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sabato, Novembre 30, 2024

“Stop agli sponsor del caos climatico”. Ecco chi mette al bando gli spot ‘fossili’

Si fanno largo iniziative per vietare le pubblicità di prodotti ad alto impatto carbonico, dal petrolio al gas al carbone. Ma anche voli aerei e carne. Come ha chiesto anche il segretario generale dell’ONU Guterres

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Non solo sono le principali responsabili della crisi climatica e macinano profitti mentre il mondo intero ne subisce le conseguenze: dagli incendi in Portogallo alle alluvioni dall’Europa centrale a quelle dell’Emilia Romagna.  Non solo per anni hanno occultato i costi ambientali dei loro guadagni. Le aziende produttrici di combustibili fossili continuano a condurre “una massiccia campagna di disinformazione” per indurre i Paesi a rallentare la transizione verso le energie rinnovabili, come ha denunciato qualche giorno fa da Selwin Hart, assistente del segretario generale dell’ONU. Parte di questa campagna climalterante sono gli spot. Perché la pubblicità agisce sull’immaginario per instillare credenze e bisogni, per alimentare quel consumismo e quel capitalismo che stanno mangiando il pianeta e facendo aumentare la sua febbre. Ma qualcosa, non molto per la verità, su questo fronte si muove. Ha forse pesato l’accorato appello lanciato qualche mese fa dal Segretario generale dell’Onu Guterres, e così pian piano stanno arrivando nuove iniziative per la messa al bando delle pubblicità e delle sponsorizzazioni pagate da Big Oil.

“Smettere di vendere spazi pubblicitari all’industria dei combustibili fossili”

“Gli sponsor del caos climatico – l’industria dei combustibili fossili – stanno raccogliendo profitti record e banchettando con trilioni di dollari di sussidi finanziati dai contribuenti”. Questo il quadro foschissimo delineato da Antonio Guterres nel suo discorso speciale sull’azione climatica pronunciato al Museo di Storia Naturale di New York in occasione dell’ultima Giornata dell’ambiente. Un discorso che ha affrontato a tutto tondo la crisi climatica: “Dobbiamo opporci all’industria dei combustibili fossili, che per decenni è stata implacabile nel suo zelo di ostacolare il progresso. Sono stati spesi miliardi di dollari per distorcere la verità, fuorviare il pubblico e seminare dubbi”, ha ricordato. E poi “nell’industria dei combustibili fossili ci sono molti che praticano un greenwashing sfacciato, anche se cercano di fermare l’azione per il clima attraverso le lobby, la minaccia di azioni legali e massicce campagne pubblicitarie”. Proprio la comunicazione, e l’informazione, sono state tra i punti operativi di caduta del suo ragionamento: Guterres ha infatti esortato i governi e i media a vietare la pubblicità di combustibili fossili, come già fatto con il tabacco: “Chiedo anche ai Paesi di agire. Molti stanno limitando o vietando la pubblicità di prodotti dannosi per la salute, come il tabacco. Alcuni stanno facendo lo stesso con i combustibili fossili. Esorto tutti i Paesi a vietare all’industria dei combustibili fossili di fare campagne pubblicitarie. Invito anche i media e le aziende tecnologiche a smettere di vendere spazi pubblicitari all’industria dei combustibili fossili”. Qualcuno lo aveva già fatto, altri stanno seguendo questo appello.

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“La pubblicità dei fossili normalizza comportamenti non sostenibili”. L’Aia

Qualche giorno fa nei Paesi Bassi L’Aia, come racconta il Guardian, ha deciso di bandire la pubblicità di prodotti ad elevata impronta di carbonio. La legge, approvata il 13 settembre 2024, sarà in vigore dal 1° gennaio 2025 vietando la promozione di carburanti come benzina e diesel, settori come l’aviazione e le crociere, e poi elettricità e calore generati da combustibili fossili auto a combustione interna e relativi leasing. I cittadini della città olandese non vedranno più niente di tutto questo sui cartelloni pubblicitari sia pubblici che privati né sulle pensiline degli autobus della città.

Come spiega al Guardian Thijs Bouman, professore associato di psicologia ambientale presso l’università di Groningen, “la pubblicità dei combustibili fossili ha minato la politica climatica perché ha normalizzato e promosso comportamenti non sostenibili”.

“L’Aia dimostra il coraggio necessario per affrontare la crisi climatica”, secondo Femke Sleegers del gruppo pubblicitario olandese fossil-free Reclame Fossielvrij (“Pubblicità Fossil Free”), che ha contribuito a pubblicizzare una campagna per il divieto: “Altre città desiderano implementare il divieto di pubblicità sui combustibili fossili attraverso un’ordinanza, ma tutte aspettavano che fosse qualche altra città a farlo per prima. L’Aia è questa città”.

Alziamo allora lo sguardo sulle altre iniziative analoghe.

