giovedì, Novembre 6, 2025

Studio JCR descrive vita, morte e riciclo della plastica UE. E come renderla più sostenibile

Basato su un modello di analisi del flusso di materiali e su analisi LCA illustra gli impatti ambientali di produzione e consumo, i vantaggi del riciclo e dell’incenerimento, quantifica dispersione ed emissioni

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, redattore di EconomiaCircolare.com e socio della cooperativa Editrice Circolare

Un report del Centro Comune di ricerca della Commissione UE (JRC) ci aiuta a misurare l’impatto della plastica prodotta e utilizzata in Europa. E suggerisce come provare a ridurlo. Parliamo di un campo molto delicato: solo in Italia, secondo uno studio realizzato da TEHA nel luglio di quest’anno per associazioni e imprese del mondo della plastica, con un fatturato di 58,4 miliardi di euro (2023) il settore vale il 4,9% della manifattura tricolore (9° settore industriale). Ma gli impatti della plastica sono noti e sono oggetto di consultazioni (finora senza successo) a livello delle Nazioni Unite per un trattato che possa ridurli. La recente anali del JRC, attraverso analisi del flusso di materiali e valutazioni del ciclo di vita, “fornisce spunti di riflessione per i responsabili delle decisioni, i ricercatori e gli altri stakeholder per mostrare le aree di potenziale miglioramento e sostenere il passaggio alla plastica sostenibile” spiegano gli autori.

Analisi dei flussi di materia e LCA

Lo studio – Plastics materials flows in the EU-27 and their environmental impacts – realizzato da Andrea Amadei, Sara Venturelli, Simone Mandredi – sviluppa un modello di analisi del flusso di materiali (MFA) per la catena del valore della plastica relativa ai 27 paesi UE e relativa al 2022. Sono stati inclusi “tutti i passaggi chiave della catena del valore, dalla produzione al fine vita e al riciclo, coprendo 9 settori e 15 polimeri” (LDPE, HDPE, PP, PS, EPS, PVC, PET, PUR, ABS, PA, PMMA, PC, bio-PP, bio-PUR, CA). Sono stati inoltre studiati flussi specifici di plastica “solitamente meno esplorati in letteratura, tra cui le importazioni e le esportazioni di plastica lungo la catena del valore, le perdite di plastica nell’ambiente e la cattiva gestione dei rifiuti di plastica. E poi flussi di plastica biobased e biodegradabile e riciclo chimico.

L’AMF è stata combinata con una valutazione del ciclo di vita (LCA) – seguendo il metodo dell’Impronta ambientale 3.1 raccomandato dalla Commissione Europea – considerando 16 categorie di impatto, tra cui il cambiamento climatico.

plastica UE
Fonte: JRC

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Il quadro europeo

I dati forniti dalla studio tracciano un quadro europeo che tiene conto di tutto il ciclo di vita della plastica. Vediamone alcuni.  

Consumo. Nel 2022, l’Unione Europea ha consumato 62,8 milioni di tonnellate di plastica, con una media di 140 kg a persona

Import. La gran parte di questa plastica (92%) è stata prodotta nell’UE. Circa 26,3 Mt di plastiche e prodotti in plastica sono stati invece importati. Le importazioni sono particolarmente significative nel settore tessile, che con 8,5 milioni di tonnellate (Mt) rappresenta il 32,4% di tutta la plastica importata nell’UE. In questo caso le importazioni superano la produzione interna (7,0 Mt), segnalando una forte dipendenza da paesi extra-UE (principalmente Cina, Turchia, Corea del Sud). Seconda voce per import è quella degli imballaggi, con 6,6 Mt (circa 25% del totale dell’import).

Emissioni. L’impatto della plastica consumata nell’UE corrisponde “a circa il 14% dell’impatto totale della produzione globale di plastica, come stimato dagli studi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico”, spiega il report. La produzione e il consumo di plastica nell’UE, considerando l’intero ciclo di vita, hanno generato l’equivalente di oltre 252 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio: “Se la produzione e il consumo di plastica dell’UE fossero un Paese, sarebbe il quinto più grande emettitore dell’UE”, scrivono i ricercatori. Si tratta, in media, di circa 564 kg di CO2 a persona, cioè circa 4 kg per ogni kg di plastica consumata (139,4 kg di plastica a persona).  Da dove vengono questi gas climalteranti? I processi di produzione sono responsabili del 58% degli impatti sul clima. Del restante 42,0%, “il contributo più significativo deriva dalle emissioni di gas serra legate alle attività di incenerimento (15,6 Mt di CO2)”.

Rifiuti. Nel 2022 l’UE ha prodotto 42,5 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica. Circa l’80% di questi è stato incenerito o messo in discarica. Solo il 20% circa dei rifiuti di plastica viene riciclato: “Il tasso medio di riciclo a fine vita tra tutti i settori (cioè i riciclati prodotti rispetto al totale dei rifiuti prodotti) è stato pari al 19,6%”.

Le analisi del JRC ci dicono quali sono i settori in cui il riciclo è più efficace, e quali quelli in cui lo è meno: gli imballaggi raggiungono il tasso di riciclo più alto (34,6%) seguiti da agrico0ltura (28,6%), pesca (27,4%), costruzioni (15,2%) ed elettronica (13,7%).

Quanto alle filiere che impiegano le plastica dopo il riciclo, il report sottolinea che “il settore delle costruzioni è la destinazione più comune per le plastiche secondarie, seguito dal settore degli imballaggi”.

