Enormi scaffali ricolmi di cibo nei supermercati, ristoranti e bar ovunque, macchinette di snack anche sui treni – se mi guardo intorno, una delle poche paure che non ho è avere fame. Qui in Italia, ma non solo, l’accesso al cibo è ormai un cosa accessibile a quasi la totalità delle persone. Certo, diventa più difficile giorno dopo giorno fare una spesa economica e sostenibile, ma in generale il cibo è a disposizione.
Fa effetto pensare che non è così nel mondo. Sono cresciuto, come penso molte persone che leggono, con l’idea che “la fame nel mondo” fosse un problema da risolvere e è triste constatare come oggi siamo ancora molto lontani da questo risultato – anzi, stiamo andando nella direzione opposta.
È questo il quadro inquietante che emerge dal Global Report on Food Crises (GRFC).
Si tratta di uno dei più importanti documenti, pubblicati annualmente, che servono per valutare lo stato della sicurezza alimentare nel mondo. Viene prodotto dalla Food Security Information Network (FSIN) e lanciato dalla Global Network Against Food Crises (GNAFC) – un’iniziativa che include le Nazioni Unite, l’UE ma anche organizzazioni che si occupano di fornire aiuti alimentari.
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I risultati del Global Report on Food Crises
Il report sottolinea un quadro in peggioramento: per il sesto anno consecutivo sono peggiorati l’insicurezza alimentare acuta e la malnutrizione infantile in tutto il mondo.
È bene spiegare di cosa stiamo parlando. Si valuta la “insicurezza alimentare acuta” quando la vita di una persona è in pericolo perché quella persona è incapace di accedere a cibo adeguato e sufficiente. Esiste un sistema che misura questa condizione, il Sistema di Classificazione Integrata della Sicurezza Alimentare (IPC), che identifica cinque diversi stati – da “minimale” a “catastrofico”. In quest’ultimo le persone sono a rischio di morte per mancanza di cibo.
Invece la “malnutrizione infantile” riguarda bambine e bambini sotto i 5 anni, donne in gravidanza o allattamento. È una condizione caratterizzata da una grave carenza di nutrienti, che può comportare danni permanenti, sia fisici che cognitivi – aumentando anche il rischio di morte.
Fissando queste informazioni ci sono quattro dati che spiccano per gravità.
Primo dato: nel 2024 oltre 295 milioni di persone in 53 paesi hanno vissuto livelli acuti di fame – un numero che è cresciuto di 13,7 milioni di persone nel 2023. Io faccio sempre fatica con i numeri, per cui vi do un paragone: 295 milioni di persone sono più di 4 volte la popolazione italiana.
Secondo: sono quasi 2 milioni le persone che affrontano la fame “catastrofica” (spiegata poco sopra). È il numero più alto mai registrato dal report dal 2016, ed è raddoppiato rispetto allo scorso anno.
Terzo. Circa 38 milioni di bambine e bambini sotto i cinque anni sono stati malnutriti – in particolare nella Striscia di Gaza, in Mali, Sudan e Yemen.
Quarto e ultimo. L’insicurezza alimentare acuta è in crescita e riguarda il 22,6% della popolazione valutata dal report (non include persone che vivono in situazioni di sicurezza alimentare) – sono cinque anni di fila che questa cifra supera il 20%. In pratica, una persona su cinque è in questo stato.

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Insicurezza alimentare e malnutrizione: perché?
Le cause che portano a queste condizioni sono chiaramente diverse, ma vengono individuate quattro cause principali.
La prima sono i conflitti armati, le guerre che portano insicurezza alimentare. Il motivo è semplice: interrompono la produzione agricola, causano migrazioni e rendono difficile il commercio, e tutto crolla. Nel 2024 infatti la guerra ha causato l’insicurezza alimentare a 140 milioni di persone in 2’ paesi diversi. Non è un caso che i contesti con una situazione alimentare “catastrofica” riguardano luoghi di conflitto. Il Sudan in testa – dove in alcune zone si parla di carestia – subito dopo la Striscia di Gaza, in cui secondo alcune stime la metà dei residenti rischiavano la catastrofe alimentare (situazione peggiorata quest’anno tra l’altro).
Al secondo posto ci sono invece gli eventi climatici estremi, che l’anno scorso hanno portato alla fame quasi 96 milioni di persone in 18 paesi. La crisi climatica in tutta la sua attualità: disastri naturali, alluvioni e siccità, ma anche il caldo estremo. Questi causano in tutto il mondo raccolti disastrosi, morte di bestiame – di conseguenza scompaiono i mezzi di sostentamento. La cosa più grave è che, sempre secondo il report, le crisi climatiche conducono spesso a conflitti per le risorse – innescando un circolo vizioso molto grave.
Abbiamo poi crisi economiche, inflazione e svalutazione monetaria. Parliamo di quasi 60 milioni di persone in 15 paesi diversi che soffrono la fame a causa di queste crisi economiche. Con il crollo dei sistemi finanziari abbiamo infatti l’inflazione che sale alle stelle e la disoccupazione, che riduce milioni di persone alla fame. Accade che le fasce più povere non riescono di fatto ad accedere al cibo, i cui prezzi aumentano per diverse cause come guerre o per la crescita dei consumi energetici. È successo l’anno scorso in Afghanistan, Yemen, Siria e Sud Sudan.
Guerre, crisi climatica e crisi finanziarie – tutte queste conducono molto spesso agli sfollamenti forzati e migrazioni di massa, che è l’ultima causa principale delle crisi alimentari. Gli sfollati sono una delle categorie più soggette alla fame e questo nel 2024 ha riguardato 95 milioni di persone.

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Ci sono soluzioni per la fame nel mondo?
Questo quadro purtroppo non è destinato a migliorare. Perché tutte le cause analizzate poco sopra stanno peggiorando le crisi alimentari nel mondo. Anche perché a livello globale sono stati ridotti i finanziamenti per gli aiuti alimentari – di circa il 45%. Questo a causa dei tagli nei fondi ufficiali per lo sviluppo (ODA) da parte di donatori chiave, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito e altri paesi.
Di fronte a queste crisi, che stiamo già vivendo, il report propone delle soluzioni urgenti e audaci da attuare a livello globale. Come prima rafforzare tutti i sistemi alimentari locali, così da migliorare la produzione, ma anche aumentare gli interventi nutrizionali nelle aree più vulnerabili. Il sostegno alle persone più in difficoltà è fondamentale, in primis persone rifugiate, donne e bambine e bambini.
Tuttavia, tutto questo deve essere accompagnato da una risposta globale e coordinata, sia da parte dei governi che delle organizzazioni no-profit. Si tratta di un problema troppo complesso per non essere affrontato in modo sinergico. Di fronte a questo rapporto, non si può che richiamare le parole del segretario generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha affermato: “Questo Rapporto è un altro atto d’accusa risoluto contro un mondo pericolosamente fuori rotta. La fame e la malnutrizione si stanno diffondendo più velocemente della nostra capacità di risposta, eppure a livello globale un terzo di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato. Alle crisi di lunga data si aggiunge ora un’altra, più recente: la drastica riduzione dei finanziamenti umanitari salvavita per rispondere a queste esigenze. Questo è più di un fallimento dei sistemi: è un fallimento dell’umanità. La fame nel XXI secolo è indifendibile. Non possiamo rispondere a stomaci vuoti con mani vuote e voltando le spalle”.
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