimento”, riflette Joan Marc Simon, fondatore di Zero Waste Europe. “Un fallimento – argomenta – perché i negoziatori hanno esaurito il tempo a loro disposizione e, mentre l’inquinamento da plastica continua ad aumentare, non è stato trovato un accordo. Un successo perché il processo, per quanto estremamente lento e doloroso, ha portato alla stesura di un testo e, cosa ancora più importante, ha sensibilizzato i negoziatori a tracciare una linea di ambizione e a sostenerla”.
L’INC-5, come le precedenti sessioni, ha dedicato molto tempo a questioni procedurali. Non senza motivo. I negoziati delle Nazioni Unite si svolgono per “consensus”, cioè all’unanimità. “Uno strumento che dà un incredibile potere a una minoranza di bloccare il processo o di trascinare la maggioranza al minimo comune denominatore”, riflette Simon. Le parti possono decidere per consenso di lavorare a maggioranza, utilizzando il voto, ma questo spunterebbe le armi dell’ostruzionismo dei Paesi “a bassa ambizione”. Proprio questo è il motivo dell’attenzione maniacale alle procedure. Chiarisce ancora il fondatore di Zero Waste Europe: “Questo spiega perché, nella prima sessione dell’INC che si è tenuta in Uruguay nel 2023, invece di discutere delle politiche sulla plastica, gli ostruzionisti hanno aperto la discussione sul regolamento interno. Il 75% dell’INC-2 a Parigi è stato dedicato alle regole procedurali; e, nell’INC3 a Nairobi, i negoziati sui contenuti sono stati ritardati a causa dei tentativi di tutte le parti di cambiare o mantenere il processo decisionale”.
Troppe parentesi quadre
Alla partenza dei lavori in Corea, il Comitato ha adottato come ‘testo base’ da emendare un documento informale (non-paper) redatto dalla presidenza del Comitato, che avrebbe dovuto rappresentare un terreno comune tra Paesi. Un terreno scivoloso, visto che, dopo una settimana di lavori, da Busan esce un nuovo “testo della presidenza” che servirà come punto di partenza durante la prossima sessione negoziale, me che a giudicare dal numero esorbitante di parentesi quadre (che racchiudono le diverse opzioni i campo) non è certo prossimo ad essere licenziato.
“Il nostro mandato è sempre stato ambizioso. Ma l’ambizione richiede tempo per essere realizzata. Abbiamo molti degli elementi necessari e Busan ci ha messo sulla strada del successo”, ha dichiarato il presidente dell’INC. Che invita tutte le delegazioni “a continuare a fare passi avanti, a costruire ponti e a impegnarsi nel dialogo”.
A proposito di questo nuovo testo base, l’International Institute for Sustainable Development (IISD) ci dice che “significativamente, il documento non include una disposizione sull’ambito di applicazione”. Il mancato accordo investe temi centrali come appunto i principi e gli approcci del futuro trattato, i prodotti sostenibili in plastica e i meccanismi e le risorse finanziarie.
“Pur sostenendolo come base per i negoziati della prossima riunione – riassume IISD – diverse delegazioni hanno sottolineato che il testo della presidenza dovrebbe rimanere aperto ad aggiunte e cancellazioni. Hanno notato che il testo non riflette sempre le discussioni tenute durante la settimana ed esclude le ‘linee rosse’ di alcuni Paesi. In particolare, diverse delegazioni hanno sottolineato l’assenza dell’articolo sull’ambito di applicazione, nonché la mancata considerazione del testo proposto dal Gruppo africano sul meccanismo finanziario”. Vediamo allora queste ‘linee rosse’.
L’ostruzionismo di una manciata di Stati
Durate la plenaria le delegazioni di Messico e Ruanda, che hanno parlato a nome rispettivamente di 95 e 85 Paesi, hanno chiesto un trattato forte, che includa articoli sulla produzione, sulle plastiche pericolose e sulle sostanze chimiche rischiose.