“Non è in linea con la politica di sostenibilità”. Amsterdam

Non è facile ricostruire la trama di iniziative che hanno provato a mettere un freno al “carbon intensive adverstising”. Probabilmente una delle prime città a fare passi in questa direzione è stata Amsterdam.

Nel 2020 il partito dei Verdi (GroenLinks), i socialisi (SP) e il partito DENK presentano una mozione per escludere le pubblicità “fossili” dagli spazi gestiti dalla municipalità (non in tutti gli spazi, dunque, a differenza de L’Aia). “Amsterdam – si legge nella mozione – ha chiare ambizioni di ridurre l’uso di combustibili fossili al fine di raggiungere gli obiettivi del trattato di Parigi sul clima. Allo stesso tempo, c’è ancora molta pubblicità in città per prodotti e servizi che spingono l’uso di combustibili fossili”. I firmatari fanno appello anche ad un precedente: “Il collegio stesso ha precedentemente indicato che la pubblicità per Shell sui traghetti GVB (il concessionario locale, ndr) non è in linea con la politica di sostenibilità di Amsterdam, e ha avviato discussioni con il GVB su questo”. Ma richiamano anche il divieto della pubblicità sul tabacco. Per questo, proseguono, “almeno gli eccessi della pubblicità per i prodotti fossili, come, ad esempio, le vacanze in aereo a prezzi di dumping o direttamente per le aziende che lavorano nell’industria fossile, dovrebbero poter essere vietati”. Il testo impegna quindi il Consiglio ad esaminare come ridurre la pubblicità e gli eventi di marketing per i prodotti fossili negli spazi pubblici, con priorità “alle aziende che lavorano principalmente nei settori del carbone e del petrolio e della pubblicità per le vacanze aeree”. Per farlo si dovrà “avviare discussioni con JC Decaux (il concessionario della pubblicità negli spazi pubblici, ndr) sulle implicazioni di questo per qualsiasi contratto successivo e valutare cosa sarebbe necessario fare per adattare l’attuale contratto”.

La mozione (quindi in atto di indirizzo più che un atto con forza di legge) viene approvata a dicembre. Ma prende le mosse dall’invio da parte di Reclame Fossielvrij e di 51 organizzazioni di Amsterdam di una lettera in cui si chiedeva di vietare la pubblicità che non fosse in linea con la sua politica di sostenibilità. Qualche mese dopo la mozione, il consiglio comunale dichiara in una lettera che avrebbe vietato le pubblicità sui combustibili fossili nei nuovi contratti e avrebbe fatto pressione sul governo nazionale olandese per un divieto nazionale di pubblicità sui combustibili fossili. Ma nel frattempo i primi frutti della mozione erano già maturati: nel maggio 2021 nelle stazioni della metropolitana l’operatore pubblicitario decide infatti di vietare gli annunci che promuovono i combustibili fossili, le automobili a combustibile e i viaggi aerei a basso costo.

“La decisione di vietare la pubblicità dei combustibili fossili dalle stazioni della metropolitana arriva in un momento cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico – ha commentato allora la coordinatrice di Reclame Fossielvrij, Femke Sleegers – Non abbiamo tempo da perdere per raggiungere gli obiettivi climatici di Parigi. Le pubblicità che ritraggono i combustibili fossili come normali e che aggravano il dissesto climatico non trovano posto in una città o in un Paese che ha aderito a Parigi”. Era il maggio 2021.

Greenwashing clima pubblicità
Foto: Stay Grounded – Flickr

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“Incompatibile con gli obiettivi di zero emissioni”. La Gran Bretagna

I Paesi Bassi, con L’Aia e Amsterdam, sono insomma i protagonisti dell’apertura di una breccia contro il peso pubblicitario delle fonti fossili (ricordiamo anche che Haarlem ha vietato la pubblicità di carne negli spazi pubblici come parte di uno sforzo per ridurre il consumo di carne e le emissioni di gas serra). Ma anche la Gran Bretagna regista diverse città e cittadine che hanno intrapreso, anche se con minor determinazione la stessa strada.

Come Coventry, che nel 2022 ha approvato una politica di pubblicità e sponsorizzazione che vieta le pubblicità per l’industria petrolchimica e insieme quelle su gioco d’azzardo, armi, prodotti e servizi per adulti, payday loans, i prestiti a breve termine e ad alto tasso di interesse. Ma, a differenza de L’Aia. solo sugli spazi pubblicitari gestiti dal Comune. Lo stesso ha fatto Cambridge, che sui propri strumenti di comunicazione ha vietato sponsorizzazioni e advertising di prodotti fossili insieme a droghe e pornografia. E poi Basingstoke: “Non saranno accettate inserzioni che potrebbero promuovere beni o servizi in contrasto con la strategia sui cambiamenti climatici e la qualità dell’aria, ad esempio la promozione dei combustibili fossili”.

