La metà delle emissioni di carbonio che riscaldano il clima mondiale proviene dai combustibili fossili prodotti da appena 36 aziende. A rivelare questa scomoda verità è il rapporto Carbon Majors, elaborato da InfluenceMap, che monitora annualmente le emissioni di 169 aziende fossili: multinazionali del petrolio, del gas, del carbone e del cemento. La dimostrazione, secondo gli autori del monitoraggio, di come queste aziende, macinano profitti miliardari mentre il mondo paga le conseguenze del loro inquinamento e del conseguente riscaldamento globale.
Le 36 aziende responsabili della metà delle emissioni globali nel 2023 comprendono compagnie statali come China Energy, la National Iranian Oil Company, la russa Gazprom e la Adnoc degli Emirati Arabi Uniti. Tra le società quotate in borsa presenti in questo gruppo figurano Petrobras, con sede in Brasile, ed Eni, in Italia. Le 36 aziende sono in gran parte controllate da Stati: 25 su 36 sono infatti imprese pubbliche. Dieci di queste si trovano in Cina, il Paese con il maggior livello di inquinamento ed emissioni al mondo.
Queste aziende, da sole, sono responsabili di oltre 20 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2. In cima alla lista c’è Saudi Aramco con 1839 milioni di tonnellate di CO2e, che da sole coprono il 4,51% delle emissioni globali. Se Saudi Aramco fosse uno Stato, sarebbe il quarto più grande responsabile di emissioni del mondo dopo Cina, Stati Uniti e India, mentre ExxonMobil è responsabile di emissioni pari circa a quelle della Germania, il nono più grande emettitore di CO₂ al mondo.
Segue Coal India, con 1548 MtCO2 (il 3,68% del totale), CHN Energy (China Energy Investment Group) con 1533 MtCO2 (3,65%), National Iranian Oil Company con 1262 MtCO2 (2,9%). Chiude la “top 5” la cinese Jinneng Group con 1228 MtCO2 (2,9%). Scende alla sesta posizione la russa Gazprom (un anno fa era al secondo posto con più di 1000 MtCO2, equivalente al 3,3% delle emissioni totali).
Tra le 36 delle 169 aziende fossili selezionate da Carbon Majors sulla base dei loro livelli di produzione, rientra anche l’italiana Eni, nella trentaseiesima posizione, con 257 MtMtCO2e, che corrispondono allo 0.59% delle emissioni globali. I dati presentati da Carbon Majors includono anche le emissioni storiche dal 1854 al 2023: in questa seconda classifica, Eni occupa la posizione 34 con 9943 MtCO2e, che rappresentano lo 0,49% delle emissioni totali nel periodo considerato.
Lo studio distingue anche tra i vari combustibili fossili utilizzati e il peso dei diversi settori: il carbone è stato la causa del 41% delle emissioni conteggiate nel 2023, il petrolio il 32%, il gas del 23% e il cemento del 4%. L’industria del cemento è tra i settori che causano più emissioni perché è molto energivoro: per produrre cemento, infatti, è necessario riscaldare nei forni fino a 1450 °C argilla e calcare per ricavare il clinker, fondamentale per produrre il cemento.

Quanto devono calare le emissioni e quanto pesano i combustibili fossili
Tutto questo mentre le emissioni globali devono calare del 45% entro il 2030 se il mondo vuole avere buone possibilità di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C, l’obiettivo concordato a livello internazionale. Il rapporto “UN Emissions Gap 2024″ rivela però che, nonostante gli accordi climatici esistenti, le emissioni globali di gas serra hanno raggiunto un livello record di 57,1 GtCO₂e nel 2023, con un aumento dell’1,1% rispetto al 2022. Anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) nel rapporto “Net Zero by 2050” sottolinea la necessità di una drastica e immediata riduzione del consumo di carbone, petrolio e gas e perciò afferma che i nuovi investimenti nei combustibili fossili e i progetti avviati dopo il 2021 sono incompatibili con il raggiungimento delle emissioni nette zero entro il 2050.
Eppure l’industria dei combustibili fossili continua a espandersi. Alimentando eventi meteorologici estremi che stanno causando morti e distruggendo mezzi di sussistenza in tutto il mondo. “Stiamo vivendo un momento cruciale nella storia dell’umanità. E la realtà allarmante – ha dichiarato Kumi Naidoo, presidente della Fossil Fuel Non-Proliferation Treaty Initiative – è che le più grandi compagnie di combustibili fossili non solo stanno aumentando le loro emissioni, ma lo stanno facendo mentre gli eventi climatici causano impatti devastanti sulla vita quotidiana delle persone. È fondamentale che i governi si assumano le loro responsabilità e usino la propria autorità per porre fine alla causa principale della crisi in cui ci troviamo: l’espansione dei combustibili fossili“.