Riciclo e incenerimento. Il riciclo della plastica è nel complesso la soluzione migliore per abbatterne gli impatti ambientali, e lo studio lo conferma. Ma a seconda del tipo di impatto che viene considerato lo scenario potrebbe cambiare. Perché, si legge nella ricerca, “i risultati hanno indicato che i benefici associati al recupero di energia durante l’incenerimento potrebbero essere superiori a quelli del riciclaggio per alcune altre categorie di impatto (ad esempio gli impatti relativi alla categoria di impatto “Tossicità per l’uomo, non cancerogena” o gli impatti dovuti alle radiazioni ionizzanti). Per questo, riflettono gli autori dello studio, l’interpretazione dei risultati può essere influenzata dalla scelta della categoria d’impatto. Infatti, a seconda della categoria in esame, le prestazioni relative delle diverse fasi/tecnologie del ciclo di vita possono variare”.

Imballaggi. “I risultati dello studio hanno sottolineato il ruolo degli imballaggi e delle costruzioni come i settori più importanti tra quelli valutati, che contribuiscono rispettivamente al 33,9% e al 18,3% del consumo totale di plastica”. Proviamo allora a tratteggiare un ritratto della filiera europea degli imballaggi, sulla base dei dati del rapporto JRC.

Agli imballaggi è legato, come abbiamo visto, un quarto dell’import europeo di plastica (6,6 Mt). E il 33,9% della plastica utilizzata in Ue nel 2022 (21,3 Mt).

Ma questo settore rappresenta quasi la metà dei rifiuti plastici totali prodotti in Europa: “Grazie a sistemi di raccolta consolidati, quasi il 35% di questi rifiuti viene avviato al riciclo”.

Se guardiamo alle emissioni lungo l’intero ciclo di vita, lo studio LCA del JRC ha rivelato che il settore degli imballaggi “ha contribuito a circa il 29% degli impatti totali, con un’importanza notevole attribuita alle fasi di produzione e fabbricazione”. Si tratta, dunque, del “settore più impattante tra tutti”.

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Dispersioni. Circa 3,7 milioni di tonnellate di plastica (quasi il 6% del consumo di plastica dell’UE) è stato disperso nell’ambiente. Il dato include anche le microplastiche. Vediamo quali fasi della vita delle plastiche sono responsabili della maggior parte delle dispersioni:

  • Poco meno della metà di queste perdite (il 43%) è avvenuto durante la fase di consumo, soprattutto a causa del littering degli imballaggi (1,9 Mt), dell’usura dei pneumatici (0,6 Mt) o del lavaggio dei tessuti sintetici (0,15 Mt);
  • Il 38% è dovuto a una cattiva gestione dei rifiuti o a perdite durante l’incenerimento e lo smaltimento in discarica dei rifiuti di plastica.
  • Le perdite del settore manifatturiero hanno contribuito al 7% delle perdite totali

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Cosa fare per migliorare gli impatti della filiera

Poiché secondo l’OCSE il consumo globale di plastica è destinato a raddoppiare entro il 2060, “sono necessarie azioni politiche e industriali per ridurre gli impatti ambientali negativi della plastica, in particolare dei rifiuti di plastica”, scrivono Amadei, Manfredi e Venturelli. 

Il report individua diverse azioni prioritarie per rendere la filiera europea della plastica più sostenibile. In sintesi:

  • Migliorare raccolta e gestione dei rifiuti plastici:
    • Aumentare la quota di rifiuti raccolti separatamente (oggi solo il 41,5% del post-consumo)
    • Ridurre i flussi ancora destinati a incenerimento (43,6%) e discarica (22,5%)
  • Potenziare il riciclo
    • Integrare riciclo chimico e meccanico: il riciclo chimico, oggi marginale, va sviluppato e combinato con quello meccanico per trattare poliolefine e plastiche complesse, afferma la ricerca
    • Migliorare l’efficienza dei processi di riciclo e la gestione dei residui
    • Promuovere alternative ai polimeri fossili. Incentivare l’uso di plastiche bio-based e compostabili
  • Rendere più circolare la filiera
    • Aumentare l’uso di plastiche riciclate nei nuovi prodotti (oggi meno del 10% dei riciclati rientra nel ciclo produttivo)
    • Estendere la durata di vita dei prodotti e migliorare design e composizione (ad esempio riducendo l’uso di additivi problematici)
    • Considerare i rifiuti pre-consumo: è cruciale mappare quantità e destino di questi flussi, spesso trascurati ma rilevanti per la circolarità
  • Affrontare le perdite e la gestione scorretta dei rifiuti. Contrastare il littering, le perdite di microplastiche (es. dall’abrasione degli pneumatici e dal lavaggio dei tessili) e il mismanagement (8,6% dei rifiuti totali nel 2022)
  • Rafforzare la qualità e granularità dei dati
    • Migliorare il monitoraggio di flussi specifici (ad esempio. settori poco esplorati come sanità e pesca, rifiuti pre-consumo, commercio intra-UE)
    • Raccogliere informazioni più granulari per distinguere tra plastica primaria (vergine) e secondaria (riciclata) che entra nel mercato europeo
    • Più chiarezza su bio-based e compostabili: le definizioni e i dati disponibili sono ancora frammentari e poco coerenti, secondo gli autori dello studio, ostacolando così il monitoraggio dei flussi
    • Armonizzare la raccolta dati per supportare valutazioni realistiche e politiche mirate
    • Attenzione ai settori minori: anche comparti meno studiati possono contribuire ad aumentare i volumi di plastica riciclata e non vanno trascurati
    • Tracciare meglio i riciclati: occorre sapere non solo quanti materiali vengono riciclati, ma anche dove e come vengono riutilizzati.

© Riproduzione riservata

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