Il Belpaese è ancora indietro rispetto agli obiettivi prefissi. Chiedersi il perché, visto che in altri ambiti (come la raccolta del vetro o dei metalli) siamo leader europei, diviene una domanda legittima. La performance di raccolta dei RAEE in Italia è frenata da una combinazione complessa di fattori strutturali, comportamentali e illegali che deviano ingenti quantità di rifiuti dai canali ufficiali. Una quota molto significativa dei RAEE generati in Italia infatti sfugge al sistema di tracciamento ufficiale, finendo in canali non virtuosi.
Un’indagine del 2023 condotta da Erion WEEE e Altroconsumo, denominata RAEE: Chi l’ha visto?, ha acceso un faro su questo fenomeno. Attraverso il monitoraggio con dispositivi GPS di 370 rifiuti elettronici, è emerso che solo poco più di 6 RAEE su 10 (il 66,3% del campione valido) arrivano effettivamente a un impianto accreditato e vi rimangono per un tempo sufficiente a garantirne il corretto riciclo. Il restante 33,7% intraprende percorsi anomali.
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Le cause
Le cause principali sono:
- Flussi paralleli e gestione illegale: in particolare, quasi un quarto dei rifiuti monitorati (il 23,5%) ha seguito un flusso palesemente illegale, non transitando mai da impianti autorizzati e sfuggendo a ogni controllo. L’inchiesta ha rivelato destinazioni diverse e preoccupanti: alcuni rifiuti sono finiti in discariche abusive o sono stati consegnati direttamente ad acciaierie per il recupero dei metalli ferrosi senza alcun pre-trattamento per la rimozione delle sostanze pericolose. Altri hanno addirittura varcato i confini nazionali, come 3 notebook che dai porti italiani sono arrivati in Senegal, Egitto e Marocco.
Questo fenomeno, definito “dispersione“, è alimentato dal valore economico dei materiali contenuti nei RAEE. Come sottolineato da Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion WEEE, esiste una “zona grigia” di operatori che intercettano questi rifiuti con l’unico scopo di estrarre le materie più facili e redditizie nel modo più economico possibile, senza alcuna cura per l’impatto ambientale. Tale pratica causa un grave danno all’ambiente e comporta anche un’enorme perdita per l’economia nazionale, impedendo il recupero di Materie Prime Seconde e Materie Prime Critiche, fondamentali per l’industria italiana.
- Errato conferimento da parte dei cittadini: molti cittadini, per scarsa informazione o per abitudine, gettano in particolar modo i piccoli RAEE (come smartphone, caricabatterie, spazzolini elettrici, giocattoli elettronici) nel sacco dell’indifferenziata o nei contenitori della plastica, contaminando le altre filiere e perdendo la possibilità di recuperare materiali preziosi.
- “Effetto tesaurizzazione”: una grande quantità di dispositivi elettronici, anche se non più utilizzati, vengono conservati in casa per lungo tempo, in cassetti e cantine, ritardando o impedendo il loro ingresso nel ciclo di riciclo.
- Carenza di infrastrutture e servizi capillari: sebbene la rete dei centri di raccolta sia diffusa, la sua capillarità non è omogenea sul territorio nazionale, con aree, specialmente nel Sud Italia, dove la mancanza di isole ecologiche facilmente accessibili disincentiva il corretto conferimento. Inoltre, servizi come il ritiro “Uno contro Uno” (all’acquisto di un nuovo prodotto) e “Uno contro Zero” (conferimento di piccoli RAEE nei grandi negozi senza obbligo di acquisto) non sono ancora pienamente conosciuti e utilizzati da tutti.

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