Invece, nel 2023, le emissioni globali di CO₂ da combustibili fossili hanno raggiunto un livello record di 37,8 GtCO₂, con un aumento dell’1,3% rispetto al 2022 (il dato precedente delle Nazioni Unite include nel conteggio, invece, tutti gas serra). Il carbone si è confermato la principale fonte di emissioni, contribuendo al 41,1% delle emissioni presenti nel database, proseguendo un aumento costante iniziato nel 2016. Le emissioni da carbone sono cresciute dell’1,9% (258 MtCO₂e) rispetto al 2022, mentre il cemento ha registrato l’aumento più elevato, pari al 6,5% (82 MtCO₂e), a causa dell’espansione della produzione. In controtendenza sono diminuite del 3,7% le emissioni di gas metano (164 MtCO₂e), mentre quelle da petrolio sono rimaste stabili, con un aumento minimo dello 0,3% (73 MtCO₂e).
La maggior parte delle 169 aziende nel database Carbon Majors ha aumentato le proprie emissioni nel 2023, che è stato l’anno più caldo mai registrato fino a quel momento. “Nonostante gli impegni climatici globali, un piccolo gruppo dei più grandi produttori di combustibili fossili del mondo sta aumentando significativamente produzione ed emissioni. La ricerca evidenzia l’impatto sproporzionato che queste aziende hanno sulla crisi climatica e sostiene gli sforzi per far rispettare la responsabilità aziendale”, ha commentato Emmett Connaire, di InfluenceMap, il think-tank che ha curato la realizzazione del report Carbon Majors.
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Chi sono i colpevoli: le compagnie fossili che distraggono il clima
I primi venti responsabili di emissioni di carbonio al mondo hanno prodotto nel 2023 circa 17,5 GtCO₂e di emissioni di CO₂, che rappresentano il 42,7% delle emissioni globali da combustibili fossili e cemento. L’elenco è dominato da aziende a partecipazione statale, che costituiscono 16 dei maggiori 20 emettitori, e include una presenza significativa di aziende cinesi, otto delle quali hanno generato il 17,4% delle emissioni globali da combustibili fossili e cemento nel 2023. Anche le aziende del carbone sono fortemente rappresentate, con sette nella top 20, tra cui sei cinesi e una indiana, evidenziando la persistente dipendenza dell’Asia dal carbone.
Nel 2023 le cinque principali aziende statali erano Saudi Aramco, Coal India, CHN Energy, National Iranian Oil Company e Jinneng Group, ed erano responsabili di 7,4 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente (la sola quota di CO₂ corrisponde al 17,6% delle emissioni globali di CO₂ da combustibili fossili). Le cinque principali aziende private erano invece ExxonMobil, Chevron, Shell, TotalEnergies e BP, con un totale di 2,2 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente (la sola quota di CO₂ rappresenta il 5,1% delle emissioni globali di CO₂ da combustibili fossili).
Il dataset Carbon Majors include anche le emissioni storiche dal 1854 al 2023. In totale 180 aziende fossili in questo periodo hanno prodotto 1.388 GtCO₂e di emissioni, una quantità di CO₂ pari al 69% delle emissioni globali da combustibili fossili e cemento registrate dal 1750 a oggi. Non solo. Più di un terzo di queste emissioni globali di CO₂, storicamente, può essere ricondotto a sole 24 aziende.
“Queste aziende mantengono il mondo dipendente dai combustibili fossili senza alcuna intenzione di rallentare la produzione”, ha dichiarato Christiana Figueres, che ha guidato i negoziati internazionali sul clima sotto l’egida delle Nazioni Unite nel momento dello storico Accordo di Parigi del 2015. “La scienza è chiara: non possiamo tornare indietro verso un maggiore uso di combustibili fossili e nuove estrazioni. Dobbiamo invece andare avanti verso le molte possibilità offerte da un sistema economico decarbonizzato, che funzioni per le persone e per il pianeta”, il suo appello.
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Cause legali contro le compagnie di combustibili fossili
I dati di Carbon Majors, periodicamente aggiornati, sono stati usati negli anni in diversi contesti accademici, normativi – ad esempio come prova a supporto di leggi approvate negli Stati di New York e Vermont negli Usa, il cui scopo è ottenere un risarcimento dalle compagnie di combustibili fossili per i danni climatici – o in contesti legali (climate litigations). Esempi di contenziosi climatici sono l’inchiesta della Commissione per i diritti umani delle Filippine sulla responsabilità delle imprese per violazioni dei diritti umani legate al clima, così come molteplici cause legali negli Stati Uniti contro i principali responsabili delle emissioni (ad esempio a Baltimora, in Oregon, e nelle città di San Francisco e Oakland, in California).
I dati sono stati anche citati da studi legali come supporto per potenziali accuse penali contro dirigenti di compagnie fossili e menzionati in azioni regolatorie, come la denuncia di ClientEarth contro BlackRock per aver fuorviato gli investitori. L’associazione A Sud con la campagna Clean the Cop! ha fatto pressioni per bandire le lobby fossili dalle delegazioni governative nei negoziati sul clima, mentre è ancora in corso “la causa del secolo“, con cui l’associazione aveva citato in tribunale lo stato italiano per i danni ambientali causati dall’inazione per l’assenza di politiche ambientali efficaci.
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