Racconta il WWF che “durante la concitata sessione plenaria dell’ultima giornata dell’INC-5, il Messico, un gruppo di 95 Paesi di diverse regioni del mondo, tra i quali l’Italia, ha dichiarato che non avrebbe accettato un Trattato che non includesse misure globali vincolanti e l’eliminazione progressiva delle sostanze chimiche e dei prodotti in plastica più problematici, come per esempio gli oggetti monouso. Quasi tutti i Paesi si sono alzati in piedi e hanno inoltre applaudito l’intervento della rappresentante del Ruanda, Juliet Kabera, che ha invitato tutti i presenti a dimostrare il proprio sostegno per un Trattato vincolante e ambizioso che coprisse l’intero ciclo di vita delle materie plastiche quale misura effettiva di prevenzione dell’inquinamento”.
Il Kuwait – che ha parlato a nome dei Like-Minded Countries guidati da petrostati come Arabia Saudita, Iran e Russia – ha denunciato presunti “tentativi di estendere” il mandato di risoluzione dellUNEA oltre i suoi limiti: “Non siamo qui per porre fine alla plastica in sé… ma all’inquinamento da plastica“.
Tre negoziatori dei Paesi più decisi ad un trattato forte (riuniti nella High Ambition Coalition) hanno dichiarato a POLITICO che l’Arabia Saudita ha coordinato una spinta da parte dei Paesi ricchi di petrolio e produttori di plastica “per bloccare qualsiasi proposta di trattato che minacciasse di ridurre la produzione di plastica”.
Eppure, secondo il Center for International Environmental Law, “mentre i produttori di combustibili fossili sono riusciti ancora una volta a bloccare i progressi, l’impulso globale per un solido trattato sulla plastica si è intensificato”. Spiega Daniela Duran Gonzalez, legal campaigner CIEL: “In una straordinaria dimostrazione di forza, abbiamo visto più di 100 Stati membri unirsi nell’insistere sul fatto che il trattato includa misure concrete per ridurre la produzione di plastica e vietare gli elementi chimici tossici che alimentano questa crisi”.
Resta poco chiara la posizione dei due principali produttori mondiali di materie plastiche, Cina e Stati Uniti: entrambi – sottolinea il Guardian – erano assenti dal palco di una conferenza stampa tenutasi domenica dai Paesi della High Ambition Coalition.
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Verso l’INC-5.2
Ma quando si terrà la seconda parte dell’INC-5? Alcuni delegati preferirebbero venisse convocata entro la prima metà del 2025 per non perdere lo slancio di Busan. Altri, notando che sarà necessario “molto lavoro” prima di raggiungere un accordo, hanno chiesto che durante l’estate.
Ora il Comitato dovrebbe chiedere al direttore esecutivo dell’UNEP di informare le delegazioni sulla sede della quinta sessione.
“A Busan abbiamo assistito a una strumentalizzazione del consenso da parte di un piccolo numero di Paesi per bloccare i progressi e minare i negoziati. – ha detto David Azoulay, direttore di Environmental Health -Dobbiamo resistere all’idea che questo processo sia destinato a rimanere paralizzato dall’ostruzionismo”.
Secondo Graham Forbes, capo delegazione di Greenpeace USA, “per il prossimo incontro, il compito degli Stati membri è chiaro: la maggioranza ambiziosa deve superare l’influenza dei combustibili fossili e l’ostruzionismo di pochi, per raggiungere un accordo efficace con obiettivi globali vincolanti e misure per ridurre la produzione di plastica. Devono lottare per ottenere protezioni contro le sostanze chimiche pericolose, divieti sulla plastica monouso, obiettivi di riutilizzo e un piano di finanziamento equo. Devono usare il loro potere per garantire che il processo INC sia inclusivo e giusto, dando priorità all’accesso delle comunità più colpite dall’inquinamento da plastica”.
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