Nel settembre 2023 è la volta del Consiglio del Somerset, con  una norma che sui cartelloni gestiti dal comune mette al bando i messaggi che promuovono combustibili fossili, veicoli alimentati a benzina, diesel o ibridi, voli, compagnie aeree, aeroporti. Anche, Edimburgo, nel maggio scorso, ha le legiferato contro le pubblicità che danneggiano il clima: “L’industria pubblicitaria ha un ruolo chiave da svolgere nella promozione di comportamenti a basse emissioni di carbonio”, sottolineava il Consiglio di Edimburgo: “Al contrario, la promozione di prodotti ad alto contenuto di carbonio è incompatibile con gli obiettivi di zero emissioni”.

Freddie Daley di Badvertising, campagna creata per fermare le pubblicità che alimentano la crisi climatica, commentava: “Rimuovere le pubblicità di prodotti inquinanti è un modo rapido, economico e popolare per ridurre le emissioni e contribuire alla decarbonizzazione della nostra economia.  Il Consiglio di Edimburgo ha compiuto un passo importante e ha dimostrato cosa è possibile fare quando all’ambizione si affianca l’azione”.

Qualche mese prima lo stesso aveva fatto Sheffield. “Questa è una politica coraggiosa e di buon senso che dà fermamente la priorità all’azione per il clima e alla salute e al benessere dei cittadini di Sheffield rispetto ai profitti finanziari delle aziende pubblicitarie e dei marchi globali- ha dichiarato Veronica Wignall, co-direttrice di Adfree Cities, rete di attivisti che nel Regno Unito si oppone alla pubblicità di prodotti e servizi ad alto impatto di carbonio -. Sheffield ha stabilito uno standard per altri consigli comunali in tutto il Regno Unito – speriamo di vedere molti altri seguirne l’esempio”.

È chiaro che una misura del genere potrebbe avere conseguenze negative sui bilanci pubblici, ma il rischio è stato valutato. Secondo il Comitato per le Finanze della cittadina, l’impatto finanziario potrebbe raggiungere le 21.000 sterline (circa 25.000 euro): un valore giudicato basso se paragonato ai costi sostenuti, ad esempio, dalle pressioni sul servizio sanitario nazionale.

“Logica conseguenza delle politiche di decarbonizzazione”. Stoccolma

Nel marzo di quest’anno anche la regione di Stoccolma ha adottato il proprio divieto, il primo in Svezia e in Scandinavia. A partire da gennaio 2026, infatti, i residenti della capitale e di altri comuni della regione più popolosa della Svezia non vedranno pubblicità di combustibili fossili e di “prodotti a energia fossile”, su tutto il sistema di trasporto pubblico (autobus, metropolitane, treni regionali e traghetti). La decisione, spiega l’amministrazione, è la logica conseguenza degli obiettivi di decarbonizzazione fissati della regione: “È quindi in linea con gli obiettivi di sostenibilità della contea (sic) limitare la pubblicità dei combustibili fossili e dei prodotti che contribuiscono al loro consumo”, scrive la regione nella sua decisione.

“Sebbene si tratti di un grande passo avanti, la decisione si è fermata ai soli ‘combustibili fossili e ai prodotti a base di combustibili fossili’ – così il think-tank New Weather Institute ha commentato la notizia -. È probabile che la pubblicità per i viaggi aerei che uccidono il clima sia ancora consentita. Si tratta quindi di un progresso, ma con ancora molto lavoro da fare”.

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Loi Climat et Résilience. La Francia

Vanno invece oltre i confini amministrativi di una singola città o provincia e ben oltre i singoli spazi gestiti dalla mani pubblica le misure adottate in un altro Paese europeo: la Francia. Dove una legge approvata nel 2021 vieta, dall’agosto 2022, pubblicità che promuovano combustibili fossili (il gas è bandito dal 2023). La “Loi Climat et Résilience“, ha messo al bando i prodotti energetici derivati dal petrolio, il gas naturale di origine fossile, le energie derivate dalla combustione del carbone e l’idrogeno non green.

Ci sono però delle eccezioni. Sono esclusi dal divieto i “prodotti misti o parzialmente decarbonizzati(biogas o carburanti), quelli che contengono cioè almeno il 50% di energia rinnovabile. E l’idrogeno blu, ottenuto cioè a partire da gas naturale con cattura della CO2. Le restrizioni, poi, non riguardano forme di sponsorizzazion e mecenatismo.

Eccezioni che hanno scatenato le reazioni degli ambientalisti. “Non possiamo chiedere agli individui di ridurre la loro impronta di carbonio mentre permettiamo agli industriali di dispiegare mezzi massicci per persuaderli a fare il contrario – ha detto Clément Sénéchal, responsabile delle campagne climatiche di Greenpeace Francia -. Non possiamo imporre una tassa sul carbonio alle famiglie e, allo stesso tempo, incoraggiare il consumo massiccio di beni e servizi climaticamente nocivi”.

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